[12/12/2008] Comunicati

La rivoluzione copernicana sul clima inizia da Poznan?

LIVORNO. Anche dopo che a Bruxelles era stato raggiunto l´agognato accordo sul pacchetto clima-energia dell´Ue, la Conferenza mondiale sul clima di Poznan si è chiusa in un´atmosfera surreale che ricorda quello dello stallo nel gioco degli scacchi. Partita patta? Forse, sta di fatto che le dichiarazioni che si rincorrono in questi minuti vantano tutte una straordinaria vittoria: l´Europa che si riscopre unita nella lotta ai cambiamentio climatici, l´Italia che s´inogroglisce delle correzioni strappate in extremis e così i Paesi dell´est.

In ogni caso si tratta una decisione che fa da apripista ad un accordo che tutti sanno essere necessario. A dare una spinta ci ha provato il segretario dell´Onu Ban Ki-moon che nella riunione ad alto livello dell´Unfccc ha chiesto ai rappresentati dei governi un´azione urgente per lottare contro il cambiamento climatico e ha incoraggiato Europa ed Usa a dare prova di leadership per adottare limiti significativi per le emissioni di gas serra. Nella terra che ha dato i natali a Copernico Ban ha invocato «una nuova rivoluzione copernicana, una rivoluzione del pensiero, una rivoluzione in azione».

Il segretario dell´Onu si è potuto felicitare solo dell´adozione di un piano di lavoro per il 2009, in vista della Conferenza finale di Copenaghen ed ha esortato i 10 mila partecipanti alla Conferenza di Poznan a «decidere subito e non nel 2012», quando terminerà il Protocollo di Kyoto. Ban Ki-moon si è rivolto direttamente all´Europa perché dal Consiglio in corso a Bruxelles esca fuori la riaffermazione di una leadership mondiale sul clima e al nuovo presidente Usa Barack Obama perché prenda la testa di un nuovo Green Deal: «Sui cambiamenti climatici non è possibile nessun ritorno indietro rispetto agli impegni presi sul carbonio. Occorre finirla con il boicottaggio, ad iniziare da chi ne ha la colpa. Per Ban è necessario un New Deal verde, sull´esempio di quanto fatto «da Paesi come la Danimarca e il Brasile che hanno saputo integrare l´ecologia alla loro industrializzazione ed alla loro crescita, così come dalle iniziative prese dalla Cina e dall´India. La lotta contro il cambiamento climatico e quella contro l´attuale crisi finanziaria hanno questo in comune: che richiedono un insieme di misure di rilancio massicce, e che entrambe devono andare verso progetti "verdi"».

La rivoluzione copernicana di Ban Ki-moon non nasconde un addolcimento di toni da parte dell´Onu che prende atto del clima della maratona dei negoziati di Poznan.

Il nocciolo duro, visto che la delegazione Usa è nel limbo in attesa di Obama, è rappresentato da Giappone, Canada ed Australia che recalcitrano sull´adozione di obiettivi a medio termine che prevedono riduzioni tra il 25 e il 40% delle emissioni entro il 2020 in rapporto a quelle del 1990. Dall´altra parte ci sono i Paesi in via di sviluppo, capitanati da un´attivissima Cina, che insistono perché gli obiettivi a medio termine siano assolutamente necessari per raggiungere gli obiettivi a lungo termine, impossibili a raggiungere nelle attuali circostanze.

Insomma il sospetto dei "poveri" è che i "ricchi" vogliono spostare tutto ad un futuro comodamente lontano ed indefinito mentre il global warming è al lavoro soprattutto nei Paesi del sud del mondo. Il capo delegazione della Cina, il ministro Xie Zhenhua, vice-direttore della Commissione nazionale per lo sviluppo e la riforma, ha detto che «E´ solo col rispetto dei principi dell´Unfccc e del Protocollo di Kyoto, con la loro applicazione totale, efficace e sostenuta che potremo vedere un risultato giusto ed efficace a Copenaghen. Tutti i tentativi di deviare, non rispettare o ridefinire l´Unfccc, o di negare il Protocollo di Kyoto, o di fondere il processo dell´Unfccc con quello del Protocollo di Kyoto, sarebbero nocivi e condurrebbero ad una Conferenza di Copenaghen sterile».

Xie ha chiesto ai Paesi sviluppati di «prendere l´iniziativa per la riduzione delle emissioni dei gas serra». I Paesi sviluppati devono così onorare i loro impegni, nel quadro dell´Unfccc e del Protocollo di Kyoto, per apportare assistenza finanziaria e tecnica ai Paesi in via di sviluppo.

Il Giappone preferisce alter strade: ha annunciato che destinerà 92,1 milioni di dollari ad un progetto del Programma Onu per lo sviluppo e ad altre agenzie per aiutare 22 Paesi africani ad adattarsi al cambiamento climatico in un continente che sta già sperimentando aumenti temperatura che arriveranno a 3 – 4 gradi di media nel corso del XXI secolo. Burkina Faso, Cameroun, Congo, Etiopia, Gabon, Ghana, Kenya, Lesotho, Malawi, Marocco, Mozambico, Namibia, Niger, Nigeria e Senegal ringraziano, ma probabilmente da Poznan si aspettavano qualcosa di più impegnativo.

Il segretario dell´Unfccc, Yvo de Boer ha detto che «la conferenza deve adottare un agenda di negoziati per l´anno prossimo, decidere un´intensificazione di questi colloqui e designare i presidenti dei due gruppi di lavoro con il mandato di redigere il testo da negoziare più avanti». I due working group sono quello sulla cooperazione a lungo termine e sul Protocollo di Kyoto, le due piattaforme maggiori della Convenzione quadro sui cambiamenti climatici dell´Onu. Secondo de Boer «I colloqui di Poznan hanno ugualmente registrato dei progressi in settori quali la riduzione delle emissioni di gas serra risultanti dalla deforestazione e si orientano verso l´adozione di misure più concrete in materia di adattamento, essendo uno degli obiettivi della conferenza quello di rendere il fondo di adattamento più operativo».

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