[13/10/2008] Comunicati

Risparmio-efficienza-riciclo: il business che qualcuno ha dimenticato

LIVORNO. Nel pieno della crisi finanziaria globale e ad un passo dallo tsunami su quella reale, la sostenibilità ambientale (intesa come buon governo dei flussi di materia e di energia) e sociale dovrebbe essere l’orizzonte e non nell’angolo dietro la lavagna come in primis l’Italia vorrebbe relegarla. L’economia ecologica pare una bestemmia di pochi eretici (tra i quali greenreport), parlare di un nuovo modello economico una follia in questa fase dove si deve lavorare tutti per tamponare l’emorragia e sostanzialmente riportare la locomotiva sullo stesso binario che porta al medesimo muro sul quale si è schiantata. Così sfogliamo l’archivio per vedere se certi segnali avuti in un recentissimo passato fossero stati da noi sopravvalutati. E troviamo subito un titolo che ci incuriosisce visto che è del Sole24Ore inserto “Energia” e del 24 settembre 2007 (poco più di un anno fa): «Ripulire il mondo è il vero business». Chi lo sosteneva? Achim Steiner, direttore generale dell’Unep, il programma ambientale delle Nazioni Unite.

Una posizione di parte, certo, ma che nessuno smentiva. E che aveva (e ha) argomenti tutt’altro che campati per aria. Diceva infatti Steiner che «la terza Rivoluzione industriale è appena cominciata» e che «negli ultimi anni lo scenario è cambiato, la Norvegia si sta muovendo per diventare carbon neutral, ovvero ad impatto zero di anidride carbonica. Il Regno Unito vuole dimezzare le emissioni entro metà secolo. E la Germania, a fronte di un obiettivo europeo per tagliare del 20% entro il 2020, si è messa lo scopo di raggiungere un –36 per cento. In questo modo aiuterà quei Paesi che non saranno riusciti a centrare l’obiettivo per quella data» come ad esempio, sosteneva Magrini autore dell’articolo, l’Italia.

Steiner, giova ricordarlo, è un economista, esperto di politiche ambientali certo, ma pur sempre un economista. E sosteneva anche che «il 30% dei guadagni in efficienza energetica ha un impatto positivo sul Pil». Non solo, ben lontano dal pensiero di una ben che minima crisi, aggiungeva che se i politici «sono spesso indietro» e se «l’opinione pubblica chiede ormai azioni rapide per il controllo del riscaldamento climatico», le imprese «hanno visto che la terza rivoluzione industriale può essere un affare».

Il punto è che lo è tuttora, e lo è ancor di più alla luce della crisi che è la crisi di un modello economico. Di un mercato non orientato verso la sostenibilità sociale e ambientale. Che in parte può ricevere questo impulso anche a livello regionale, con incentivi mirati e sostegno di vario genere verso quelle imprese che puntino su questa filiera virtuosa risparmio-efficienza energetica-riciclo-recupero di materia, che è il presente e il futuro di un pianeta che non può perseverare diabolicamente propugnando un modello dissipatore di risorse e materie prime, prima ancora che assai poco redistributore di ricchezza e di migliori servizi sociali.

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