[23/10/2008] Comunicati

Forse la Green Revolution è già in cammino e l´Italia non se ne è accorta

LIVORNO. La cifre della Green global initiative dell´Unep, che oggi riempie le pagine anche del sospettoso Sole 24 Ore, speriamo finiscano anche sulla scrivania del nostro recalcitrante ministro dell´ambiente, Stefania Prestigiacomo, che continua a credere che l´ambiente sia un accessorio dell´economia da indossare secondo le varie stagioni meteorologiche dell´economia, e non la sua imprescindibile base.

Lo studio ponderoso che la accompagna parte da un assunto non contestabile: «La crescita economica mondiale negli ultimi 50 anni è stata accompagnata da un accelerato declino ambientale. Dal 1981 al 2005, il Pil mondiale è più che raddoppiato, al contrario il 60% di tutti gli ecosistemi del mondo si sono degradati o sono utilizzati in un modo insostenibile. La spesa annua mondiale per l´ambiente è stimata in non più di 10 miliardi di dollari all´anno. Questo è in contrasto con i 60 - 90 miliardi di dollari di investimenti ambientali che sarebbero necessari solo per contribuire alla riduzione della povertà».

Però i finanziamenti pubblici all´agricoltura dei Paesi ricchi arrivano a 300 miliardi di dollari all´anno e i fondi per la riforestazione scarseggiano; i sussidi alle energie fossili e al nucleare sono tra i 240 ed i 310 miliardi all´anno, circa lo 0,7% del Pil mondiale, ma scarseggiano i fondi per le energie rinnovabili. E se è vero che l´industria automobilistica mondiale produce 1,9 trilioni di dollari di ricavi, impiega "solo" 4,4 milioni di persone, mentre l´industria siderurgica mondiale ha un reddito di 500 miliardi di dollari, ma impiega 4,5 milioni di persone

I 100.000 Parchi nazionali e aree protette del pianeta producono una ricchezza in natura e beni e servizi ecosistemici valutabile in 5 trilioni di dollari, ma ci lavora solo un milione e mezzo di persone. «Avete delle scelte racchiuse in un guscio di noce - ha detto presentando la Green global iniziative Pavan Sukdhev, di Deutsche Bank - Se volete sollevare dalla povertà 2,6 miliardi di persone che vivono con meno di 2 dollari al giorno, metterete più denaro nelle automobili e nei Pc o investirete in un network di aree protette per sviluppare il loro potenziale per un lavoro verde e dignitoso? Un ulteriore investimento di 50 miliardi di dollari in un anno nelle circa 100.000 zone protette di tutto il mondo potrebbe garantire un valore di 5 trilioni in servizi forniti da questi beni naturali, intanto produrrebbe milioni di nuovi posti di lavoro e garantirebbe i mezzi di sussistenza per le popolazioni rurali e le popolazioni indigene».

La New deal verde si basa su Clean Energy e Clean Tech e prevede una riduzione dell´80% delle emissioni e che le "risorse finite" debbano essere utilizzate in modo più efficiente e soprattutto riutilizzate. Gli esempi virtuosi ci sono: lo stesso Unep ha portato i finanziamenti per le energie rinnovabili della sua Sustainable Energy Finance Iniziative a 160 miliardi di dollari nel 2007, dai 100 del 2006; la Norvegia ha annunciato che intende raddoppiare il fondo nazionale per la ricerca per le energie rinnovabili a 3,4 miliardi di dollari, la Gran Bretagna ha annunciato investimenti per 100 miliardi di dollari in 4.000 pale eoliche a terra e 3.000 offshore, da realizzare entro il 2020 e con la creazione di 160.000 posti di lavoro. Il mercato globale dei prodotti e servizi ambientali produce tra i 1.000 ed i 1.370 miliardi di dollari e nel 2020 potrebbe essere tra i 2.740 e i 2.200 miliardi di dollari.

50 Paesi del mondo, tra i quali Messico, Argentina, Brasile, Repubblica Dominicana, Cina, India, Filippine, Iran, Marocco, Siria, Tunisia, Senegal, Sudafrica e Uganda, si sono dati obiettivi precisi per le energie rinnovabili. L´energia eolica dà lavoro nel mondo a 300.000 persone e probabilmente quella fotovoltaica a 170.000. Sono 600.000 le persone che lavorano nel solare termico, la gran parte in Cina. Le biomasse danno lavoro a 1,2 milioni di persone in Brasile, Cina, Germania e Usa. Nel complesso, nelle energie rinnovabili lavorano, secondo una stima al ribasso, almeno 2,3 milioni di persone.

Kleiner Perkins, la società di venture capital che sostiene Google, Netscape e Amazon.com, ha recentemente investito 100 milioni di dollari in nuove imprese che lavorano alla riduzione dei gas serra. Gli investimenti "Clean Tech" in China ammontavano nel 2007 a 580 milioni di dollari e nel 2008 dovrebbero aver raggiunto i 720 milioni.

«Esistono numerosi fulgidi esempi su come accelerare la transizione verso un´economia a basse, o addirittura zero, emissioni di CO2 - spiega il rapporto Unp - incluse le tariffe "feed-in" che sono state introdotte in Germania alcuni anni fa». Il settore delle energie rinnovabili tedesco ha un fatturato annuo di 240 miliardi di dollari e occupa 250.00 persone ed entro il 2020 i suoi lavoratori saranno di più di quelli dell´industria automobilistica che il nostro governo "difende" da Kyoto e dall´Europa.

La verità è che la crescita ineguale e non indirizzata ha prodotto da una parte uno spreco energetico enorme; e dall´altra due miliardi di persone che non hanno ancora elettricità, petrolio o gas per cucinare e per la vita quotidiana. Una vera e propria trappola planetaria che rende vani i discorsi sullo sviluppo e preme su ecosistemi come le foreste, importanti anche economicamente, per produrre legno e carbone. Una crisi che potrebbe anche qui trasformarsi in opportunità per il mercato dei sistemi energetici alternativi e per le occasioni economiche offerte dal Clean development mechanism /(Cdm) dell´Onu per il Protocollo di Kyoto che è già stato avviato in alcune delle economie più povere, come nell´Africa subsahariana, anche se fino ad ora a beneficiarne sono state soprattutto le economia in rapido sviluppo: Cina, Brasile, India e Sud Africa. Comunque progetti Cdm sono stati avviati negli ultimi 18 mesi in Repubblica Democratica del Congo, Madagascar, Mauritius, Mozambico, Mali e Senegal, portandoli ad un totale di 3.500 in tutto il mondo. Se il trend di crescita dei Cdm continuerà, nel l 2012 all´Africa potrebbero arrivare oltre 65 milioni di certificati di riduzione delle emissioni, per un valore vicino a un miliardo di dollari in crediti di carbonio al prezzo di 15 dollari. Ma la speranza dell´Africa è soprattutto nel sole e nel vento: solo il Ghana avrebbe un potenziale eolico di 2000 MW.

Intanto in India il microcredito sta puntando decisamente all´energia solare e 100.000 persone hanno avuto così accesso all´elettricità ed all´acqua calda, ora il Global Environment Facility sta spostando l´iniziativa anche in Tunisia e in Messico. La rivoluzione verde sembra silenziosamente cominciata lungo strade a volte a noi ignote. Come scriveva qualcuno, siamo spettatori della crisi, non la viviamo. Soprattutto se la guardiamo dal sempre più ridotto e provinciale angolino italiano, dove la negazione della complessità rischia di diventare negazione dei problemi e quindi della capacità di capire dove va il mondo.

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