[28/10/2008] Energia

Il green new deal, la ´combustione´ e la fine delle illusioni

FIRENZE. Se esistessero altre forme di vita nell’universo, è stato ipotizzato da vari scienziati, esse probabilmente condividerebbero con la vita terrestre alcune caratteristiche fondamentali. In particolare, molti hanno ipotizzato che una vita aliena dovrebbe basare le sue catene molecolari sullo stesso carbonio che costituisce le nostre, o perlomeno su elementi simili al carbonio. Per esempio, il silicio è nella lista dei potenziali indiziati, in quanto esso condivide con il carbonio una caratteristica distintiva: e cioè la tetravalenza, la capacità di legarsi a quattro molecole – o atomi – di altra natura. Carattere che conferisce al carbonio – e in misura minore al silicio – quella grande elasticità che ha causato il suo essere stato “scelto” dall’evoluzione come scheletro molecolare degli organismi viventi. Quindi, se esistessero forme di vita aliene, è possibile che esse avrebbero una loro struttura “organica” basata sul silicio, peraltro più diffuso del carbonio nell’universo.

Ora, torniamo sulla terra: come noto, la combustione dei materiali organici altro non fa che rilasciare nell’atmosfera il carbonio “stoccato” sotto terra in conseguenza di fotosintesi avvenute milioni di anni fa (per il petrolio e il metano) o fuori terra tramite fotosintesi più recenti, come nel caso delle biomasse forestali.

E’ stato detto da più parti che molta della diffidenza che circonda le energie rinnovabili (in particolare l’eolico e il solare fotovoltaico e termico) deriva dal fatto che non vi è una combustione percepibile, più che da un’effettiva sfiducia nei confronti dello sviluppo delle rinnovabili stesse in direzione di un migliore rendimento. Si tratta in realtà di un blocco ideologico, una forma di autismo del sistema economico e industriale che – nato insieme al motore a vapore prima e a quello a scoppio poi – sembra non riuscire a liberarsi di una concezione che prevede la produzione di energia come qualcosa di necessariamente sporco, fumoso, inquinante: vuoi energia? Devi rimetterci qualcosa, darling. Un po’ del tuo cielo, un po’ della tua salute, ma qualcosa devi rimetterci, e non poco, altrimenti niente energia e tutti al buio e al freddo, esposti alle intemperie e al rischio di essere predati dalle fiere.

Ora, questa è a tutti gli effetti una drammatica illusione. L’energia solare (in cui, sia pure davanti ai nuovi materiali in via di sperimentazione, è il silicio e non il carbonio a costituire vettore di energia) e quella eolica in realtà sono anch’esse derivate da una combustione: solo che essa non avviene “a valle”, cioè sul pianeta terra, ma “a monte” e cioè direttamente nel sole. La combustione che avviene nel sole causa irradiazione sulla terra (sfruttabile tramite i pannelli e il solare termico e termodinamico) e causa anche l’esistenza del vento (e quindi l’energia eolica).

E allora, che cosa ci impedisce di percepire le due principali energie rinnovabili come potenzialmente più utili rispetto alla combustione del carbonio? Proprio quell’autismo insito nel sistema produttivo, o forse quell’ideologia positivista che, più che accettare l’inquinamento e i danni alla salute associati alla combustione “a valle”, li venera come divinità e motori dell’industrializzazione stessa. Siamo come illusionisti che – ha già scritto in passato Umberto Mazzantini – mettono le mani della scienza nel cilindro e ne tirano fuori il coniglio più sporco, tra gli entusiasti battimani della folla, affascinata e inebriata dal carisma del ciarlatano travestito da mago.

Questo fuoco che arde nello spazio ci riscalda da milioni di anni, ed è il vero motore immobile della vita sulla terra. Ed è solo questa ottusa ideologia che accompagna il sistema produttivo che impedisce di guardare ad esso direttamente, cioè attingere alla sua energia senza il filtro offuscato del fissaggio dell’energia solare nei legami molecolari, che poi sfruttiamo per la combustione. Il sole dà energia, le piante lo fissano, gli animali mangiano le piante, poi muoiono e diventano petrolio e metano.

E, come sappiamo, ad ogni passaggio avviene uno spreco, una dissipazione di energia. E noi cosa facciamo? Risaliamo verso monte, cercando di attingere direttamente alla fonte per evitare gli sprechi? No, aspettiamo a valle, seduti sulla riva del fiume, che passino i cadaveri delle piante e degli animali fossilizzati, forse senza nemmeno immaginare tutta l’energia che è stata dissipata in precedenza. Energia che, se nelle prime fasi ha caratteristiche di minore dannosità (cioè è più pulita, meno inquinante e/o climalterante), successivamente diventa più nera, più scura, più dannosa e inquinante. Con più carbonio rilasciato, con più zolfo emesso rispetto ad un utilizzo fatto più “a monte”.

Cosa fare, quindi? Semplicemente, risalire più a monte, avvicinarsi alla sorgente. E quindi uscire da questa perversa, dannosa ideologia dell’energia che se è pulita allora è percepita come una specie di miracolo a-scientifico. Il “Green new deal” recentemente lanciato dall’Unep, di cui vi abbiamo dato notizia la scorsa settimana, prevede essenzialmente questo: orientare l’utilizzo delle risorse (e quindi soprattutto l’allocazione delle facilitazioni fiscali) in modo da permettere al sistema produttivo di risalire a monte, dove l’acqua è più fresca e più blu, dove l’energia cioè è più intensa e più pulita.

E il lavoro maggiore da fare, prima che nel sistema produttivo, è nella mente degli uomini e delle donne che brulicano sul pianeta: l’illusione produttivista, l’illusione capitalistico-finanziaria, l’illusione positivista sono semplicemente tre facce della stessa idra infernale; una idra che, per sputare fuoco dalle narici, sembra doverlo mangiare dal terreno, dove esso era stato nascosto. E invece, le scelte politiche dell’oggi devono necessariamente predisporre un futuro in cui l’idra potrà attingere direttamente alla fonte l’energia per produrre il fuoco che poi sputerà, senza inutili sprechi e senza ridurre l’occupazione, ma anzi aumentando la quantità di nicchie di lavorazione a disposizione del nostro sistema produttivo, ed evolvendone qualità e rendimento.

Non perchè è “buono”, ma perchè è utile. Non perchè è giusto, ma perchè è necessario, soprattutto davanti alle sempre maggiori evidenze riguardo alla significatività del ruolo antropico nel surriscaldamento globale. Non perchè è “etico” o politicamente corretto, ma perchè è l’unico modo di continuare a riscaldarci e ad allontanare le fiere, prima che davvero la risalita del livello del mare a causa dello scioglimento delle calotte possa arrivare a spegnere i fuochi che abbiamo acceso, incauti, troppo vicino alla riva.

Torna all'archivio