[08/05/2006] Acqua

A confronto sull´applicazione della direttiva europea sulle acque

AREZZO. La Direttiva Europea 2000/60/CE istituisce un quadro di azione comunitaria per la protezione delle acque superficiali interne, delle acque costiere e sotterranee da attuarsi attraverso un approccio integrato. In via sintetica i principali obiettivi sono: evitare l’ulteriore degrado e migliorare lo stato degli ecosistemi acquatici e terrestri collegati ai corpi idrici; garantire la disponibilità futura e l’uso sostenibile dell’acqua; minimizzare l’inquinamento e l’emissione di inquinanti nell’ambiente; ridurre i rischi di inondazioni e di siccità. Con qualche anno di ritardo la direttiva è stata recepita dall’Italia con l’entrata in vigore del dlgs del 3 aprile 2006, n.152 (pubblicato in G. U. del 14/4/2006, n.88). Il provvedimento raccoglie in un testo unico (in attuazione della legge delega 308/2004) una serie di nuove norme in materia ambientale e manda in soffitta nel settore delle acque il precedente dlgs 152/1999, la L. 36/94 e la L.183/89. Cosa cambia con l’applicazione della direttiva acque? Quali le novità per il sistema di monitoraggio e controllo? Siamo preparati al cambiamento di “filosofia” introdotto dalla direttiva che si basa su un approccio ecosistemico? Queste sono alcune domande a cui si è cercato di dare risposta durante il workshop “Ambiti e modalità di applicazione della Direttiva quadro sulle acque 2000/60/CE (WFD)” organizzato dalla Provincia e da Arpat Dipartimento Provinciale di Arezzo «Visti i cambiamenti che il recepimento della Direttiva porterà e che di qui a poco dovranno essere messi in atto - ha dichiarato Angelo Maria Cardone, assessore alla difesa del suolo e risorse idriche della Provincia di Arezzo – ci sembrava il momento opportuno per organizzare un approfondimento sul tema».
Dei cambiamenti che riguarderanno il sistema del monitoraggio ha parlato in maniera approfondita Giuseppe Sansoni del Cisba (Centro italiano studi di biologia ambientale): «La direttiva porterà una vera rivoluzione del monitoraggio per arrivare alla nuova classificazione dei corsi d’acqua. Ancora non sono elencati in dettaglio i nuovi parametri da misurare, ma la direttiva fornisce chiare indicazioni ed implicitamente richiede anche una rivoluzione nella gestione dei fiumi». «Nella scelta degli indicatori - ha continuato Sansoni - è essenziale avere la consapevolezza che essi, in quanto strumenti creati da noi, non rispecchiano fedelmente la realtà, ma innanzitutto la nostra visione dei fiumi. Se, come indica la direttiva, concepiamo l’ambiente fluviale come l’insieme inscindibile, fisico e funzionale dell’alveo e della sua piana alluvionale, allora occorreranno indicatori che tengano conto di acqua, comunità acquatiche, fasce di vegetazione riparia, zone umide perifluviali e dell’importanza delle interazioni funzionali tra ambiente acquatico e terrestre. L’attuale monitoraggio in questo senso è assolutamente insufficiente».

Dopo aver evidenziato i limiti degli indicatori fino ad oggi utilizzati, dell’attuale sistema di monitoraggio e della classificazione per arrivare allo stato ambientale dei corsi d’acqua nonostante l’enorme salto culturale introdotto con la 152/99, quali sono allora i nuovi indicatori da considerare? «La nuova classificazione prevista dalla Direttiva – ha affermato Sansoni – prevede elementi chimico-fisici, biologici e idromorfologici, si misura non più la sola qualità dell’acqua ma soprattutto la struttura e il funzionamento degli ecosistemi acquatici secondo le tre direzioni spaziali (longitudinale, laterale e verticale) cercando di mantenere nel tempo le condizioni favorevoli. Allora sarà necessario trovare un set di indicatori idoneo. Ad esempio per la continuità longitudinale si possono monitorare le briglie, per quella laterale si potrebbe valutare la naturalità delle sponde e la presenza di zone umide perifluviali. Poi è necessario indagare i regimi idrologici, le dinamiche fluviali e per quanto riguarda le componenti biologiche aggiungere ai macroinvertebrati, indicatori sui popolamenti ittici, macrofite e fitobenthos. Un metodo di campo che soddisfa buona parte delle esigenze di caratterizzazione integrata è l’Indice di funzionalità fluviale». «La Direttiva – ha concluso Sansoni – rivoluziona i criteri di valutazione dello stato ecologico per il quale pone requisiti molto più stringenti di quelli attuali. Guardando l’attuale classificazione dei corsi d’acqua secondo i criteri della nuova direttiva, il quadro fornito è super ottimistico bisognerà attendersi un giudizio di peggioramento generale. Per raggiungere uno stato ecologico buono od elevato non sarà più sufficiente costruire depuratori ma sarà necessario procedere ad una rinaturalizzazione su larga scala che comporta una rivoluzione anche nella gestione dei corsi d’acqua rimuovendo ad esempio dove possibile (anche economicamente) gli ostacoli alle dinamiche fluviali come le difese spondali. La direttiva richiede il superamento delle pianificazioni monoobiettivo separate e spesso antagoniste e fa emergere la necessità di integrare la varie pianificazioni in un’ottica multiobiettivo che miri a conseguire contestualmente conservazione, sicurezza e sviluppo».

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