[20/10/2008] Energia

Nucleare, l´effetto annuncio nasconde la crisi globale

LIVORNO. Recentemente il ministro dello sviluppo economico, Claudio Scajola, ha detto che occorre «creare le condizioni tecnologiche perché sia possibile iniziare le attività di costruzione di nuove centrali nucleari entro il 2013». Il percorso per un rientro trionfale dell´Italia nel club del nucleare prevede la ricerca dei siti più adatti per costruire da 8 a 10 centrali di nuova generazione sul modello di Flammanville, in Francia, del quale Scajola si è detto entusiasta dopo una visita ed ha spiegato che le centrali «saranno costruite in Italia a minor costo e sempre rivolgendosi al mercato e ai principi di competitività, con la preparazione che l´Italia ha già nella tecnologia impiantistica, per esempio, dove eccelle». Evidentemente Scajola prende a modello l´European pressurized water reactor (Epr) di Flammanville. Ma questo impianto è davvero così economico e facile da realizzare?

Non si direbbe, almeno a vedere quanto sta succedendo all´Epr finlandese Olkiluoto 3 dove qualche giorno fa l´operatore Teollisuden Voima ha ufficialmente annunciato che i lavori termineranno forse nel 2012 e che questo comporterà ulteriori costi supplementari per il suo partner francese Areva (che in realtà è il vero padrone dell´Epr). I lavori sono stati avviati nell´ottobre 2005 ed Areva giurava che sarebbero terminati nel 2009, intanto i costi del reattore, come documenta il giornale economico francese "Les Echos", sono passati dai 3 miliardi di euro inizialmente previsti già a 4,5 e nessuno sa dire, nemmeno chi sta costruendo la centrale, quale sarà davvero il costo finale. Intanto è cominciato lo scaricabarile e Areva accusa i finlandesi per i ritardi ed evidenzia che (in Finlandia, non in Calabria!) le autorità moltiplicano per quattro volte e mezzo i tempi di approvazione dei lavori previsti. Ora i francesi chiedono una procedura di arbitraggio per capire chi pagherà i danni dei ritardi. Così l´Epr finlandese forse entrerà in funzione nel 2012, insieme (forse) a quello di Flamanville che piace tanto a Scajola.

E´ l´effetto annuncio del nucleare che si fa sempre più sentire per giustificare i grandi costi rispetto ad una crisi economica mondiale che rischia di rimettere il nucleare nel suo cantuccio di energia in declino. A settembre l´Agenzia internazionale per l´energia atomica (Iaea) ha detto che «la produzione di nucleare nel mondo potrebbe raddoppiare entro il 2030» e la scorsa settimana l´Agenzia per l´energia nucleare dell´Ocse ha rilanciato: «la capacita nucleare mondiale potrebbe essere moltiplicata per 3,8 entro il 2050», in soccorso alla tesi della moltiplicazione dell´atomo è venuta Électricité de France (edf) che ha assicurato che «Gli investimenti nel settore nucleare nel mondo stanno accelerando, malgrado la crisi internazionale».

Ma è davvero così o si tratta di marketing preventivo in tempo di vacche scheletriche? Secondo "Sortir du nucléaire" «In realtà, mentre la produzione nucleare mondiale è già calata dell´1% nel 2007, l´industria dell´atomo ha iniziato un declino praticamente irreversibile: mentre la maggioranza dei reattori nucleari nel mondo sono vecchi e saranno chiusi entro 20 o 30 anni, è evidente che i progetti reali di nuovi reattori, a differenza dei diversi effetti annuncio, sono poco numerosi. Peggio: la crisi finanziaria mondiale va inevitabilmente a rendere più difficile, persino impossibile, la mobilitazione dei capitali necessari ai pesanti costi iniziali per la costruzione di reattori nucleari. Già ora, il Sudafrica, che aveva annunciato non meno di 12 reattori nucleari, ha fatto sapere che il suo programma è compromesso. Anche il programma nucleare annunciato dalla Turchia è stoppato di fatto per la mancanza di società candidate a costruire i reattori».

Anche negli Usa i progetti di nuovi reattori nucleari sono calati dai 30 previsti nel 2007 ai 2 rimasti nel 2008 e la crisi economica sembra condannare anche quest´ultimi, visto che i finanziamenti pubblici di cui hanno bisogno sono stati assorbiti dal Piano Paulson. Insomma in America non ci sono più dollari per il nucleare e senza soldi pubblici nessuno investe sull´atomo, come sconsigliano di fare anche Standard and Poor´s e Moody´s.

Le cose non vanno meglio nella Francia modello energetico per Scajola: fino a 4 giorni fa Edf ed Areva avevano perso rispettivamente il 50% e il 40% del loro valore dal primo gennaio. Sicuramente colpa della crisi finanziaria, ma il ribasso delle imprese nucleari era già iniziato da prima dello scoppio della bolla finanziaria. «Se il nucleare fosse realmente un´energia del futuro - sottolineano impietosi a "Sortir du nucléaire" - Edf ed Areva avrebbero resistito alla crisi, ora fanno parte delle società che hanno calato di più. Il supposto "rinascimento" del nucleare sembra ugualmente compromesso in Gran Bretagna, dove Edf ha acquisito British Energy. Come si può immaginare che Edf, in piena disfatta, possa finanziare la costruzione di nuovi reattori?».

Nonostante i proclami di Scajola la crisi potrebbe far male anche al nucleare italico. Quel che è certo è che, nonostante quel che vogliono farci credere, il declino riguarderà solo una parte marginale dell´energia mondiale: il nucleare rappresenta il 15% della produzione elettrica mondiale, solo il 2,5% del consumo di energia mondiale.

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