[15/12/2008] Rifiuti

Carogne, sottoprodotti o rifiuti? Il chiarimento della Cassazione

LIVORNO. Le “carogne” sono rifiuti a meno che non siano sottoprodotti del processo di macellazione destinati al riutilizzo certo senza trasformazioni preliminari e senza pregiudizio per l’ambiente. In tale ultimo caso si tratterà propriamente più di scarti di macellazione - per cui non si applica la disciplina sui rifiuti - che di carogne vere e proprie anche perché il termine carogna allude a un corpo di un animale morto per cause diverse dalla macellazione. E a norma del Testo unico ambientale (Dlgs 152/06 così come modificato dal Dlgs 4/08) le carogne sono escluse dal campo di applicazione della disciplina dei rifiuti, ma solo in quanto regolate da altre disposizioni normative che assicurino la tutela ambientale e sanitaria. Ma poiché il regolamento comunitario 1774/2002 assicura solo una tutela sanitaria per le carogne e per sottoprodotti di origine animale, la materia delle carogne in quanto tali è sempre inclusa nella disciplina generale dei rifiuti che assicura anche la tutela ambientale.

Lo afferma la Corte di Cassazione con sentenza di questo mese che conferma la decisione del giudice in primo grado (traffico illecito di rifiuti) riferita al caso dei macelli pugliesi. Alcuni macelli della provincia di Bari e Lecce consegnavano i residui animali ovvero gli scarti della macellazione ad aziende per il relativo smaltimento. Invece, di arrivare allo smaltimento, i residui animali erano trasportati fino a un centro di stoccaggio dove venivano mescolati con pelli, zoccoli e corna, setole di suino e piume. Da qui venivano trasferiti ad altra società che li trasformava in farine animali o altri prodotti da mettere in commercio.

Secondo il regolamento comunitario per le norme sanitarie relative ai sottoprodotti di origine animale non destinati al consumo umano (direttamente valido e applicabile nel territorio italiano) per “sottoprodotti di origine animale” si deve intendere corpi interi o parti di animali o prodotti di origine animale non destinati al consumo umano che devono essere smaltiti mediante (incenerimento o discarica) in impianti riconosciuti dall’autorità sanitaria nazionale (riconoscimento che deve avvenire anche per tutti gli impianti di transito, immagazzinamento e trasformazione).

Solo nel regolamento si adotta il termine di sottoprodotti di origine animale abbandonando quella di rifiuto di origine animale. Ma secondo la giurisprudenza comunitaria e la legislazione nazionale (Dlgs 152/06) per sottoprodotti si devono intendere quei materiali risultanti dal processo produttivo che pur non costituendo l’oggetto dello stesso processo, scaturiscono continuamente dallo stesso ciclo produttivo e sono destinati al produttore a ulteriori impieghi o al consumo. Il produttore non intende disfarsi di esse, ma li commercializza a condizioni per lui economicamente favorevoli o li impiega in altri processi produttivi. Ma per evitare qualsiasi rischio per l’ambiente il riutilizzo deve essere certo, senza l’intervento di trasformazioni preliminari e senza pregiudizio per l’ambiente. In questo caso non si parla di rifiuti ossia di qualsiasi sostanza od oggetto che rientra in una delle categorie previste dalla stessa legge e “di cui il detentore si disfi o abbia deciso o abbia l’obbligo di disfarsi”.

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