[08/10/2008] Aria

Usa: ogni 88 dollari per le guerre ce n´è 1 per il clima

FIRENZE. La spesa militare degli Stati Uniti per il 2009 si assesterà sui 612 miliardi di dollari, come approvato recentemente dal Congresso. Di essi, è previsto che 515 vadano al Pentagono, costituendo così un aumento del budget del dipartimento della Difesa di circa il 74% dall’entrata in carica dell’amministrazione Bush nel 2001. Lo riporta oggi Manlio Dinucci sul “Manifesto”, aggiungendo che se le spese del Pentagono aumenteranno in corso d’opera, come spesso avviene, è probabile che a fine anno la spesa militare annua avrà superato i 700 miliardi del “piano di salvataggio finanziario” predisposto dall’amministrazione repubblicana. Si tratta di una spesa militare «equivalente a circa la metà di quella mondiale».

La notizia è da porre in relazione con quanto si può leggere nel dossier ambiente dell’edizione on-line della rivista “Time”. In esso è riportato un articolo di Bryan Walsh uscito nello scorso aprile, riguardante tra le altre cose il confronto tra le risorse messe a disposizione del Pentagono e quelle investite per contrastare il surriscaldamento globale.

Se nella prima guerra del Golfo (1990-91) la fornitura di carburante necessaria alle truppe si aggirava sui 4 galloni al giorno per singolo soldato, nel 2006 questo valore – si legge su “Time” - era cresciuto fino a 16 galloni/soldato/giorno: il motivo sta nell’aumento del numero di mezzi impiegati nel combattimento e nella logistica, e soprattutto nel sempre maggiore utilizzo di dispositivi tecnologici energivori. Dati provenienti da una ricerca che la Cna corporation (centro studi fondato dal Pentagono) ha prodotto l’anno passato, e che evidenziava anche come mentre nel 1990 la dipendenza degli Usa dal petrolio d’importazione si aggirava intorno al 40%, questo valore era salito al 60% a fine 2006.

Il problema principale sta in quella che Thomas Friedman ha definito sul NY Times come la «prima legge della petro-politica»: importando petrolio, con costi sempre maggiori anche a causa dell’aumento del prezzo dell’idrocarburo stesso, si sostengono quei regimi autoritari basati sull’export di petrolio, come l’Iran.

Negli ultimi anni, quindi, l’esercito americano ha cominciato a sviluppare soluzioni tecnologiche finalizzate a diminuire l’ingordigia di petrolio dell’apparato bellico: il generale della Marina Richard Zilmer, secondo “Time”, ha richiesto l’adozione di «fonti di energia rinnovabile, come pannelli solari e turbine eoliche, in modo che i soldati possano produrre energia in loco e ridurre la necessità di vulnerabili convogli per il carburante». E non manca l’efficienza energetica: «irrorando le tende con una schiuma adesiva che chiude ermeticamente i buchi, gli ingegneri del Genio hanno ridotto lo spreco energetico nei campi del 50%», mentre per le basi fisse l’esercito ha decretato che le nuove costruzioni in esse contenute dovranno essere caratterizzate dal massimo grado di efficienza energetica.

Alla fine è abbastanza evidente come, se proprio le macchine e gli apparati bellici sono indispensabili, tanto vale che essi siano alimentati con energie rinnovabili e non con combustibili fossili. Quanto riportato va quindi considerata una “buona notizia”, anche perchè è notorio che la ricerca civile statunitense (e mondiale) tende spesso a percorrere strade aperte dalla ricerca militare. Ciò che lascia stupefatti è però il confronto economico tra le spese belliche e quelle per ora destinate al contrasto degli effetti del surriscaldamento globale: è citata una ricerca condotta dall’institute for Policy studies sull’anno fiscale 2008 per cui «per ogni dollaro speso da Washington per il Climate-change, 88 dollari sono destinati alla difesa».

Per quanto riguarda invece il budget per la ricerca, è riportato che «per ogni dollaro investito nella ricerca sulle tecnologie correlate al clima, 20 dollari sono spesi nello sviluppo di nuovi sistemi di difesa».

Nell’ultimo anno gli Usa hanno quindi speso per l’esercito una cifra 88 volte superiore a quella destinata a contrastare o difendersi dal surriscaldamento globale, e destinato alla ricerca militare risorse 20 volte superiori a quelle investite nella ricerca sul clima. Niente di strano, poichè agli occhi della popolazione – è la conclusione - «il Global-warming rimane una minaccia molto più difficile da percepire rispetto a dei terroristi solitari o ad uno stato-canaglia».

Torna all'archivio