[30/12/2008] Urbanistica

La Parigi Dakar emigra in Patagonia. Ma agli argentini non piace il colonialismo motoristico

LIVORNO. L´Africa e i suoi deserti infestati di ribelli e predoni sono diventati troppo pericolosi per gli eroi motorizzati e indifesi della Parigi-Dakar, così il rumoroso circo organizzato dalla francese Amaury Sport si trasferisce dall´altra parte dell´Atlantico, accolto a braccia aperte dalle autorità argentine e molto meno benevolmente dagli ambientalisti sudamericani.

Infatti l´ex Rally Parígi-Dakar si correrà dal 3 al 18 gennaio in territorio argentino e cileno, lungo circa 9.500 chilometri che attraversano 10 province dell´Argentina e tre regioni del Cile, percorrendo tratti dentro riserve, aree protette e monumenti naturali.

E se gli africani guardavano sfrecciare nel deserto i bolidi inarrivabili della tecnologia occidentale con smarrito stupore, le associazioni ambientaliste e sociali, intellettuali e politici argentini non sono altrettanto abbagliati dalla luccicante e polverosa carovana di camion, auto e moto e si oppongono al "Rally Dakar 2009"

Etienne Lavigne, direttore della Dakar 2009 se ne frega delle critiche degli ambientalisti e di chi, da un altro punto di vista, lo accusa di aver completamente snaturato il rally: «E´ un po´ più costoso rispetto all´Africa e senza dubbio differente – ha detto in un´intervista - Ma abbiamo l´appoggio dei governi argentino e cileno, possiamo contare sugli elicotteri dell´esercito e sugli aerei. E´ stato fatto un grande lavoro di preparazione e abbiamo i mezzi per fare la Dakar. E´ bello poter lavorare in questo modo. Lo tsunami finanziario e economico non ci ha colpiti perché si è verificato quando il rally era già stato organizzato. Gli sponsor non ci hanno abbandonati, ora vedremo cosa succederà il prossimo anno ma per il momento è tutto ok».

L´opposizione è molto forte in Patagonia e Andrés Dimitriu, dell´Universidad Nacional del Comahue, sottolinea a Tierramerica che il rally «Non serve per promuovere nulla e dal punto di vista ambientale è un disastro.. Saremo mera scenografia. Gli europei non accetterebbero mai una competizione così nel loro continente».

Gli ambientalisti dicono che «l´Argentina non è un deserto da conquistare» e che non ne vogliono sapere di una spedizione di sapore coloniale costituita da «530 squadre composte da 82 camion, 188 auto, 30 quadricicli e 230 moto su più di 9000 km che attraversano diversi siti protetti del nostro Paese». Ogni giorno dovranno essere spostate un minimo di 500 persone tra i punti di controllo. Si mobiliteranno 1500 gendarmes.

Numerosi gruppi professionali come l´Asociación Argentina de Arqueólogos Profesionales, legislatori della Patagonia, gruppi ecologisti come i nuclei di Renace e il senso comune, mettono in guardia sul fortissimo impatto che si produrrà.

Per esempio, il 5 gennaio la "Dakar" passerà nella zona di El Caín y parajes compresa nell´Área natural protegida Meseta de Somuncura. Il 6 gennaio la rombante carovana violerà l´Área natural protegida Valle Cretácico, una zona fragilissima e protetta integralmente per la sua biodiversità unica.

Eppure a questa incredibile Dakar sudamericana sono arrivate tutte le autorizzazioni, in violazione delle leggi di protezione ambientale che il governo argentino ha emanato.

Dimitriu sottolinea che «Il rally Parigi-Dakar e un business ed anche un capriccioso retaggio coloniale che utilizza il valore simbolico della Patagonia e di altre regioni, e porta un´enormità di conseguenze ambientali e sociali. Una volta in più, per il divertimento di qualcuno, si pregiudica l´ambiente ed i beni comuni di migliaia di persone».

Il giornale argentino "El Diario la Nación" scrive che «Un´avventura ha sempre un prezzo» ma non si riesce a capire perché il prezzo del fallimento africano dell´avventura della Parigi Dakar debbano pagarlo i parchi argentini.

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