[22/10/2008] Comunicati

Della Seta (Pd): Non caricare solo sul movimento ambientalista le risposte alla crisi

LIVORNO. Domani giovedì 23 ottobre, presso la sala capitolare del Senato della Repubblica, si svolgerà la giornata di studio promossa da Greenaccord per promuovere un dibattito su “Ambiente, ambientalismo e politiche ambientali”. I problemi ambientali – si legge nella presentazione dell’evento - «sono una realtà che riguarda non solo l’ecologia, ma investono ormai diverse discipline della scienza ed anche dell’economia. Cresce il numero di rapporti e previsioni allarmanti sullo stato del pianeta, che come un coro unanime portano le varie discipline a dipingere il secolo che stiamo vivendo come determinante per il futuro dell’umanità».

Per la prima volta quindi si riuniranno attorno ad un tavolo giornalisti, movimenti ambientalisti e politici per generare un dibattito congiunto sulle scottanti tematiche legate all’ambiente. In particolare, «sulle politiche ambientali adottate finora e su quelle che i partiti s’impegneranno a promuovere in futuro per dare risposta ai crescenti allarmi della comunità scientifica internazionale». Alle 15 Stefania Prestigiacomo, ministro dell’Ambiente e della tutela del territorio e del mare, con il suo intervento anticiperà la tavola rotonda, coordinata dal giornalista Giovanni Floris, “I partiti e le loro politiche ambientali”, alla quale interverrà anche Roberto Della Seta, capogruppo Pd commissione Ambiente del Senato, con il quale affrontiamo in anticipo il tema della tavola rotonda.

Della Seta, sulle politiche ambientali adottate finora e su quelle che i partiti s’impegneranno a promuovere in futuro per dare risposta ai crescenti allarmi della comunità scientifica internazionale – come recita l’introduzione alla tavola rotonda - la politica del governo italiano e anche della Confindustria appare datata (basti vedere il dibattito sul pacchetto clima, il rilancio del nucleare, le probabili prossime rottamazioni persino dei vestiti, gli incentivi a pioggia oltre al rilancio delle grandi opere ecc.). Con un’idea dello Stato che deve aiutare quando arriva la crisi e che poi, superata, deve fare un passo indietro e quindi lasciar fare il mercato. Insomma da Stato-laissez fare a Stato-salvagente a Stato-zerbino (vedi Marcegaglia che oggi sul Sole24Ore dichiara: «Lo Stato, finita questa fase di emergenza, deve tornare indietro»).

«Cominciamo con il dire che il Governo Berlusconi non ha una politica ambientale e non ha un ministro dell’ambiente. Stefania Prestigiacomo è al massimo un sotto segretario di Tremonti, dato che non è consapevole che lei nel governo rappresenterebbe l’interesse ambientale. Tutte le scelte del governo sono state dettate da altre logiche e come propaganda in particolare, come bene evidenzia la vicenda surreale di questi giorni sul pacchetto clima che ha visto l’Italia riuscire nell’impresa di isolarsi dal nucleo storico Ue, dai grandi leader dell’Ue persino quelli di centrodestra come Barroso, Merkel e Sarkozy che tengono appunto una posizione diversa e che è oggi la più lungimirante. Anche sul piano delle risposte alla crisi finanziaria. Tengono una posizione per la quale fare cose che servono per combattere i cambiamenti climatici è una necessità in sé. Sarkozy ha detto infatti che il global warming non aspetta la fine della crisi finanziaria. Rallentare su questo è un nonsenso: o si ritiene che sia un problema drammatico anche sociale ed economico e che se non si interviene nei tempi giusti si aggraverà, oppure come si fa a dire che il problema c’è, ma che ci impegniamo di meno perché c’è la crisi? Ma non è tutto, a questo governo manca totalmente l’idea che le strategie di sviluppo per l’Italia passano necessariamente dell’innovazione, dalla ricerca perché non si può contare su quello che già abbiamo in quanto chi ha i numeri migliori di noi presto ci avanzerà e saremmo costretti a cedere il passo. L’unica giustificazione di questo tema è quindi propagandistica. Della serie noi stiamo difendendo gli interessi dell’Italia contro l’Ue, contro tutti e contro anche il centrosinistra che difende i tedeschi, come se questi non avessero un proprio interesse per combattere il global warming».

«Confindustria – prosegue – ha una posizione desolante e arretrata. Sostanzialmente mi pare difenda i grandi gruppi siderurgici e del cemento che pagherebbero dei costi alti alle misure per il clima, ma questo perché l’Italia si è mossa lentamente e più con questa lentezza prosegue e più i costi cresceranno. Insomma una difesa di pochi interessi e miope rispetto al futuro».

«Per quanto riguarda la funzione dello Stato – aggiunge – il grande economista John Kenneth Galbraith diceva che i ricchi scoprono il socialismo quando fa comodo a loro… Detto questo credo che non sia auspicabile un ruolo dello Stato direttamente protagonista nell’economia italiana e in quella bancaria. Sarebbe indispensabile che lo stato evitasse che i grandi gruppi bancari precipitassero, ma certamente non per far sì che poi prenda questa azione a pretesto per rimettere piede nelle banche. Lo Stato deve fare regole e farle rispettare, perché su questo ha fatto molto poco, e poi deve orientare il mercato, questo sì, perché da solo non fa bene e lo abbiamo visto tutti credo».

Come ex presidente di Legambiente, quale ritiene che siano “Le nuove sfide per i movimenti ambientalisti” tema della tavola rotonda che seguirà la vostra?
«Non caricherei sul movimento ambientalista la costruzione delle risposte. Ha avuto e ha un ruolo storico e decisivo di mettere nel dibattito pubblico i temi della sostenibilità ambientale che senza di loro avrebbero avuto una presa di coscienza molto più lenta. Questa è la ragione sociale che l’ambientalismo in qualche modo ha già soddisfatto. Non vuol dire questo che l’impresa sia finita, anzi ci sono ancora enormi difficoltà a far passare certi concetti ma questo è il compito della politica. La politica deve fare il suo mestiere e recepire questo messaggio che arriva dalle associazioni e farne un criterio delle scelte. Devo dire che trovo oziosa la discussione su ambientalismo del sì, del no, del fare. L’ambientalismo anche di Legambiente è fatto anche di no, persino di molti no ma anche di indicazioni positive: ecco la politica non deve usare posizioni ideologiche come alibi per le sue colpe. Non è per colpa degli ambientalisti se la politica non è abbastanza moderna ed è questo il nodo da sciogliere».

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