[05/11/2008] Comunicati

Il quarto rapporto Ipcc, questo sconosciuto (4)

FIRENZE. Analizzate nelle scorse settimane le problematiche legate alla dimostrazione dell’esistenza del surriscaldamento climatico, e a quegli effetti che esso sta causando sui sistemi fisici e biologici che ne costituiscono anche le prove tangibili, passiamo ora al secondo capitolo del quarto rapporto Ipcc, e concentriamoci sulle cause che hanno portato la temperatura media globale a crescere di 0,56-0,92 gradi Celsius durante i cento anni intercorsi tra il 1906 e il 2005.

Il problema fondamentale è, naturalmente, quanto attribuire con precisione questo riscaldamento a fenomeni naturali, e quanto invece sia influente il contributo (il forcing radiativo, in termini tecnici) legato alle emissioni umane dirette e indirette. Occorre cioè capire quanto questo aumento di temperatura sia legato al normale effetto serra e quanto invece esso sia da considerarsi, appunto, un “sur-riscaldamento”.

Per iniziare, cerchiamo di capire quante emissioni, e di che tipo, sono introdotte nel sistema atmosferico e negli oceani in conseguenza dell’impatto che la nostra specie ha sul pianeta: l’anidride carbonica (CO2), si legge, è «il più importante gas serra antropico. Le sue emissioni sono cresciute tra il 1970 e il 2004 di circa l’80%, da 21 a 38 giga-tonnellate, e hanno rappresentato il 77% delle emissioni globali nel solo anno 2004. (..) La più grande crescita nelle emissioni di gas serra tra il 1970 e il 2004 è derivata da forniture energetiche, trasporti e industrie, mentre le costruzioni residenziali e commerciali, il settore forestale (compresa la deforestazione) e agricolo hanno visto crescere le emissioni ad un tasso minore». Ciò si può anche vedere nell’immagine, dove sono poi elencati i principali tipi di gas serra (CO2, metano, N2O e altri) e il contributo che essi danno al surriscaldamento confrontato col contributo fornito dai vari tipi di emissione di CO2: emissioni dirette da combustione di materiali fossili, emissioni indirette da deforestazione e conseguenze associate (es. aumento della velocità dei processi di decomposizione dei residui vegetali), e altri. I dati di questo secondo grafico sono riferiti all’anno 2004.

Nell’immagine allegata è anche interessante notare la “torta” del contributo fornito al surriscaldamento (pure in questo caso nell’anno 2004 che è preso come riferimento) dalle varie attività umane, che riprende i dati presentati poco sopra: il contributo principale (25,9%) è dato dalle forniture energetiche, seguono industria (19,4%), settore forestale (17,4%), agricolo (14,5%), i trasporti (13,1%), l’edilizia con il 7,9% e infine il trattamento dei rifiuti e delle acque reflue, che incide per il 2,8%.

In conseguenza di questi dati si nota come il problema non sia legato solo alle forniture energetiche propriamente intese: il problema è che la nostra società, la cui economia e il cui sistema energetico sono basati sull’utilizzo di combustibili fossili, introduce (direttamente o indirettamente) gas climalteranti nell’atmosfera ad ogni passo che noi facciamo, con ogni movimento che noi compiamo, con ogni casa che costruiamo. E la questione fondamentale, va ripetuto prima di passare nei prossimi giorni ad analisi più dettagliate, sta nel fatto che le conseguenze delle emissioni causate dai paesi e dalle comunità più ingorde vengono poi pagate da tutti gli abitanti del pianeta: nel 2004, si legge, i paesi industrializzati «contenevano il 20% della popolazione, producevano il 57% del Pil mondiale e influivano per il 46% sulle emissioni globali di gas serra».

(4- continua)

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