[28/11/2008] Comunicati

Pacchetto anticrisi, asimmettrie competitive e opposizioni smemorate

LIVORNO. Con il decreto dal titolo Misure urgenti a sostegno della famiglia, del lavoro, dell’occupazione e dell’impresa, il consiglio dei ministri ha varato oggi il pacchetto anticrisi. Ovvero tutte le misure possibili, dal bonus famiglie di 1000 euro, alla social card per i meno abbienti, alla possibilità di pagare l’Iva all’incasso della fattura per le imprese, al tetto sui mutui a tasso variabile per creare quell’atmosfera che, secondo il presidente del Consiglio Berlusconi, dovrebbe aiutare a mantenere gli stessi stili di vita di prima e gli stessi livelli di consumo e fare in modo che la paura non diventi il freno che non fa spendere, fa calare i consumi e quindi manda a rotoli l’economia.

Il premier proprio per fare in modo che il Natale degli italiani fosse anche quest’anno all’insegna del consumismo avrebbe voluto anche detassare le tredicesime, ma i soldi messi a disposizione dal controllore dei lacci della borsa, il ministro dell’Economia Giulio Tremonti, non glielo hanno permesso.

Un ottimismo difficile da ostentare quando gli ultimi dati della produzione industriale forniti dal Centro studi di Confindustria evidenziano un calo dell’1% rispetto ai dati di ottobre e di -5,3% sul dato di ottobre 2007. Che corrisponde alle misure di cassa integrazione e di fermo di molte aziende, già in corso e che si protrarrà nei prossimi mesi., alla faccia della detassazione degli straordinari!

Anticipate dalla stampa, le misure del pacchetto anticrisi hanno infatti già ricevuto critiche da parte di confindustria che avrebbe voluto che il governo sfruttasse l’apertura di Bruxelles sulla possibilità di sforare il vincolo del 3% sul deficit e il via libera ad intervenire fino all’1,5% del pil nazionale. Non bastano quindi i 4 miliardi e mezzo destinati ad aiuti alle famiglie e alle imprese «bisogna fare di più» ha ripetuto più volte il presidente degli industriali, Emma Marcegaglia.

Intendendo per di più, oltre a maggiori risorse economiche anche altre misure più consistenti, sempre però con l’obiettivo di rilanciare i consumi, ovvero ripetendo lo stesso schema e lo stesso modello che sta alla base della crisi economica finanziaria e che già aveva innescato una crisi ecologica planetaria senza precedenti.
Dimenticando, la Marcegaglia, chi teme il pericolo delle «asimmetrie competitive e l’alterazione dei mercati» che se si puntasse a misure per le imprese, che come lei stessa aveva indicato, fossero ad esempio volte ad aumentare l’efficienza, potrebbero mettere le nostre industrie in grado di competere e non di andare avanti a boccate d’ossigeno.

Anche da parte dell’opposizione che pure ha presentato (e già dimenticato?) un disegno di legge che si intitola “rottamare il petrolio” e che è un pacchetto di iniziative che indica la strada per uscire dalla recessione, trasformando la crisi economica e quella climatica in una opportunità di sviluppo per il nostro paese, con un’impronta finalmente sostenibile, non si è cercato di alzare un po’di più i toni per fare in modo che quella fosse la strada da intraprendere.

Perché come ha detto anche Pierluigi Bersani ministro dell’Economia del governo ombra alla conferenza nazionale sul Welfare del Pd, in corso in questi giorni «usciti da questa crisi il mondo continuerà ad essere globalizzato» e l’Italia non può permettersi di farsi trovare impreparata. Ma per garantire quel nuovo modello di Stato Sociale che secondo il ministro ombra delle Politiche sociali Enrico Letta non deve ridursi alle pensioni e alla sanità, ma agire anche in direzione «di politiche forti per rilanciare la buona occupazione e contrastare la precarietà del lavoro, di interventi per l’integrazione sociale, per la famiglia, per la casa» serve proprio la volontà di cambiare l’attuale modello economico. Peccato che anche all’opposizione se ne ricordino solo a giorni alterni.

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