[09/01/2009] Energia

Dall´escherichia coli un nuovo carburante alternativo al petrolio?

LIVORNO. La ricerca di carburanti alternativi al petrolio sembra aver fatto un ulteriore passo avanti. Alcuni scienziati dell’Università di Los Angeles, sono infatti riusciti a creare un ceppo di Escherichia coli, un batterio che vive nell’intestino umano e che spesso è utilizzato in tecniche bioingegneristiche, per produrre un alcol simile all’etanolo, ma con una catena più ramificata e quindi in grado di legare cinque atomi di carbonio per molecola invece di due o tre, quali quelli conosciuti sino ad ora.

Il fatto di avere una catena con un più alto numero di molecole di carbonio rende la molecola capace di sviluppare una maggiore quantità di energia e quindi, in termini di resa, un carburante più efficiente. Gli scienziati californiani hanno pubblicato i risultati dei loro studi nella rivista scientifica Proceedings of the national academy of sciences (Pnas) e auspicano, di essere già in grado nel prossimo futuro di creare molecole di alcol in grado di contenere sino ad otto atomi di carbonio.

L’utilizzo di questo batterio, la cui presenza in quantità massicce nelle acque di mare è tristemente collegata ai divieti di balneazione estivi, non è una novità nel campo della biologia molecolare.

L’ampia conoscenza del suo genoma e le caratteristiche di facile riproducibilità in laboratorio hanno permesso di utilizzare spesso Escherichia coli per tentare di produrre ceppi modificati con caratteristiche utili alla produzione di enzimi, zuccheri e recentemente anche di carburanti naturali.

La ricerca di questi processi che consentono di produrre carburanti mediante l’utilizzo di batteri geneticamente modificati è particolarmente attiva in California, in particolare nella Silicon Valley, già all’avanguardia per la rivoluzione dell’informatica e dove hanno sede le principali aziende del settore. Da un po’ di tempo a questa parte nuove aziende stanno lavorando a questa nuova frontiera tecnologica, con risultati che stanno intensificandosi negli ultimi mesi e che partendo da scarti vegetali come materia prima e utilizzando batteri e lieviti, microrganismi semplici e che si nutrono essenzialmente di zuccheri, puntano ad ottenere carburanti sempre più efficienti.

La materia prima è rappresentata da scarti vegetali provenienti dall’agricoltura, non frumento o mais appositamente prodotti. Questi scarti contengono molta cellulosa che chimicamente è un polisaccaride, ovvero una sostanza ricca di carbonio, e che possono rappresentare il substrato ottimale per la riproduzione dei batteri. Riuscire a coltivare batteri che si nutrono di scarti verdi e producono benzina, potrebbe essere quindi un ottimo affare sia in termini ecologici sia anche in termini economici.

Se poi il carburante che si ottiene ha anche una notevole efficienza energetica, la questione diviene ancora più interessante, dato che può tradursi doppiamente in un fattore significativo per aiutare la riduzione del riscaldamento globale. Anche se sarebbe comunque un errore considerare che un biocombustibile, anche se “ecologicamente corretto” possa rappresentare una soluzione definitiva al problema delle emissioni di gas serra nell´atmosfera. Il taglio dei consumi energetici risulta, infatti, essere ancora l´unica soluzione veramente efficace nel lungo periodo.

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