[04/11/2008] Acqua

Che tempo che... farà: Pd alla prova dei problemi e delle opportunità della gestione dei servizi idrici

FIRENZE. L’alluvione di Firenze del 4 novembre 1966, gli allagamenti che sconvolsero tutta la Toscana nella stessa data di 42 anni fa, fino all’inondazione di alcuni paesi delle Apuane del giugno 1996: eventi causati da quantità inusuali di pioggia (210 mm su tutta la Toscana nel 1966, 474 mm nel 1996 sulle Apuane), da concentrazioni abnormi delle precipitazioni nel tempo, ma anche dell’insensato uso del suolo e della cattiva gestione dei bacini idrici.

Oggi, gli stessi problemi si ripropongono ampliati, sia pure in un contesto normativo ed operativo ben più evoluto (almeno in parte) rispetto al passato: il surriscaldamento climatico sta notoriamente influendo, più che sulla quantità di precipitazioni, sull’intensità di quei fenomeni che definiamo “estremi”: e dall’incremento della potenza degli uragani caraibici all’aumento delle “bombe d’acqua” sul territorio toscano il passo è breve. Ma è sull’uso del suolo e sulla sistemazione dei bacini idrici che occorre adesso puntare la bussola, in modo da ottenere il duplice risultato di una messa in sicurezza del territorio, e di creare nuove nicchie occupazionali, puntando l’attenzione sulla prevenzione (e non sulla riparazione a posteriori come è solitamente avvenuto finora) dei danni causati da eventi estremi.

E’ stato questo il tema centrale del convegno “Che tempo che... farà”, promosso oggi a Firenze dal gruppo del Pd in consiglio regionale. Il problema politico di fondo sta nel fatto che le risorse per la gestione dei bacini idrici sono insufficienti, e soprattutto che quei finanziamenti che in passato erano state promessi non sono mai giunti ai destinatari: secondo Erasmo d’Angelis, presidente della commissione Ambiente e territorio, la priorità è concludere i lavori per la messa in sicurezza del bacino dell’Arno, area che «produce il 35% del Pil Toscano e il 2% di quello nazionale». Su 1500 milioni che dovevano affluire in dieci anni in Toscana, solo 150 sono stati effettivamente elargiti, come dimostra il caso del piano stralcio 2005, dei cui 250 milioni di euro sono stati corrisposti solo 63.

L’intervista che il ministro dell’Ambiente Stefania Prestigiacomo ha rilasciato a “La Nazione” di oggi, in cui il ministro assegna le colpe della deficitaria situazione attuale dei finanziamenti per il bacino dell’Arno all’amministrazione Pecoraro Scanio, e promette di sbloccare i fondi per la messa in sicurezza del bacino, lascia perplessi i dirigenti del Pd Toscano: D’Angelis sostiene la necessità di invitare il ministro ad un confronto in Consiglio regionale, in modo da «aumentare il margine di sicurezza in tempi storici», e non geologici.

Opinione condivisa anche dal responsabile ambiente del Pd Toscano, Tommaso Franci, che ha puntato l’indice sulla necessità di evolvere la concezione emergenziale – finora predominante – della difesa del suolo verso una impostazione preventiva, che possa essere anche di contributo ad un rilancio della difesa da possibili eventi sismici.

«Siamo consapevoli dei rischi che ancora incombono - ha invece risposto il sindaco di Pisa Marco Filippeschi - Allora non servono spot d´occasione. Servono impegni seri per interventi concreti. La ministra Prestigiacomo convochi Regione e sindaci interessati e presenti un piano. Solo così si può dimostrare consapevolezza e buona volontà. C´è la legge finanziaria, lì si può incidere. Invece per ora risultano solo tagli alla sicurezza idraulica e ambientale. Vogliamo che siano smentiti con i fatti».

Obiettivo, quello di migliorare la sicurezza dei bacini idrici, condiviso anche dal presidente di Legambiente Toscana Piero Baronti («situazione deprimente» a causa dei tagli imposti alla gestione della risorsa idrica dai governi delle ultime legislature, sia di centro-destra che di centro-sinistra, e del risibile «2% che la finanziaria dedica ai fondi per il dissesto idrogeologico»). Ma è stato l’intervento di chiusura del convegno di Vittorio Bugli, presidente della commissione regionale attività produttive e dell’Associazione per l’Arno, a indicare le prospettive politiche più immediate, nell’approssimarsi della conferenza programmatica del Pd Toscano che si terrà venerdì e sabato prossimi a Prato.

Secondo Bugli, la sistemazione del territorio e la gestione dei bacini idrici possono (devono) costituire caposaldo dell’idea di modernizzazione della Toscana che sarà portata avanti dal giovane partito democratico. E deve essere il “pubblico” a spianare la strada, portando avanti i finanziamenti e fornendo anche un modello di riferimento culturale ed economico che non si limiti alla gestione della risorsa idrica e all’uso del suolo: la proposta che sarà avanzata sabato è di «portare entro il 2014 alla produzione da rinnovabili del 50% del fabbisogno energetico del settore pubblico toscano, superando e anticipando gli obiettivi del Pier regionale e della stessa Unione europea.

Quindi, per quanto concerne la gestione della risorsa idrica e la messa in sicurezza del territorio, le parole d’ordine del Pd toscano dovranno essere due: una nuova concezione del governo del territorio, finalizzata alla prevenzione delle emergenze e non più all’intervento a posteriori, e soprattutto l’inserimento di questi temi al centro del dibattito sulla crescita, e non più la loro considerazione alla stregua di “vincoli”, “spese” o comunque fastidi da affrontare con sufficienza, come con sufficienza si affrontano i cosiddetti temi “ecologici“ separandoli e ponendoli in conflitto con quelli “economici”: come ha anche affermato D’Angelis durante il convegno, «mai come oggi ecologia significa economia». Soprattutto in una regione come la Toscana, particolarmente esposta - per motivi idrogeologici, turistici, territoriali – alle drammatiche conseguenze umane, ambientali ed economiche che potrebbero essere associate ad una intensificazione delle conseguenze del surriscaldamento climatico.

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