[14/10/2008] Comunicati

Pacchetto clima: domani è il giorno della verità (qualcuno si ricorderà di Stern?)

LIVORNO. Il vertice europeo dei capi di Stato e di governo che si apre domani a Bruxelles dovrà decidere se confermare – per arrivare all’accordo finale entro dicembre - l’ambizioso programma varato a gennaio dalla commissione europea, il cosiddetto pacchetto clima energia del 20-20-20: +20% di efficienza energetica, +20% di energie rinnovabili, -20% di emissioni inquinanti. Da quando è in carica, il governo Berlusconi ha totalmente ignorato le azioni da mettere in campo per rispettare gli obiettivi del pacchetto, che comporterebbero anche un contributo alla riconversione verso un’economia più sostenibile, e anzi non ha perso occasione per attaccare la strategia verde dell’Ue. Sforzi che si sono intensificati nelle ultime settimane con le missioni - di Andrea Ronchi, della stessa ministra dell’ambiente Stefania Prestigiacomo e solo ultimo in ordine di tempo, del ministro degli Esteri Franco Frattini - per cercare alleati in Europa.

Al di là di tutte le mosse politiche nello scacchiere europeo (il governo e gli industriali italiani sbandierano l’appoggio di svariati Paesi) quello che salta agli occhi sono le stime che saranno alla base del documento italiano preparato dal ministero dello sviluppo per il vertice di domani: 23 miliardi di costi aggiuntivi circa per l´Italia, secondo il ministero dello sviluppo; l’1,2-1,3% del prodotto interno lordo come impatto europeo: troppo (pare) almeno per l´Italia e per questo motivo il Governo sta chiedendo un piano più flessibile e cercando alleati tra gli altri Stati.

Facciamo un passo indietro e andiamo fino alle le previsioni che l’economista Nicholas Stern (Nella foto) aveva redatto nel suo rapporto commissionato dal governo inglese e presentato esattamente due anni fa, nell’ottobre del 2006: Stern aveva valutato intorno all’1% del Pil il costo di interventi immediati per affrontare il global warming e nel 5-20% quelli di un’azione ritardata a livello globale.

Per evitare lo scenario peggiore infatti, l’ex capo della Banca mondiale, calcolava che si dovesse contenere la produzione di Co2 entro un range compreso tra 450 e 550 parti per milione, che costerebbe appunto, all’anno, l’equivalente dell’1% del pil mondiale.

Pochi mesi fa lo stesso Stern è recentemente ritornato sui calcoli effettuati, rivedendoli al rialzo in conseguenza della velocità di manifestazione del global-warming, che ha ammesso di aver sottostimato: Se attualmente la concentrazione è di circa 430 ppm di Co2 equivalente in atmosfera, in crescita di 2 ppm l’anno, adesso occorre, secondo gli ultimi calcoli, porsi l’obiettivo di rimanere necessariamente sotto i 500 ppm, cosa che comporta l’investimento non più dell’1, ma del 2% annuo del Pil. Questo risultato è ottenibile, secondo Stern, riducendo le emissioni globali della metà entro il 2050.

Ma governo italiano e Confindustria preferirebbero continuare a scaricare sugli uomini del domani, la responsabilità delle scelte fatte oggi, perpetuando un modello che la crisi attuale ha dimostrato non poter più stare in piedi da solo. In queste settimane e giorni abbiamo infatti verificato diversi elementi: che gli Stati si possono mettere insieme e dare segnali chiari (e soldi tanti) ai mercati; che i soldi che non c´erano per il welfare e per i paesi poveri, ci sono stati per i mercati; che i soldi che non c´erano per aiutare una riconversione sostenibile dell´economia ci sono stati per una riconversione sostenibile della finanza; che con questa operazione degli stati si è purtroppo dimostrata anche la totale subalternità di questi alle potenze finanziarie.

Ma come in questo caso non aver messo in atto politiche ex ante ha costretto ad interventi ex post, anche per combattere il global change ci potremmo trovare a spendere molto di più per mitigare gli effetti o riparare ai danni per non avere previsto politiche necessarie. Con la beffa di non aver colto nemmeno l´opportunità di creare una nuova e sostenibile economia reale.

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