[07/11/2008] Comunicati

Proteggere l´ambiente per salvare la pace, dal Congo all´Afghanistan

LIVORNO. Il segretario dell´Onu, Ban Ki-moon è a Nairobi, in Kenia, per partecipare a una riunione dell´Unione africana sulla guerra nella Repubblica democratica del Congo (Rcc) alla quale partecipano anche il presidente del Rwanda Paul Kagamé, quello della Rdc Joseph Kabila e l´ex presidente nigeriano, Olusegun Obasanjo, indicato come mediatiore dall´Onu.

Ban Ki-moon si è detto «profondamente preoccupato per le violenze in corso». Il segretario dell´Onu ha sottolineato gli inquietanti sviluppi di una situazione già tragica: «I combattimenti che sono cominciati tra un gruppo composto dai Patriotes résistants du Congo (Pareco) ed i Mayi-Mayi da una parte e il Congrès national pour la défense du peuple (Cndp). Sono anche preoccupato per la notizia di un nuovo attacco del Cndp contro l´esercito regolare del Congo, le Fardc, nella zona di Nyanzale». Ban chiede «Una cessazione immediata delle ostilità e la ritirata delle forze verso le posizioni del 28 agosto», data dell´ennesimo accordo di cessate il fuoco violato.

Secondo la missione di pace Onu nelle Rdc (Monuc), i miliziani del Cndp di Laurent Nkunda, appoggiati e armati da Uganda e Rwuanda, hanno conquistato diversi villaggi di Nyanzale e Kikuku e continuano ad occupare territori sempre più vasti, in violazione del cessate il fuoco proclamato la scorsa settimana.

Il summit di Nairobi non nasce quindi sotto i migliori auspici: il giornale delle Rdc "Le Potentiel" parla di «fallimento prevedibile». e scrive: «Questo summit regionale rischia di essere un fiasco riguardo ai punti di vista della Rdc e del Rwanda. In effetti, il Congo accusa Kigali di sostenere i ribelli di Nkunda, cosa confermata dal segretario generale dell´Onu, mentre Kigali accusa Kinshasa di sostenere i ribelli ruandesi. In più, il presidente ruandese, Paul Kagame pensa che si si tratti di un problema interno del Congo e che non debba immischiarsi. Piuttosto, considera la comunità internazionale responsabile di questa situazione e che ha eluso le questioni di fondo. kinshasa rimprovera, dal canto suo, alla stessa comunità internazionale di doppiezza perchè evita si di condannare il Rwanda e sia di esercitare una pressione manifesta, appoggiata da sanzioni, contro Kigali. Peggio, questa riunione rischia di essere un diversivo per permettere ai nemici della Rdc di continuare ad applicare il loro piano macchiavellico.
Il percorso della geuerra dell´est del Congo è conosciuto da tutti: dall´Afdl ( Alliance des forces démocratiques pour la libération du Congo-Zaïre, ndr) al Cndp, passando per la Rcd (Rassemblement démocratique pour le Rwanda, ndr), è sempre lo stesso scenario. Oggi, si è praticamente tornati alla casella di partenza, con l´accordo di Lusaka; le stesse riunioni con gli stessi protagonisti per trattare la stessa questione per produrre gli stessi effetti: la balcanizzazione progressiva della Rdc.

Per una singolare coincidenza, ieri, mentre arrivava in Kenia, Ban Ki-moon ha reso noto un suo messaggio in occasione dell´International day for preventing the exploitation of the environment in war and armed conflict: «La protezione dell´ambiente - ha detto il segretario dell´Onu - è indispensabile per consolidare la pace, mentre i danni causati all´ambiente naturale nel corso dei conflitti compromettono la salute pubblica, i Livelli di sussistenza e la sicurezza. L´Onu vuole fare in modo che la protezione dell´ambiente sia uno degli assi dell´azione per la pace».

In effetti il protocollo I allegato alla Convenzione di Ginevra prevede l´obbligo di proteggere l´ambiente naturale, ma come dimostrano tutte le guerre, a partire dal VIetnam, passando per l´Iraq e finendo al Congo, «Questo obbligo non è sovente rispettato in tempo di guerra e di conflitto armato - lamenta lo stesso Ban - I pozzi sono inquinati, i raccolti incendiati, le foreste tagliate, i suoli avvelenati, gli animali uccisi, tutto ciò con l´obiettivo di ottenere un vantaggio militare. Quando le paludi del delta del Tigri e dell´Eufrate sono state prosciugate (in Iraq dal governo di Saddam Hussein) negli anni ´90, è accaduto all´interno di una volontà deliberata di distruggere l´ecosistema, per ragioni politiche e militari».

Dai Balcani all´Afghanistan, dal Libano al Sudan, nelle società che escono da guerre, i danni ambientali rischiano di impedire una vera pace ed un nuovo e fragile sviluppo.

Nell´Afghanistan presidiato dalla Nato, la guerra e la disintegrazione delle istituzioni stanno facendo danni ambientali e sociali immensi: decine di migliaia di persone fuggono dalle zone rurali dove l´ambiente è devastato dalla guerra per raggiungere città senza speranza dove trovare un lavoro e del cibo. «Non ci sarà una pace duratura in Afghanistan - spiega Ban Ki-moon - se le risorse naturali, dalle quali dipendono la popolazione e gli ecosistemi, vengono distrutte. L´ambiente e le risorse naturali sono determinanti per il consolidamento della pace nei paesi devastati dalla guerra e nei Paesi che hanno conosciuto un conflitto. E´ per questo che diversi Paesi della regione dei Grandi Laghi d´Africa hanno instaurato dei meccanismi di cooperazione transfrontaliera per gestire le risorse naturali che condividono. Perché nel Darfur si possa installare una pace duratura, occorre soprattutto che la questione delle ripartizione dell´acqua e delle terre fertili venga regolamentata».

Per Ban «Proteggere l´ambiente può aiutare i Paesi a creare opportunità di lavoro, a promuovere lo sviluppo e ad evitare di ripiombare in un conflitto armato. Dobbiamo rinnovare il nostro impegno per la prevenzione dello sfruttamento dell´ambiente in tempi di conflitto e per tutelare l´ambiente come un pilastro del nostro lavoro per la pace». Speriamo che Ban Ki-moon, Joseph Kabila e Paul Kagamé se ne ricordino anche oggi a Nairobi.

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