[16/10/2008] Aria

Frassoni: sul pacchetto energia il governo Berlusconi minaccia veti impossibili e dà numeri truccati

BRUXELLES. Monica Frassoni (Nella foto), presidente dei Verdi al Parlamento europeo, commenta duramente la posizione annunciata da Berlusconi e dai suoi ministri in merito al pacchetto energia messo a punto un anno fa dai Capi di Stato e di governo e che viene discusso nel Consiglio dei ministri Ue: «Il governo italiano è venuto a fare la parte del nano nella lotta ai cambiamenti climatici. Berlusconi minaccia addirittura il veto pur di fermare l´adozione di misure virtuose per la lotta all´effetto serra e per difendere la competitività delle nostre industrie troppo dipendenti dai combustibili fossili. Forse non sa che queste decisioni si prendono a maggioranza. Anche questo dimostra la totale approssimazione e irresponsabilità della posizione del governo italiano, che ha sposato in modo acritico la posizione della parte più retriva di Confindustria che continua volutamente a sottostimare i vantaggi che una tale strategia ha per l´Italia in termini di efficienza energetica, di impiego in nuovi settori non delocalizzabili e in termini di risparmio per favorire solo le industrie non virtuose. Si tratta di una vera e propria campagna di disinformazione, basata su dati non verificati, su falsi annunci e approssimazione assoluta».

La Frassoni risponde anche al ministro Ronchi che in un´intervista al Sole 24 Ore ha detto che, sulla base di conti fatti dall´Unione europea, rispetto all´applicazione delle misure del pacchetto energia, «L´Italia pagherebbe 180 miliardi di euro, l´1,14% del suo Pil e il 19,7% dei costi totali del piano, più di Spagna (17%), Francia (14,9%), Germania, Inghilterra (12,5%)».

«Il governo italiano - dice la presidente dei Verdi dell´Ue - continua a giocare con i numeri. Dopo essere stato costretto ad abbandonare i dati fantasiosi del misterioso e mai pubblicato studio dell´Istituto Rie di Bologna, e a prendere come base gli unici dati esistenti e riconosciuti, cioè quelli della valutazione d´impatto della Commissione europea, adesso la nuova linea è quella di prendere da quel documento lo scenario peggiore e quello considerato non realistico dalla Commissione stessa, ossia quello in cui non c´è alcun contributo dei crediti di emissione acquistati da paesi terzi e senza ricorrere ai certificati verdi per le fonti rinnovabili. Lo scenario di costi invece più probabile* è quello che prevede un costo pari allo 0,58% del Pil europeo (91 miliardi al 2020) e per l´Italia lo 0,49% del Pil (cioè 8 miliardi): ma bisogna tenere conto anche dei risparmi nella bolletta energetica (50 miliardi a livello europeo) e per la riduzione dell´inquinamento (10 miliardi a livello europeo). Per l´Italia vuole dire che i costi passano da 8 miliardi a 2,7 miliardi. Quanto mai opportuno è stato l´atteggiamento fermo del presidente Barroso, non disponibile a rinegoziare gli obiettivi del pacchetto né a cadere nella trappola di chi vorrebbe ritardare l´applicazione del pacchetto stesso invocando la recente crisi finanziaria: giustamente, ha detto, "non possiamo rinviare oggi la necessità di modernizzare l´economia europea per affrontare le sfide di domani"».

La parlamentare europea ricorda il percorso che ha portato al Consiglio europeo che sta discutendo del «pacchetto di proposte licenziate a larghissima maggioranza dalla commissione ambiente del Parlamento europeo la scorsa settimana: il sostegno massiccio (44 voti a favore, 20 contro e 1 astenuto) alla proposta di direttiva Ets sulla borsa delle emissioni post 2012 e la quasi unanimità sulla condivisione degli obiettivi del pacchetto energia sono un segnale forte che il Consiglio non potrà ignorare e così il governo italiano. Il Parlamento, infatti, ha già detto no a quote di emissione fuori asta e no a un maggiore ricorso a Cdm e Joint Implementation (gli strumenti flessibili che consentono a uno Stato membro di godere di crediti derivati dalla riduzione di emissioni realizzate in paesi terzi). Il Parlamento ha deciso sulla base delle indicazioni degli esperti sul clima Onu secondo i quali occorre ridurre le emissioni a casa nostra, senza scorciatoie che implichino un aumento di emissioni altrove. Se non ci muoviamo rapidamente per limitare l´aumento di temperatura nei prossimi decenni entro i 2°C, il sistema economico mondiale dovrà pagare dei costi altissimi: il rapporto di Nicholas Stern li stima tra il 5 e il 20% del Pil, ben altra cosa rispetto allo 0,6% preventivato dalla Commissione per l´applicazione delle direttive 20/20/20 tanto odiate dal nostro governo e dagli industriali italiani. Insomma, se non facciamo niente ci troveremo in una situazione ancora peggiore perché irrimediabile, rispetto alla attuale crisi finanziarie e bisognerà pagare un conto salatissimo. Il governo italiano ha la scelta fra mettersi dalla parte di coloro che accelerano il disastro o coloro che cercano di trovare una soluzione».

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