[31/12/2008] Parchi

Parchi al giro di boa del 2008

PISA. L’anno che si chiude non sarà rimpianto dalle istituzioni e neppure dai parchi. E quello nuovo purtroppo non si preannuncia sotto i migliori auspici.
Greenreport ha il merito di avere fornito di questo travaglio che continua notizie, informazioni, riflessioni che non potranno certo venire meno nel prossimo futuro. E non ne mancheranno davvero le occasioni. A fine gennaio, ad esempio, si terrà a Roma il congresso nazionale di Federparchi e lì il governo, il parlamento, le regioni, gli enti locali e con loro l’associazionismo non soltanto ambientalista dovranno assumersi senza se e senza ma le loro responsabilità dopo mesi di bislacche sortite, di silenzi sospetti e anche di preannunci ambigui e vaghi che alimentano solo confusione e incertezze.

Riducendo all’osso la questione e sgombrando il campo da troppe banalità dobbiamo decidere se per il nostro paese i parchi debbono restare oppure no un punto di riferimento privilegiato e qualificato per qualsiasi politica di tutela ambientale. Si tratta in sostanza di decidere se per il nostro sistema istituzionale alle prese con un contrastato ed anche incasinato progetto di riforma complessiva, i parchi e le aree protette devono continuare a giocare- con tutti i miglioramenti e le correzioni opportuni- un ruolo ‘specializzato’ e non di settore nel governo regionale e nazionale del territorio. Che significa paesaggio, biodiversità, tradizioni e cultura nel loro rapporto con le realtà economico-sociali locali.

Questo sono stati e dovranno essere e a questo devono servire i piani dei parchi nazionali, regionali e delle altre aree protette di cui sovente, invece, le stesse regioni più avanzate si dimenticano o si ricordano soltanto parzialmente. Anche noi in Toscana ne sappiamo qualcosa. Quando i parchi vengono equiparati alle aziende ed enti strumentali regionali come è già avvenuto più volte anche qui, non operiamo solo una scelta sbagliata e irrispettosa della legge regionale, ma ci priviamo in tutto o in parte e per di più in un momento estremamente difficile,di uno strumento prezioso e qualificato per dare alla programmazione regionale riferimenti e obiettivi meno vaghi.

Se di questo si tratta non dobbiamo solo impedire che i parchi e in particolare le aree protette marine siano penalizzati e paralizzati con finanziamenti da morti di fame. Le risorse, più risorse devono aiutare i parchi ad entrare in una rete nazionale; locale,regionale nazionale e con un rapporto costruttivo e partecipato alle politiche comunitarie dove generalmente brilliamo per la latitanza. Chi si affanna a reclamare l’urgenza di chissà quali modifiche alla legge non dovrebbe dimenticare alcune cose che purtroppo sono state spesso dimenticate anche da chi i parchi non li vuole fregare. Già la delega che ha consentito di smontare la legge 183 in parti decisive prevedeva che il nuovo codice ambientale si interessasse dei parchi.

Non si fece (per fortuna) e si disse che non era stata una dimenticanza ma una scelta dovuta al fatto che non si ritenne che la legge 394 avesse bisogno di modifiche. Ora che sul codice ambientale si deve rimettere le mani i riferimenti alla legge quadro sono scomparsi. Bene, perchè specie con le leggi delega le fregature come abbiamo visto anche con il nuovo codice dei beni culturali e il paesaggio sono più facili. Ma allora perché la legge andrebbe preliminarmente modificata per rilanciare il ruolo ‘nazionale’ dei parchi (le virgolette vogliono sottolineare che è questo quello che oggi soprattutto manca)?

E qui tornano a fare capolino le cose importantissime e da anni dimenticate da troppi parlamento e governo inclusi, anzi in testa alla lista. E’ dal 98, infatti, che il ministero non dispone di alcun strumento e sede per delineare, confrontare e decidere con regioni ed enti locali cosa fare per i parchi. La legge Bassanini prevedeva il ‘riordino’ della Consulta tecnica, del comitato stato regioni, del piano triennale etc. Siamo prossimi agli 11 anni e non è successo assolutamente niente. Il ministero si è accontentato di una gestione burocratica senza capo né coda quasi da far rimpiangere persino un vero ‘centralismo’, e il parlamento ha anch’esso ignorato questa gravissima inadempienza limitandosi a qualche intervento piuttosto marginale.

Non ci si può perciò sorprendere che una legge importante come la 426 -di pochi mesi successiva alla Bassanini- che fissava una serie importantissima di obbiettivi; Convenzione alpina, APE, coste, piccole isole e tutto da fare d’intesa con le regioni e non sentite come diceva la Bassanini, sia anch’essa rimasta al palo. Ecco da dove bisogna ripartire e non per togliere qualcosa allo stato ma per metterlo finalmente nelle condizioni di fare la sua parte di più e meglio di quanto avviene ora. Ma davvero lo stato può giocare la sua faccia affidando ad un capo gabinetto la ripartizione dei soldi per la aree protette marine come è avvenuto nel 2004 con tanto di voto parlamentare? O può esaurire il suo ‘comando’ controllando gli atti dei parchi nazionali come non fanno più da anni neppure le prefetture con gli enti locali. O decidendo loro chi deve fare il direttore di un parco, quando quelli regionali lo fanno da sé e bene da decenni?

Noi toscani abbiamo una opportunità in più per partecipare attivamente a questo confronto nazionale offertaci dalla nuova legge regionale sui parchi e le aree protette. Una opportunità anche per sintonizzare meglio le politiche regionali del governo del territorio evitando gli infortuni recenti che hanno visto togliere dopo decenni ai parchi il nulla osta paesaggistico.

* Renzo Moschini, responsabile nazionale dei parchi di Legautonomie.

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