[08/05/2006] Rifiuti

I costi del "non fare"

FIRENZE. Dopo la riduzione e il recupero di materia, recuperare energia dai rifiuti o trattarli a freddo per metterli in discarica? La discussione si protrae da anni anche nell´area metropolitana e nessuno calcola i costi del "non fare". Costi economici e costi ambientali. Perchè al di la della preferenza delle soluzioni, ha un costo economico e un costo ambientale anche il "non fare". Per cercare di capire davvero quali sono questi costi del non fare, sia in termini prettamente economici che in termini ambientali, abbiamo parlato con il direttore generale di Quadrifoglio Livio Giannotti.

«I macronumeri difficilmente corrispondono alla realtà – spiega Giannotti - comunque partiamo dal dire che nei comuni serviti da Quadrifoglio si producono circa 1000 tonnellate di urbani al giorno, che vuol dire che ogni 3 mesi potremmo riempirci uno stadio di calcio…».

Per quanto riguarda i rifiuti solidi urbani quindi, su 350mila tonnellate l’anno raccolte da Quadrifoglio, 110mila sono di raccolta differenziata, che viene avviata al recupero. «Delle restanti 240mila tonnellate – prosegue Livio Giannotti - circa la metà va a Case Passerini, un 1% viene incenerito sotto forma di cdr e il resto rivà in discarica. Ne portiamo Peccioli, a Casa Rota, ma anche a 360 chilometri, a 900 chilometri, a 500 chilometri… dove troviamo. Quindi visto che un camion porta circa 25 tonnellate di rifiuti, possiamo calcolare che mediamente Quadrifoglio impiega 40 camion al giorno per portare nelle diverse destinazioni i rifiuti che con un termovalorizzatore porterebbe a pochi chilometri». Se si parla di emissioni future non bisogna dimenticare le emissioni presenti, dunque.

Non avere e non fare termovalorizzatori ha quindi un costo altissimo secondo il direttore di Quadrifoglio, «perché il gestore del ciclo dei rifiuti subisce una vergognosa quantità di indennità ambientali: al comune sede della discarica, alla provincia sede della discarica, all’Ato sede della discarica… più il tributo speciale alla Regione di 25 euro. Tutto questo significa per noi di Quadrifoglio 6,5 milioni di euro ogni anno che ricadono sulla tariffa ai cittadini». Anche perché se si ipotizza la discarica autorizzata in un sistema chiuso regionale, bisognerebbe secondo Giannotti «imporre dei paletti a chi gestisce le discariche e non lasciarli liberi di prenderci per la gola: in Lombardia per esempio il prezzo del conferimento viene stabilito non dai gestori della discarica ma dalla Regione, questo oggi non avviene in Toscana e i costi per noi sono molto più alti».

Su una simile lunghezza d’ordine è anche il pensiero di Andrea Sbandati, direttore generale di Cispel confservizi toscana. «Quantificare i costi del "non fare" è difficilissimo – ammette Sbandati - però sappiamo che noi abbiamo in Toscana una efficiente e costosissima macchina di trattamento finalizzata al recupero dei materiali post raccolta differenziata. Questo è stato fatto nella prospettiva di portare la frazione termica a combustione, ma a che servono gli impianti di selezione e trattamento se poi siamo costretti a buttare tutto in discarica perché non ci sono i termovalorizzatori? E’ come aver costruito una bellissima rolls royce ma essersi dimenticati di metterci le ruote».

Andrea Sabandati ricorda poi le direttive europee: «Andare in discarica poi non solo è molto costoso – prosegue – ma è sempre più difficile: oggi per esempio non si può andare in discarica con i rifiuti biodegradabili e dal 2007 neppure con i rifiuti con potere calorifero superiore ad una certa soglia».

Per Andrea Sbandati quello prodotto dai comitati «è un clima di irresponsabilità civile e ambientale, perché non solo quindi la strategia della discarica è assurda per il consumo di territorio, ma anche per il fatto di chiamare in causa una tecnologia, quella del trattamento a freddo, che oggi non esiste e che se anche fosse perseguibile avrà bisogno di altri 10-20 anni di ricerca per essere utilizzata con profitto. E in ogni caso significa che in un trattamento a freddo entra della roba e ne esce dell’altra, producendo un effetto in discarica. Ci siamo già passati dal trucco degli impianti diversi, ma come spiego sempre ai miei figli: il rifiuto o diventa materia o diventa energia, non è che può sparire».

Andrea Sbarbati conclude con una considerazione finale: «Non capisco perché non si ritenga il comparto dei rifiuti come un combustibile alternativo interessante per la produzione di energia. Quella raccontata nei giorni scorsi dal ricercatore modenese Stefano Montanari, che ha accompagnato Beppe Grillo e che dice che un termovalorizzatore consuma più energia di quella che produce, è una grossissima balla: o è rimasto indietro ai termovalorizzatori di 30 anni fa, oppure c’è sotto qualcosa di poco chiaro. Perché se venisse attuato quanto previsto dalla Regione Toscana, e cioè la termovalorizzatore del 30% dei rifiuti prodotti, che mi sembra un’ipotesi alquanto ragionevole, si riuscirebbe a produrre quasi la stessa energia di una delle 3 centrali della toscana che bruciano gasolio e metano inquinando infinitamente di più».

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