[19/01/2009] Aria

Noaa, analisi definitiva: 2008 ottavo anno più caldo dal 1880, anno record il 2005

FIRENZE. Pubblicati dalla National oceanic and atmospheric administration (Noaa) i dati definitivi sul clima del 2008, che aggiornano e approfondiscono le valutazioni provvisorie, diffuse un mese fa, in cui si definiva l’anno appena trascorso come l’anno più fresco dal 2000, ma anche come il decimo nella classifica dei più caldi dal 1880.

L’aggiornamento più significativo riguarda proprio la ridefinizione di questa graduatoria, che adesso, dopo calcoli più approfonditi, vede la stagione passata come l’ottava più calda, per le temperature superficiali, dall’inizio dei rilevamenti considerati attendibili (1880). Secondo l’ente sottoposto al department of commerce degli Stati Uniti, l’anno più caldo dall’inizio delle misurazioni attendibili è stato il 2005, con una temperatura superficiale di 0,49° C superiore alla media 1901-2000, che è di 13,9° C. La graduatoria dei dieci anni più caldi vede in testa, appunto, il 2005, con una temperatura superiore di 0,61° C alla media climatologica, seguito da 1998 (+0,58°), 2002 e 2003 (+0,56°), 2006 e 2007 (+0,55°), 2004 (+0,53°), 2001 e 2008 (+0,49), 1997 (+0,46°).

Ricordiamo che, anche se i dati utilizzati sono gli stessi della Noaa (e cioè quelli provenienti dal Ncdc, il National climatic data center), la Nasa e il centro di ricerca climatica del Met office britannico ritengono che l’anno più caldo sia da considerarsi invece il 1998, seguito dal 2005 e dal 2003, mentre il 2008 debba essere classificato come il nono più caldo. Il motivo di questa divergenza è da ricercarsi nel range di errore ammesso nei rilevamenti, che è di 0,05° C: è quindi ovvio come la minima differenza nelle temperature medie riscontrata tra il 1998 e il 2005 (0,03°, come abbiamo visto) renda impossibile stabilire senza ombra di dubbio quale sia stato l’anno più caldo dall’inizio delle misurazioni attendibili.

E’ una differenza comunque minima, ma molto importante in termini mediatici: abbiamo infatti letto molto spesso, in questi giorni in cui le polemiche sul Global warming hanno avuto una forte risonanza sui media, molte vibranti arringhe negazioniste che si basavano proprio sul presunto primato rappresentato dal 1998: «se la temperatura record è stata raggiunta dieci anni fa» – è l’apparentemente solida argomentazione – «allora vuol dire che siamo in una fase di raffreddamento del pianeta».

Argomento, appunto, solido solo in apparenza, poichè anzitutto è evidente come variazioni annuali dell’ordine del centesimo di grado perdono di valore, davanti all’evidenza del trend di riscaldamento (dell’ordine di almeno sette decimi di grado, mediamente) che il pianeta sta inequivocabilmente subendo da oltre un secolo a questa parte. Dal punto di vista dell’analisi dei trend va decisamente ritenuta più significativa la valutazione della stessa Nasa per cui «i dieci anni più caldi sono tutti avvenuti nel periodo di dodici anni che va dal 1997 al 2008». E va anche ricordato che il 1998 ha visto un forte episodio di Niño, il ciclico riscaldamento delle acque del Pacifico centro-meridionale che ha influenza sull’intera macchina climatica planetaria, e che questo potrebbe, al netto del Global warming, essere il motivo principale del forte calore del 1998, al pari del fenomeno con effetti opposti (la Niña) che, avvenuto nella prima parte del 2008, potrebbe a detta di molti studiosi costituire il motivo del lieve raffreddamento avvenuto nell’anno passato rispetto alle scorse stagioni.

Al di là di queste considerazioni, e in attesa di cosa ci riserverà il futuro, vediamo più in dettaglio l’analisi pubblicata dalla Noaa: la temperatura superficiale media, come detto, è stata di 0,49° C superiore alla media. Questo dato aggiorna il trend di crescita dal 1880 ad un tasso di 0.05° C per decennio, mentre se ci riferiamo agli ultimi trenta anni il trend di crescita sale a 0,16° C per decennio. Separatamente, la temperatura delle terre emerse è stata nel 2008 superiore alla media di 0,81° C, mentre gli oceani hanno visto una temperatura superiore di 0,37° C alla media del ventesimo secolo.

Temperature a parte, sono evidenziati altri dati significativi riguardo alla stagione appena terminata. Anzitutto è ribadito il dato relativo alla banchisa artica: il ghiaccio marino dell’emisfero boreale, come sappiamo, ha raggiunto a settembre 2008 la seconda minima estensione annuale dal 1979, con una superficie di 4,67 milioni di kmq, inferiore alla media di 2,09 milioni di kmq. Riguardo alla copertura nevosa dell’emisfero nord, è citato il dato per cui a dicembre essa si è assestata lievemente sopra la media mensile, con un’estensione di 43,91 milioni di kmq, che è superiore alla media di 0,43 milioni di kmq. L’estensione della copertura nevosa nell’emisfero boreale, però, «è stata al di sotto della media per la gran parte del 2008».

Infine, altro dato interessante riguarda il numero di tornado negli Stati Uniti, che nel 2008 ha raggiunto il numero di 1690, rispetto ad una media di 1270: l’anno appena trascorso si piazza quindi, secondo la Noaa, al secondo posto in termini di numero totale di tornado dall’inizio delle misurazioni attendibili, che nel caso specifico iniziano nel 1953. Tra i peggiori di sempre (decimo in graduatoria) anche il triste dato delle morti causate da questi eventi, che nel 2008 sono state 125.

Ricordiamo che, anche se lo stesso quarto rapporto Ipcc chiarisce che «non ci sono prove sufficienti per determinare l’esistenza di trend in alcune variabili (..) come i fenomeni di piccola scala (tornado, grandine, tempeste di fulmini o di sabbia)», è comunque appurato come la crescita dell’energia interna del sistema terra-acqua-atmosfera (causata dall’aumento di temperatura media, indipendentemente da quanto esso sia attribuibile al mutato equilibrio tra i gas serra a causa delle emissioni umane dirette e indirette) induca reazioni più forti in direzione del ristabilimento dell’equilibrio. Ciò si esplica (anche) attraverso un generale aumento dell’intensità (e, anche se su questo aspetto sussistono maggiori dubbi, della frequenza) di quei fenomeni meteorici considerati «estremi», che possono naturalmente comprendere sia un temporale sulle coste tirreniche, sia un tornado o una grandinata nelle pianure del Nordamerica, sia un uragano caraibico: a questo ultimo proposito citiamo i dati del National hurricane center (Nhc, istituto interno alla Noaa stessa) riguardo alla stagione degli uragani atlantici 2008, che è stata definita in novembre come la «decima stagione in cui si è prodotta un’attività superiore alla media negli ultimi 14 anni», la quarta stagione dal 1944 in termini di numero di uragani, e «la prima in cui eventi superiori alla categoria 3 (scala Saffir-Simpson) si sono verificati in cinque mesi consecutivi».

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