[08/10/2008] Parchi

Caccia, pronti due disegni di legge per implementare tempi e specie

LIVORNO. L’Italia ha un legge sulla caccia, la 157/1992 considerata la più permissiva d’Europa da chi ha un approccio più oltranzista verso questa attività, un compromesso accettabile e un punto di equilibrio avanzato tra associazioni venatorie, agricole ed ambientaliste, per chi ha una posizione più dialettica. Ma il futuro potrebbe portare una brutta sorpresa ad entrambi. E’ infatti in discussione alla Commissione ambiente del Senato una proposta di legge, frutto di due disegni di legge presentati dallo schieramento del Pdl: uno a firma del senatore Domenico Benedetti Valentini, l´altro dei senatori Valerio Carrara, Laura Bianconi e Franco Asciutti.

Il testo prevede nei fatti una controriforma della legge 157 e consentirà di aggiungere alla attuali 48 specie cacciabili tra uccelli e mammiferi, quattro nuovi volatili: peppole, fringuelli, corvi e cormorani, tutte specie tutelate dalla direttiva 409 di Bruxelles. Si allungherà la stagione venatoria dagli attuali 5 mesi a 7, ovvero si potrà cominciare a cacciare ad agosto, quando ancora il periodo della riproduzione per molti non si è ancora concluso, e si finirà a fine febbraio, colpendo i migratori protetti dall´Europa.

Infine si garantirà il nomadismo dei cacciatori permettendo loro per 15 - 30 giorni (a seconda del disegno di legge) di sconfinare in territori nei quali non sono residenti. Possibilità già di fatto garantita in alcune regione grazie ad un accordo fatto tra di loro.
Attualmente la legge prevede infatti che la caccia sia vincolata al territorio di residenza, per evitare che la concentrazione in una determinata area determini una pressione squilibrata sul territorio e sulla fauna.

«Con queste proposte - dice Antonino Morabito, responsabile Fauna di Legambiente - si cerca di ottenere ‘licenza di uccidere’, senza nessuna conoscenza e nessun legame col territorio; partono dalla stessa frangia venatoria che nelle settimane scorse ha chiesto al ministro dell´Ambiente di presentare un decreto che rinviasse l´obbligo di utilizzo dei pallini di acciaio nelle cartucce in sostituzione di quelli di piombo, nonostante il pesantissimo inquinamento delle falde idriche causato da questo metallo e il numero elevatissimo di uccelli acquatici che muoiono avvelenati».

C’è da dire che in molte regioni, la possibilità di legiferare in materia ha portato ad allargamenti della maglia, a dimostrazione del fatto che il tema è di quelli che raccolgono consensi bipartisan.
Già si era operato permettendo il nomadismo dei cacciatori, con un accordo tra Toscana, Umbria e Marche. La Liguria e anche la Toscana hanno una procedura d’infrazione per l’ampliamento delle specie cacciabili protette dall’Unione europea, quali la peppola e il fringuello. E in Liguria hanno recentemente aggiunto anche una legge, voluta dalla Lega ma votata anche dai consiglieri del Pd, che accorcia da 10 a 3 gli anni di tempo da lasciare trascorrere da un incendio e la possibilità di tornare a sparare nei boschi.

«La politica filovenatoria dell´Italia è già stata condannata ben 4 volte dalla Corte di Giustizia europea. La legge Berlusconi - La Loggia n.221 del 2002 attribuisce alle regioni la facoltà di autorizzare le cacce tradizionali anche se vietate in tutta Europa, permettendo in tal modo l´uccisione di specie protette, come passero, passera mattugia, storno, peppola e fringuello, tutti uccelli che pesano meno della cartuccia utilizzata per ucciderli...» si legge sul sito Lupus in Fabula.

«Se questi ddl passassero - ha dichiarato Roberto Della Seta, capogruppo del Pd in commissione Ambiente del Senato - l´Italia si ritroverebbe isolata dal contesto normativo europeo e si vanificherebbe il lavoro prezioso di dialogo, confronto, spesso di collaborazione tra mondo venatorio, comunità scientifica, ambientalisti, organizzazioni agricole che ha consentito di sottrarre il tema della caccia a una guerra di religione e di farne un buon esempio di politiche condivise e positive».

La discussione si avvia ad essere quindi riaperta, ma Legambiente mette le mani avanti: «Se dal mondo venatorio italiano non venisse forte uno stop a queste follie per avviare il confronto e la concertazione con ambientalisti e agricoltori - dichiara ancora Morabito - gli spazi per il dialogo tra i diversi attori si ridurrebbero drasticamente».

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