[13/01/2009] Aria

Il clima farà crollare i raccolti

ROMA. L’ondata di calore che investì l’Europa nell’estate 2003 non provocò solo migliaia di vittime, ma fece diminuire anche i raccolti nei campi. In Francia per esempio, la temperatura media salì di circa 3,6 °C e la produzione di grano e frutta crollò del 25%. Qualcosa di analogo è successo nel 1972 in Russia e Ucraina, allora ancora insieme nell’Urss: un aumento della temperatura media compreso tra 2 e 4 gradi nei mesi di luglio e agosto provocò una diminuzione dei raccolti annuali di grano dell’intera Unione Sovietica del 13%. Il prezzo del cereale sui mercati mondiali aumentò di tre volte.

C’è dunque una stretta correlazione tra anomalie della temperatura, raccolta nei campi e prezzi agricoli. Tutto questo ha messo sull’avviso David Battisti, della University of Washington, a Seattle, e l’economista Rosamond Naylor della Stanford University di Palo Alto, in California, e ha indotto i due ricercatori americani a cercare di prevedere cosa succederà all’agricoltura in un regime di alta temperatura conseguente ai cambiamenti del clima.

Hanno così preso in esame 23 diversi modelli di previsione formulati dall’Ipcc (Intergovernmental panel on climate change) e hanno concluso (i risultati sono stati pubblicati venerdì scorso sulla rivista Science) che c’è il rischio concreto che i raccolti mondiali, da qui alla fine del secolo, possano diminuire di un valore compreso tra il 20% e il 40% rispetto ai livelli attuali.

Tra il 2080 e il 2100 in Francia, per esempio, la temperatura media estiva potrebbe essere stabilmente più alta di 3,7 °C rispetto alla media attuale. In pratica ogni estate sarà come quella del 2003. Di conseguenza i raccolti crolleranno, prevedibilmente, come nel 2003.

Più in generale, per ogni grado di aumento della temperatura è lecito attendersi una diminuzione del raccolto compreso tra il 2,5 e il 16%. La situazione più grave si presenterà ai tropici, dove i modelli di previsione dicono che le anomalie termiche si verificheranno con maggiore frequenza e radicalità. Proprio nelle regioni che da qui a fine secolo vedranno raddoppiare la popolazione, che passerà da 3 a 6 miliardi di persone, potrebbe verificarsi una riduzione delle rese di riso, mais e altri alimenti fondamentali del 40%.

Che fare? Battisti e Naylor propongono di investire in infrastrutture per adattarsi il meglio possibile alla nuova situazione. La proposta smonta in parte le critiche, secondo cui le previsioni non tengono conto delle politiche di adattamento che verranno messe a punto da qui a fine secolo. Tuttavia c’è una strada parallela da percorrere: intensificare gli sforzi per prevenire i cambiamenti del clima.

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