[20/10/2008] Monitor di Enrico Falqui

Mediocrità e Nobiltà

FIRENZE. A -“ Due milioni di persone per Roberto Saviano”: questo è l’appello che in questi giorni sta attraversando tutti i blog della rete di comunicazione telematica italiana, per realizzare una grande manifestazione di lotta alla camorra e a tutte le attività criminali mafiose che avvolgono in una spirale cancerogena l’economia italiana e per impedire che un giovane scrittore italiano sia costretto all’esilio per effetto delle minacce dei “Fondamentalisti” del crimine organizzato, come è già accaduto per analoghe ragioni a Salman Rushdie in Iran e a Oran Pamuk in Turchia.
L’appello viene rilanciato continuamente attraverso le radio locali dopo l’annuncio da parte di Roberto Saviano, l’autore del libro “Gomorra”( che ha venduto già un milione di copie) di voler lasciare l’Italia per uscire dal “ bunker” nel quale lo hanno rinchiuso le minacce di morte ricevute da parte dei capi della camorra Casalese.

“ Vado via perché voglio scrivere ed ho bisogno di stare nella realtà. Voglio una vita, voglio una casa, voglio innamorarmi, voglio passeggiare, prendere il sole, bere una birra in pubblico…. Voglio avere intorno i miei amici e poter ridere e non dover parlare di me, sempre di me , come se fossi un malato terminale…Cazzo, ho soltanto ventotto anni.”
Questo dice Roberto Saviano, per motivare la sua decisione di andarsene dall’Italia, guardandoti dritto negli occhi dalla finestra di “You Tube”, con uno sguardo melanconico ma pieno di orgoglio e di indomito coraggio.
E’ divenuto un simbolo della lotta civile contro tutte le illegalità di questo Paese e Roberto Saviano ne è perfettamente consapevole; non ha rimorsi per le conseguenze personali che tale “ simbolo” gli ha causato, ma teme per i suoi cari, per sua madre, per i suoi amici.

Tuttavia, Saviano è consapevole che la ferita più grande che ha subito, a causa del suo impegno determinato e della sua denuncia costante delle attività criminali della camorra Casalese, consiste nella “ mutazione lenta “ di sé stesso in un’altra persona che stenta a riconoscere, poiché è un giovane di soli ventotto anni che vorrebbe guardare al proprio futuro e a quello del Paese in cui vive.
“….non mi accorgevo di quel che ogni giorno andavo perdendo di me; oggi se mi guardo alle spalle, vedo macerie e un tempo irrimediabilmente perduto che non posso più afferrare ma ricostruire soltanto se non vivrò più, come faccio ora, come un latitante in fuga”.

B - In questi giorni è uscito in tutte le librerie italiane un bel saggio di Antonello Caporale, intitolato “Mediocri”( Baldini-Castoldi editore) che colpisce il lettore per la sua autenticità. Si tratta di un’inchiesta svolta dall’autore che, insieme a sette ragazzi, con in tasca solo un 110 e lode, hanno girato l’Italia per scoprire i volti e i luoghi di coloro che l’autore definisce “i mediocri”, per capire, cioè, come si forma un’estesa classe dirigente che non ha i requisiti per governare e gestire il proprio Paese, ma che possiede la straordinaria capacità di impedire l’affermazione del talento nella società, in modo da annullare le capacità positive che ogni nuova generazione porta con sé.

Anzi, dice Caporale :
” …Coloro che col talento potrebbero fornire i mezzi culturali per superare la crisi, sono esiliati. Gli studiosi definiscono questo fenomeno, che in Italia dura da tempo, “brain-drain”,ovvero la migrazione dei cervelli e dei talenti in paesi euroepei ed extra-europei”.
La novità consiste nel fatto che, mentre fino a dieci anni fa, il problema riguardava un’’élite di eccellenze”che hanno trovato rifugio nei Paesi dove ricerca e tecnologia raccolgono la maggior parte degli investimenti pubblici e privati ( USA, Giappone, Cina, Canada), un recente rapporto del CENSIS (2007) ci avverte che il fenomeno ha assunto una dimensione statisticamente rilevante e la fuga di cervelli e talenti dall’Italia verso altri Paesi europei assume le caratteristiche di una vera e propria “ migrazione giovanile”.

Il fenomeno si è accentuato perché riguarda ormai moltissime persone ( circa 15.000 l’anno secondo il CENSIS) dotate di talento ma impossibilitate a svolgere qualsiasi tipo di lavoro o di ricerca qualificata nei settori chiave dello sviluppo in una società contemporanea globalizzata nell’informazione, nella concorrenza, nell’uso della tecnologia e dell’innovazione.
I giovani fuggono dall’Italia non solo perché “ vi sono ridotte possibilità di lavoro o perché quando lo si trova, esso è inevitabilmente precario”; la “ migliore generazione” fugge dall’Italia perché le classi dirigenti di questo Paese hanno siglato tra loro un vero e proprio “ Patto per il Non-Sviluppo” che ha bisogno di un consenso sociale di massa per far sopravvivere al potere chi lo ha stipulato.

Questo è l’unico modo per mantenere privilegi e assicurare potere ad una gerontocrazia che si è radicata nei gangli vitali della società italiana,nel sistema politico, nel sistema della pubblica amministrazione e dello Stato, nell’economia sommersa o illegale, nel circuito del lavoro nero e del subappalto,nelle imprese non innovative e fuori dal mercato, nella scuola e nell’Università, proprio come la Camorra casalese è riuscita a fare nel suo territorio per affermare un dominio criminale e soprattutto per convincere le nuove generazioni “dell’impossinilità di un modello alternativo” di sviluppo e società.

Antonello Caporale, nel suo poco pubblicizzato saggio , ha il pregio di farcelo capire con chiarezza, attraverso un’inchiesta minuziosa che ha riguardato tutta l’Italia.
“…La mediocrità si organizza in reti per due ragioni essenziali: in primo luogo, da solo nessuno è mediocre. La mediocrità emerge se è possibile un confronto e se c’è competizione, almeno in potenza. In secondo luogo, le reti rafforzano e si nutrono della mediocrità rendendola assoluta, sciolta da tutto quello che non rientra nel suo mondo di riferimento.
Essa rifiuta il principio di responsabilità individuale e collettiva e le sue conseguenze sociali sono devastanti”.

La prima di queste conseguenze è la progressiva perdita di identità di sé stessi, la trasformazione di una “ piramide” giovanile di talenti e di creatività in un’omologata massa di non-persone, livellate da un pensiero unico che considera il sistema culturale di un Paese una spesa improduttiva perché tende a ricreare una “ gerarchia” di valori e di merito tra le persone.
Da circa 15anni l’Italia è divenuto un paese nel quale le proprie classi dirigenti guardano al futuro con paura, temono la concorrenza dei paesi più innovativi e capaci di imponenti trasformazioni, guardano alla Nuova Europa ( formata da 25 Paesi) con sospetto e circospezione. Il risultato che questa antropologia culturale, assai estesa e diffusa nell’opinione pubblica italiana, ha generato è stato quello di rendere “immobile” e “ diffidente verso il futuro” uno dei Paesi europei che, nel corso della sua Storia, ha sempre dato il meglio di sé nella capacità dinamica e trasformativi delle sue popolazioni e delle sue imprese. Oggi, ciò che cresce, oltre all’impoverimento delle classi medie italiane sono le generazioni di Mediocri, utili alla società perché sostanzialmente inutili per sé stessi; massa di manovra neanche più esercito di riserva del mercato del lavoro, migranti permanenti alla ricerca di ciò che viene loro negato, ovvero il Futuro.

C - “Non è possibile che l’Italia, con un’economia basata sul manifatturiero, si addossi 18 miliardi all’anno di gravame per il pacchetto clima-energia voluto da Bruxelles per soddisfare il protocollo di Kyoto” ha dichiarato il premier Berlusconi al suo ritorno a Roma. L’ecologia, in tempi di recessione, è un lusso che un Paese come il nostro non può permettersi.”

Gli risponde Jeremy Rifkin, in un’intervista a “Repubblica”:..per ripartire ci vuole una visione del Futuro. Durante le stagioni del cambiamento ci sono sempre i nostalgici che rimpiangono il vecchio…non sono stati gli USA, né la Cina, né il Giappone, né l’India a imporre sullo scenario mondiale il nesso tra la battaglia per la difesa del clima e l’innovazione tecnologica dell’intera industria, bensì l’Europa. Se la UE manterrà gli impegni già assunti (condensati nell’equazione 20-20-20) si creeranno un milione di posti di lavoro attraverso l’uso delle fonti rinnovabili e altrettanti attraverso la trasformazione “bioclimatica e dolce” dell’architettura e dell’urbanistica delle città europee

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