[16/12/2008] Acqua

Legambiente: sono chiare le cause della moria di pesci nel Padule di Fucecchio

FIRENZE. Legambiente Toscana, attraverso la commissione acqua, torna a esprimersi sulla moria di pesci che nel mese di settembre si è verificata nei canali del Padule di Fucecchio (oltre una tonnellata di animali morti recuperati all’altezza di Cavallaia), dopo la relazione di Arpat (Dipartimento provinciale di Pisa). L’Agenzia per la protezione dell’ambiente ha confermato che “l’ipotesi più probabile della moria è da ricercare nell’abuso di prelievi di acqua che è stato documentato sia nei canali principali del Padule (Capannone, Terzo) che nel Canale Usciana (tratto dal Ponte di Massarella al Ponte di Burello)”. Questi prelievi hanno prodotto l’effetto di “interrompere lo scorrimento delle acque, creando zone di ristagno, con il corso d’acqua assimilabile a più zone stagnanti, senza ricambio idrico, dove qualsiasi scarico anche se depurato può determinare comunque un accumulo di inquinanti favorevole alla moria di pesci”. «Quindi- sottolinea Legambiente Toscana- la causa scatenante della moria è da attribuirsi agli emungimenti effettuati per rifornire alcuni chiari di caccia, e il dilavamento dei fossi causato dalle piogge di quei giorni è da considerarsi una eventuale concausa di importanza secondaria: le analisi effettuate da Arpat hanno infatti permesso di escludere la presenza di concentrazioni elevate di sostanze tossiche nelle acque. I controlli eseguiti su campioni di pesci da parte dell’Asl 11, attraverso i laboratori dell’Istituto Zooprofilattico di Pisa- ha continuato l’associazione ambientalista- hanno d’altra parte evidenziato come il decesso non sia da ricondurre neppure a cause di natura infettiva». Secondo Legambiente Toscana visto il rigore e la documentazione dell’analisi di Arpat vengono definitivamente smentite le tesi di coloro che nelle settimane successive alla moria avevano cercato di addebitare il disastro a cause diverse da quella, del quasi totale prosciugamento del Canale del Capannone e di un tratto dell’Usciana.

«Per quel che ci riguarda- dichiarano dall’associazione del cigno- non vogliamo alimentare ulteriori polemiche, e alle associazioni dei cacciatori e proprietari chiediamo soltanto di collaborare con le autorità competenti nella ricerca delle responsabilità da parte di quei singoli che con il proprio comportamento hanno causato un danno alla fauna ittica e all’ambiente palustre». Guardando al futuro, per evitare il ripetersi di simili episodi, secondo Legambiente sarebbe bene attenersi alle indicazioni che la stessa Arpat ha fornito in relazione: “deve essere evitato l’abuso degli emungimenti quando la portata scende al di sotto dei valori critici e lo scopo può essere raggiunto attraverso una maggiore sorveglianza che deve essere abbinata ad un controllo oggettivo della portata dei canali principali”. In sintesi devono essere predisposti strumenti di misura della portata per consentire di attingere acqua solo quando ne sussistano le condizioni. «Riteniamo quindi indispensabile- continua Legambiente- che le Amministrazioni provinciali di Pistoia e Firenze, competenti in materia, si incontrino al più presto per concordare nuove regole per gli attingimenti, che tengano conto della quantità e della qualità delle acque dei corpi idrici dai quali si vuole attingere: altrimenti, la prossima estate, ci ritroveremo ancora a parlare dell’ennesima grande moria di pesci» concludono da Legambiente Toscana.

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