[19/01/2009] Comunicati
LIVORNO. «Diffida della falsa conoscenza, è molto peggiore dell´ignoranza». Diceva George Bernard Shaw, che in fatto di aforismi e di letteratura ha cominciato assai prima del nostro Francesco Alberoni, «Unanimamente riconosciuto come eminente sociologo – si legge nel curriculum vitae pubblicato sul proprio sito internet - Francesco Alberoni è anche un autentico scrittore che ha prodotto un vero rinnovamento della saggistica italiana con il suo libro Innamoramento e amore, con la sua rubrica su Il Corriere della sera e con l´opera Sesso e amore».
Proprio nella sua rubrica Pubblico&Privato sul Corriere della sera di oggi, Alberoni titola “Il buon gusto da applicare alle energie rinnovabili” una sua riflessione dove la premessa è un apprezzamento per le promesse di Obama sulle fonti rinnovabili, "una rivoluzione – dice – in cui finiremo per inserirci anche noi rendendo l’Italia più autonoma sul piano energetico".
Benissimo, ma c’è un però: «Con quali effetti sul nostro paesaggio, sulle nostre città?». Il terribile dubbio, degno forse di Amleto, che alberga nella mente del sociologo glielo avrebbe inspirato una vista mostruosa: «Mi pongo questa domanda perché nella pianura che sta di fronte ai monti pisani hanno costruito dei generatori eolici alti come grattacieli che illuminano di rosso la notte. Fanno paura».
Questo si trova scritto in prima pagina del più diffuso quotidiano italiano: le pale eoliche «Fanno paura», «illuminano di rosso la notte», sono alte «come grattacieli».
Verrebbe da chiedersi a che cosa stesse pensando Alberoni mentre percorreva probabilmente la superstrada Firenze-Pisa-Livorno e si è imbattuto nelle “mostruose” 4 pale del parco eolico di Gello, costruite in una zona industriale, sopra una discarica, e praticamente sotto il Monte Serra (che lui chiama «monti pisani») il cui crinale è deturpato da una foresta di antenne e parabole che si elevano nel cielo visibili da mezza toscana. La notte illuminata di rosso poi, non può certo dipendere dalle lucine di posizione presenti all’estremità di ciascuna pala, come per legge viene fatto per tutte le costruzioni che si elevano oltre una certa altezza: magari ha confuso il fascio di luce proveniente da una vicina discoteca, oppure si tratta di semplice ignoranza. Perché se si pretende di elevare a esempio di cattiva estetica e di distruzione del paesaggio il parco eolico di Gello realizzato su una discarica, non esiste altra parola: ignoranza, come minimo. Sempre che non si tratti di malafede, perché se l’eolico non si può fare in un luogo come questo allora non lo si può fare da nessuna parte...
Alberoni non si ferma: «Anche le altre fonti energetiche rinnovabili, anche i semplici pannelli solari, non possono essere utilizzati come fossimo nel New Mexico. Non possiamo collocarle in modo sgraziato tra le guglie del duomo di Milano o sui tetti di città come Venezia, Firenze, Siena», dove infatti è vietato dalle sovrintendenze, nonostante l’abbondante e più o meno tollerata presenza di parabole e condizionatori in ogni centro storico.
La conclusione di Alberoni è un invito a «facoltà di architettura, centri di design, politecnici, istituti d’arte per studiare tecnologie più efficaci che meglio si armonizzino con i colori e la poesia delle nostre case e dei nostri paesaggi». E magari delle nostre discariche quindi!
Chissà cosa penserebbe allora dell’idea di cui si sta discutendo in Toscana, sponsorizzata da un inedito ticket verde-azzurro come quello formato da Fabio Roggiolani (consigliere dei Verdi in Regione) Alberto Magnolfi (capogruppo di Forza Italia in consiglio regionale) e addirittura Sandro Bondi (ministro della cultura) che hanno rilanciato la proposta avanzata dall’artista Jacopo Cascella di realizzare un parco eolico monumentale sulle Alpi Apuane, dove quindi si produrrebbe energia pulita e si farebbe cultura. Una proposta che tra l’altro ha invece paradossalmente ricevuto il biasimo da parte del mondo produttivo locale (per bocca dell’ex direttore di Assindustria Roberto Rabito Crescimanno), forse per preservare una montagna apuana devastata negli ultimi decenni da un modello economico che ha preteso sempre più cave, sempre più strade, autotreni e polveri, sempre più estrazioni, sempre più scarti che finivano nei fiumi e nei torrenti provocando anche disastrose alluvioni come quella del 2003.