[26/11/2008] Comunicati

II vecchio Fidel dà la linea alla nuova Alba antimperialista

LIVORNO. Oggi i capi di Stato dei Paesi aderenti all´Alternativa bolivariana para las Americas (Alba) si incontrano a Caracas per studiare le misure per lottare contro la crisi finanziaria mondiale. Alba è stata voluta nel 2004 da Fidel Castro come contrappeso all´iniziativa Usa della Zona americana di libero scambio. Bolivia, Nicaragua, Honduras, Venezuela, Cuba e Dominica, con l´Equador per ora come osservatore, cercano di creare un fino a poco tempo fa impensabile blocco antimperialista proprio nel giardino di casa Usa. E il presidente venezuelano Hugo Chavez ha convocato i giornalisti stranieri per sottolineare che «La necessità di misure per limitare le conseguenze della crisi finanziaria mondiale nei Paesi in via di sviluppo. I Paesi poveri sono vittime e presi in ostaggio dai Paesi ricchi, che sono all´origine delle perturbazioni economiche. La tormenta finanziaria mondiale, congiunta alle crisi alimentare ed energetica, potrebbe provocare delle sollevazioni popolari e delle rivoluzioni nei Paesi poveri».

Chavez ha detto che appoggia l´iniziativa del suo omologo dominicano che punta a convocare urgentemente l´assemblea generale dell´Onu per discutere della crisi finanziaria, e ha chiesto «l´apertura di un dialogo planetario tra nord e sud».

Ma a dare la linea dal suo ritiro cubano è un vecchio e malato, ma indomito, Fidel Castro: il sito internet di Alba pubblica in grande evidenza le "Riflessioni del compagno Fidel: il G-20, il G-21 e il G-192".

Il discusso caudillo cubano mostra di avere una lucida visione dei rapporti di forza mondiali e ci svela, dal suo punto di vista eccentrico e antimperialista che in occidente ci sembra superato ma che affascina ancora molti in America latina e altrove, alcuni "misteri" sui quali i media occidentali preferiscono sorvolare. Da sottolineare anche la critica nemmeno tanto velata di Castro al ruolo della Cina come nuova potenza capitalista che vive del sostegno del debito americano.

Ecco cosa scrive castro: «Come se non esistessero sufficienti motivi per discutere, la proliferazione di sigle motivata dalla crisi si moltiplica in tal modo, che nulla può trattenerla. La prima è stata quella del G-20, gruppo selezionato che a Washington ha preteso di rappresentare tutti; la seconda il gruppo ugualmente selezionato dell´Apec (Asia-pacific economic cooperation, ndr) che si è riunito a Lima, dove erano presenti il Paese più ricco, gli Stati Uniti, il numero uno, con un Pil procapite di 45 mila dollari all´anno, e quello che occupa intorno al numero 100, la Repubblica Popolare Cinese, con 2.483 dollari, il maggiore investitore in buoni del tesoro il quel Paese (gli Usa ndr).

Il G-92 è come il presidente Leonel Fernández, della Repubblica Dominicana, che non sta in nessuno dei due precedenti, ha chiamato questo gruppo alludendo ai membri delle Nazioni Unite in una Conferenza economica con la partecipazione di Joseph Stiglitz, Premio Nobel per questa scienza. George Soros, gran magnate di origine ungherese e cittadino nordamericano immensamente ricco, ascoltava in mezzo ad altre importanti personalità. E´ un compito da scacchisti sviscerare argomenti di così tanti e diversi interessi nazionali ed imprenditoriali dei gruppi G-20 e G-21.

La realtà è che se un Paese del Terzo mondo sottoscrive a volte un accordo di libero commercio con otto o dieci Paesi sviluppati o emergenti, tra i quali alcuni si caratterizzano per essere produttori tradizionali di merci abbondanti ed attraenti a basso costo o di prodotti industriali sofisticati, come i Stati Uniti, Canada, Giappone, Corea del Sud, eccetera, la nascente industria di un Paese in via di sviluppo dovrà competere con i sofisticati prodotti che vengono dall´industria dei più sviluppati o dalle mani laboriose dei propri soci, uno dei quali manovra a piacimento le finanze mondiali. Gli sarà dato solo il marchio di Paese produttore di materie prime in cambio della richiesta di grandi investimenti che saranno in ogni caso di proprietà straniera, con la piena garanzia contro le velleità nazionalizzatrici.

Non si creda mai più di poter tendere la mano sperando nel pietoso appoggio allo sviluppo, è un eterno debito da pagare con il sudore dei nostri figli. Non è proprio quello che sta accadendo proprio oggi? Per questo non ho vacillato nel solidarizzare con la posizione di Chávez, quando afferma che non è d´accordo con la ricetta di Lima. Ragioni supreme. Osserviamo lo sviluppo delle novità, esigendo i nostri diritti senza caricarci le loro colpe».

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