[29/12/2008] Recensioni

La Recensione. Eco economy di Lester Brown

«Non vi è alcun dubbio che la più grande sfida che l’umanità si trova ad affrontare da subito è come riuscire a vivere su questo pianeta con un numero crescente di esseri umani in maniera dignitosa ed equa per tutti, senza distruggere irrimediabilmente i sistemi naturali da cui traiamo le risorse per vivere e senza oltrepassare la loro capacità di sopportare scarti e rifiuti dei nostri sistemi di produzione e di consumo. Questa sfida epocale non può essere elusa e deve divenire obiettivo prioritario delle agende politiche dei governi di tutto il mondo».

Con questo invito Gianfranco Bologna iniziava la sua prefazione al libro di Lester Brown Eco economy, che nell’aprile del 2002 provava a disegnare “una nuova economia per la terra” come recita il sottotitolo. Sei anni e mezzo dopo ci ritroviamo ancora a cercare di fare il primo passo verso questa nuova economia, non più autodistruttiva ma orientata alla sostenibilità e al rispetto per i limiti fisici del pianeta. «Quando le osservazioni non forniscono più supporto alla teoria – scrive Lester Brown – è giunto il momento di cambiare la teoria, ciò che lo storico della scienza Thomas Kuhn ha chiamato un cambiamento di paradigma. Se l’economia è un sottosistema dell’ecosistema terrestre, come questo libro vuole dimostrare, la sola formulazione di politica economica che avrà successo sarà quella che rispetterà i principi dell’ecologia».

Lester Brown nel 2002 sperava che si potesse guardare con fiducia al futuro, ma soprattutto si illudeva che gli economisti stessero diventando «più sensibili all’ecologia» e che cominciassero a rendersi conto che «vi è una dipendenza intrinseca fra economia ed ecosistema della terra: un sempre maggior numero di economisti è impegnato nella ricerca del modo per far sì che il mercato rispecchi la verità ecologica».

Non è andata così, solo il più classico dei cliché, ovvero la funzione pedagogica delle catastrofi, ha permesso oggi di vedere incrinata la cieca fiducia di molti economisti nel modello turbo liberista impostato sul dogma della crescita senza se e senza ma, e sul feticcio delle merci. Ma anche le catastrofi, dopo lo shock del momento, vengono anestetizzate nella mente umana con un moto spontaneo di ritorno al rassicurante momento precedente il caos: ed è qui l’errore, che molto spesso (per fortuna non sempre) ha portato la popolazione umana a non fare tesoro dell’accaduto.

Vedremo l’ennesima catastrofe - questa volta economica, che si va ad aggiungere a quella finanziaria e a quella climatica – quanto sarà in grado di incidere stavolta nel riorientamento della locomotiva mondiale. Semplicemente, ecco che cosa non si è capito e che si stenta a voler vedere oggi: «Le politiche economiche che hanno prodotto una tale crescita dell’economia mondiale sono le stesse che stanno distruggendo i sistemi che le sostengono. Queste politiche sono fallimentari secondo qualsiasi criterio di misurazione concepibile: una cattiva amministrazione – spiegava Lester Brown – sta distruggendo i quattro ecosistemi che ci forniscono gli alimenti – le foreste, i pascoli, la pesca, le colture – e tutte le materie prime ad eccezione dei minerali”. Perché di una cosa l’essere umano pare essersi dimenticato: nonostante molti di noi vivano in società urbanizzate e ad alta tecnologia, dipendiamo comunque come i nostri antenati dai sistemi naturali della terra». E’ il tanto bistrattato capitale naturale, che va assottigliandosi sempre di più finché sarà incapace di reggere sé stesso e gli uomini che ne dipendono.

Ma il nocciolo della questione, colto dall’autore, è la mancanza di contabilità ambientale, oggi come 6 anni fa. «possiamo costruire una eco-economia – ammoniva il fondatore del Wordwatch Institute – con le tecnologie esistenti e ciò è economicamente fattibile, ma solo a patto che riusciamo a far sì che il mercato ci dica il costo complessivo dei prodotti e dei servizi che acquistiamo». E questo non lo si fa senza un sistema di contabilità ambientale, introdotto dalla politica e sulla base della quale governare ed orientare l’economia mondiale.

Una volta l’ex vicepresidente della esso per la Norvegia e il mar del nord Oistein Dahle disse che il socialismo era caduto «perché non permetteva che i prezzi riflettessero la verità economica, il capitalismo potrebbe crollare perché non permette che i prezzi riflettano la verità ecologica». Il capitalismo probabilmente non crollerà, ma l’economia potrà sopravvivere e sostenersi in uno stato quanto meno stazionario se e solo se sarà in grado di mettere il treno su un binario diverso, quello della sostenibilità, creando per le generazioni future un’economia in grado di sostenerle, non di metterle a rischio.

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