[10/10/2008] Parchi

Uomini e super-vermi

FIRENZE. Adorano il piombo, pasteggiano a zinco e arsenico, si ubriacano di rame. Si tratta di popolazioni di lombrichi (Lumbricus terrestris) rinvenuti in alcune miniere abbandonate dell’Inghilterra e del Galles, che hanno due peculiari caratteristiche: anzitutto riescono a digerire quantità di metalli pesanti molto maggiore – e in modo molto più efficiente - rispetto alla normale capacità di assorbimento della specie, e inoltre sembra che siano proprio i metalli di cui si nutrono a guidare la loro evoluzione. La notizia riguardante la loro scoperta è riportata in un articolo di James Owen uscito il 7 ottobre sull’edizione on-line del National Geographic.

I lombrichi, si legge, digeriscono i metalli e li rilasciano nel terreno in una forma molto più assorbibile dalle piante rispetto alla normalità. Le piante possono essere poi raccolte, eliminando così dal terreno le sostanze tossiche: «i lombrichi non necessariamente rendono i metalli meno tossici, ma sembrano renderli disponibili per l’assorbimento da parte dei vegetali» ha dichiarato il ricercatore Mark Hodson dell’università di Reading. L’obiettivo finale è che «le piante diventino così efficienti da poterle utilizzare come fonte di metallo nei processi industriali, in modo che si possa semplicemente raccogliere le piante e portarle ai centri di trattamento».

Questo aspetto è per ora allo stato pionieristico: studi compiuti negli anni scorsi sui lombrichi da Peter Kille dell’università del Galles sembrano indicare che ai vermi occorrano molti anni per compiere un effettivo miglioramento dei suoli sottoposti a bonifica, quindi «non possono competere con i processi industriali di bonifica, che richiedono uno o due anni» si legge. I lombrichi, comunque, possono costituire un metodo eccellente per diagnosticare la concentrazione di metalli nelle terre contaminate: essi possono essere considerati «indicatori biologici della tossicità del suolo e della concentrazione dei metalli» ha raccontato Kille, per poi aggiungere: «ciò che è veramente interessante è che ogni singolo accumulo di metalli crea un unico evento evolutivo: ogni volta che ciò avviene è un evento localizzato, e ci permette di studiare i processi evolutivi che creano adattamento.

La peculiarità dei processi adattativi nelle varie nicchie evolutive è tale che per questi lombrichi è stato proposto lo status di nuova specie: Hodson, a questo riguardo, ha specificato che analisi compiute sul Dna di vermi piombo-tolleranti presso Cwmystwyth, Galles, sembrano suggerire che essi appartengano a specie di nuova evoluzione che ancora devono ricevere una denominazione, così come due popolazioni di super-vermi amanti dell’arsenico rinvenute nell’Inghilterra sud-occidentale. Ma sono necessari nuovi studi per provare una loro effettiva differenziazione genetica rispetto alle normali popolazioni.

Va aggiunto che nella letteratura e nel cinema di fantascienza, da Bradbury a David Lynch passando per i vari film della serie “Gozzilla”, il tema della nascita di nuove mostruose specie è ricorrente. Ed è pure ricorrente, nella stessa letteratura e nello stesso cinema, che essi nascano in conseguenza di mutazioni indotte dall’uso antropico (spesso condotto in modo insulso) delle risorse del pianeta: dinosauri post-atomici, enormi vermi affamati proprio di metalli pesanti, super-insetti divoratori di pietra e di suolo (e molto spesso golosi anche degli intrepidi esploratori che li hanno scoperti).

Incubi della nostra civiltà tecnologica (e, nel caso dei monster-movie giapponesi degli anni ’50 e ’60, il trauma di Hiroshima e Nagasaki) si sono materializzati dal mondo del sogno in reali raffigurazioni della natura che si ribella, davanti a cui l’uomo non può che sfuggire e scappare, pentendosi della propria avventatezza.

Opere di fantasia? Sì, ma anche (come spesso avviene nella fantascienza, che usa la fantasia per porsi come precursore della scienza stessa) credibili ipotesi di evoluzioni che necessariamente stanno avvenendo nella realtà, e che avverranno sempre di più in futuro in conseguenza del costante aumento del numero di volte in cui l’uomo crea inavvertitamente nicchie ecologiche (malsane, contaminate, ma comunque nicchie ecologiche) “artificiali”, quale può essere un deposito di scarti della lavorazione di metalli, o una miniera. Nicchie che prima o poi – in natura sappiamo che è sempre e solo una questione di tempo – saranno occupate da nuove specie biologiche che ne sfrutteranno le risorse in modo sempre più efficiente.

E quindi: la notizia potrebbe avere risvolti futuri enormi. Se veramente dovesse trattarsi di una effettiva mutazione genetica e non di un semplice caso di adattamento intra-specifico, ci troveremmo davanti ad uno dei primi casi (ma non l’unico: si pensi ai vermi mangia-petrolio del lago Bajkal di cui greenreport aveva parlato nell’agosto scorso) in cui, invece di generare mostri, il sonno della ragione dell’uomo (cioè la contaminazione di terreni sfruttati e gestiti con criteri non sostenibili) ha portato alla nascita di super-vermi “buoni”, nostri amici che possono darci una mano a risistemare il pianeta e il suolo su cui camminiamo in modo più efficiente rispetto alle tecnologie (a loro volta inquinanti ed energivore) che utilizziamo per le bonifiche.

Una evoluzione “costruttiva” causata dall’uso “distruttivo” (cioè quello insostenibile) del capitale naturale che, nella letteratura e nel cinema di fantascienza conosciuti ai più, non era mai stata ipotizzata. Forse davvero, come recentemente hanno ipotizzato alcuni organi di stampa riprendendo dichiarazioni del genetista Steve Jones, l’evoluzione umana si dirige al suo termine, anche se ciò appare improbabile. Ma intanto, l’evoluzione di tutte le altre specie della Biosfera prosegue, ormai in buona parte stimolata e guidata proprio dall’uomo stesso.

«Quando rintoccherà l’ultima ora crollerà la compagine del mondo, le acque ricopriranno la natura, e Dio si specchierà dentro il profondo», scriveva Fedor Tjutcev (1803-1873) nella sua poesia “l’Ultimo cataclisma”. Chissà se davvero il genere a cui apparteniamo arriverà a quel momento senza aver subito più mutazioni da oggi. E chissà soprattutto che tipo di animali popolerà il mondo, nel momento in cui la sua compagine crollerà: soprattutto, speriamo che la fauna prevalente sia costituita a quel punto da piccoli lombrichi mangia-arsenico e mangia-petrolio, e non dai terrificanti mostri del pianeta Dune. Nel dubbio, forse è meglio se ci estinguiamo prima.

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