[15/10/2008] Vivere con cura di Marinella Correggia

Gioielli senza distruzioni?

Come l’effimero può essere pesantissimo. L’estrazione dell’oro, da sempre la materia prima principale dei gioielli, è una delle attività minerarie più distruttive. I progetti estrattivi sono spesso imposti alle popolazioni locali in modo coloniale. Non per niente un anno fa gli abitanti di Ayabaca, in Perù, hanno deciso con referendum popolare di rifiutare progetti di estrazione di oro e argento (e rame e altro) nel loro territorio che fra l’altro rientra nella foresta tropicale d’altura. E nella zona di Potosi’, in Bolivia, tristemente nota per gli orrori delle miniere d’argento coloniali, un consiglio indigeno di saggi anziani ha impedito l’apertura di una nuova miniera d’oro, per lasciarlo ai discendenti: “A noi oggi non serve”.

L’uso di mercurio e cianuro nella separazione dell’oro dalle rocce inquina gli ecosistemi e le acque. La movimentazione di rocce è imponente: ogni anno si producono 2.400 tonnellate auree procurando ben 745 milioni di tonnellate di rifiuti. Tre tonnellate per una piccola fede…

A seguire i principi dell’eco-economia, la faticosa e inquinante estrazione di altro oro, materie preziose e diamanti dalle viscere della terra è semplicemente da evitare.

Certo non è tutto oro quello che luccica su colli, polsi, dita, orecchie. Né solo i gioielli luccicano d’oro. Molto di questo prezioso, eterno metallo, serve anche per le apparecchiature elettroniche, ad esempio. Non si dirà mai abbastanza contro il consumismo tecnologico, “elettronica da consumo” la chiamano; contro la rapida obsolescenza, il continuo ricambio di telefonini, computer e altri congegni elettronici. E’ vero che aumentano i tassi di recupero, e sempre più persone si dedicano all’urban minino, o attività mineraria di città: per mestiere vagano per le discariche in cerca di resti di cellulari e altri dispositivi elettronici, soprattutto alla ricerca di oro e argento fra gli altri metalli. Ma il tasso di recupero è sempre inferiore all’impiego iniziale del minerale. Altro oro poi serve per i lingotti. Ma non ce n’è già abbastanza nelle riserve degli stati?

Quanto agli sfaccettati diamanti, sarebbe meglio chiamarli “sfacciati”. Con i loro proventi sono state finanziate e tuttora si finanziano guerre civili. E anche quando sono “puliti”, certificati, che pulizia morale c’è in un oggetto assolutamente inutile che costa cifre enormi, dunque un settore dell’economia destinato a pochissimi? Che un diamante possa essere “etico” è una contraddizione in termini, non foss’altro che per il prezzo.

A questo punto, “dovendo” acquistare per qualche ricorrenza un gioiello, sarà “ecologically and socially correct” pensare ad alcune regole:

1) Vendere una quantità di oro vecchio almeno pari a quella acquistata; si potrà vendere allo stesso gioielliere o a qualcun altro, poco importa, basta che si reimmetta in circolo il metallo. Così l’equivalente del nostro acquisto sarà rifuso anziché nuovamente estratto.

2) Ancor meglio se si trovano degli artigiani che ci rifondano e riplasmano l’oro vecchio che portiamo loro. Così si esalta il lavoro artigianale e si saltano molti passaggi di intermediari.

3) Altra regola aurea è: preferire un oggetto elaborato (dunque con molto lavoro) e poco pesante in materia prima.

4) Ancor più ecologico e anche gradito sarà il regalo di un gioiello vecchio, così com’è o magari riparato.

5) Il commercio equo ha gioielli in argento e pietre preziose dure (molto belle e poco costose) davvero squisiti e il cui processo di produzione è controllato dal punto di vista sociale e ambientale (anche se in genere non fino alla materia prima).

6) Sembra superfluo parlare dei diamanti… come per i lingotti da investimento, forse sono un settore che non interessa ai nostri venticinque lettori, per ragioni economiche. Nel dubbio, il consiglio per eventuali abbientissimi è: non investire in lingottini o brillantini ma in opere di bene.

Una battuta finale: quanto all’oro il consumismo maggiore, in peso più che in valore, non è appannaggio degli occidentali. Sono indiani e cinesi ad addobbarsi molto di più. Ma bisogna considerare che per una donna indiana povera in capanna senza accesso a banche o simili, qualche gioiello è l’unico tesoro di facile conservazione e di rapida vendita in caso di urgenza… mentre per noi qui i gioielli sono solo un ornamento.

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