[04/11/2008] Comunicati

Global witness: nelle vene della guerra del Congo scorre l´economia canaglia

LIVORNO. Nella confusa "guerra dell´est" Congo non si capisce chi siano i buoni e i cattivi, nessuno ci dice chi sia il Saddanm Hussein o il Mullah Omar di turno, anche perché forse non è in Congo. A spiegarlo ci prova Global Witness che si fa e ci fa qualce domanda: «Chi è nel giusto? Perchè si è tardato, dopo tanti anni di conflitti armati, a neutralizzare tutti i movimanti ribelli che operano allegramente nell´est della Rdc? Cosa lega tutti questi gruppi armati? Hanno una base "secolare"?

Il direttore di Global witness, Patrick Alley non ha dubbi: «Il saccheggio delle risorse resta il motore del conflitto dell´est del Congo. L´attenzione internazionale di alto livello intorno ai recenti avvenimenti è benvenuta. Ma le iniziative diplomatiche a corto raggio non genereranno una pace durevole se non di impegneranno a risolvere le cause sotterranee del conflitto. I vantaggi economici associati alla guerra in questa regione restano uno dei motivi chiavi per le parti belligeranti».

Il nord e sud Kivu sono province ricche di minerali: stagno, oro e coltan, sono questo il vero sangue che scorre nelle vene della guerra dal 1998.

Ribelli, bande di predoni armate ed esercito regolare della Rdc commerciano tutti questi minerali in maniera illegale e nella più totale impunità, anzi sono loro a fare la legge, imponendo tasse alla popolazione civile ed estorcendo denaro alle imprese minerarie o facendo pagare gabelle ai blocchi stradali o alle frontiere per far passare carichi di minerali abusivi.

A luglio, Global Witness aveva denunciato l´accordo tra gruppi armati "ribelli" ed esercito regolari per commerciare cassiterite ed oro del Kivu. ed il 10 settembre scorso aveva segnalato che «Il controllo delle miniere, esercitato dai belligeranti, minaccia gli sforzi di pace nell´Est del Congo».

Patrick Alley non nasconde la sua rabbia: «Fino a che ci saranno dei acquirenti pronti a partecipare a questo commercio, direttamente o indirettamente, con dei gruppi responsabili di gravi attacchi ai diritti umani, questi gruppi non avranno alcuna ragione per deporre le armi».

In Repubblica democratica del Congo è pienamente al lavoro l´economia canaglia spiegata bene da Loretta Napoleoni, e produce centinaia di migliaia di profughi, fame, sofferenze inumane e malattie, ma anche guadagni colossali, soprattutto in occidente.

Per questo Global Witness condanna la falsa ingenuità della comunità internazionale in tutte le sue iniziative nella Rdc, non a caso infruttuose: « La situazione nell´est della Rdc illustra bene il fatto che non si siano affrontati, a scala internazionale, i legami tra il conflitto armato ed il commercio mondiale delle risorse naturali»,

Global Witness ricorda il ruolo che giocano diamanti, legname e cacao in altri conflitti africani e nel sud-est asiatico, «Ma la comunità internazionale non arriva mai ad accordarsi su quel che costituisce una fonte del conflitto. Organizzazioni come l´Onu non dispongono né di mezzi adeguati, né della determinazione sufficiente per poter mettere fine al legame tra risorse e conflitti Global Witness auspica l´elaborazione da parte del segretario generale della Nazioni Unite di un rapporto sulle risorse naturali e i conflitti, un passo che costituirà una prima tappa verso la realizzazione di una strategia internazionale più energica».

Per Patrick Alley «Le agende economiche sono alla base delle guerre fin dalla notte dei tempi. La novità risiede nel modo in cui i gruppi armati arrivano ad immischiarsi nel mercato mondiale delle risorse "saccheggiabili", incoraggiate sia dal mondo occidentale che orientale. La situazione in Rdc è un avvertimento per i decisori internazionali che eludono questa questione o la trattano maldestramente da oltre un decennio: agite subito perché dal conflitto armato non ci guadagni più nessuno».

Dopo che il coinvolgimento delle potenze occidentali nella mattanza congolese è diventato evidente, la imbarazzata comunità internazionale ha cercato di far sbrogliare la sanguinosa matassa alle potenze sub-regionali, prima fra tutte l´Angola che nella "terza guerra mondiale africana" porta pesanti responsabilità, ma che la Francia chiama a fare da paciere, ma anche l´Unione africana vuole giocare finalmente un qualche ruolo consapevole che la crisi congolese «non è che un aspetto di una crisi lancinante», ma anche una porta aperta per Paesi come l´Angola, l´Uganda e il Rwuanda che cercano di imporre la loro egemonia nell´Africa centrare o di ritagliarsi spazi economici e potere nella possibile balcanizzazione della immensa Repubblica democratica del Congo. Sogni di potenza che sono già l´incubo concreto per milioni di disgraziati senza più terra e speranza, ma che potrebbero infiammare le foreste africane ancora per molti anni, bruciando vite umane, distruggendo l´ambiente e esportando risorse a poco prezzo per sostenere il nostro benessere e la crescita.

Torna all'archivio