[07/10/2008] Comunicati

Nicholas Stern: «Un investimento sostenibile per uscire dalla crisi»

FIRENZE. In occasione della presentazione del Centre for Climate change economics and Policy, ente di ricerca sul clima associato alla London school of Economics, Nicholas Stern torna ad ammonire la società britannica e l’intero mondo globalizzato sui rischi di una inazione davanti al global-warming, ma soprattutto insiste sulle opportunità di sviluppo che sono insite nell’allarme climatico, e nella stessa attuale fase di crisi economica e finanziaria.

La notizia è riportata dall’edizione di ieri del “Guardian”. «Dobbiamo uscire da questa fase, e dobbiamo creare opportunità di crescita per un investimento sostenibile a lungo termine». Quello dell’efficienza energetica, delle rinnovabili e delle altre industrie a basso utilizzo di carbonio è «un settore che sembra poter crescere con forza, e con il giusto supporto potrebbe diventare uno dei principali motori della crescita» - ha dichiarato ieri l’economista autore del famoso Rapporto del 2006, in cui sosteneva che investendo l’1% del Pil annuo era possibile ridurre la crescita dei gas climalteranti senza troppi danni al sistema economico e sociale, mentre il costo dell’inazione poteva aggirarsi dal 5 al 20% del Pil, una volta che il tasso di CO2 equivalente in atmosfera avesse raggiunto valori troppo alti.

Stern, tra l’altro, è recentemente ritornato sui calcoli effettuati, rivedendoli al rialzo – come raccontato dallo stesso “Guardian” lo scorso 26 giugno - in conseguenza della velocità di manifestazione del Global-warming, precedentemente sottostimata. Se nel 2006 l’obiettivo era restare sotto i 450-550 ppm di CO2 nell’atmosfera (attualmente la concentrazione è di circa 430 ppm, in crescita di 2 ppm l’anno), traguardo perseguibile investendo – appunto – l’1% del Pil, nuovi calcoli hanno portato alla definizione di una nuova soglia da non superare: adesso occorre, secondo gli ultimi calcoli, porsi l’obiettivo di rimanere necessariamente sotto i 500 ppm, cosa che comporta l’investimento non più dell’1, ma del 2% annuo del Pil. Questo risultato è ottenibile, secondo Stern, riducendo le emissioni globali della metà entro il 2050.

E veniamo all’oggi: secondo i nuovi obiettivi indicati dall’economista inglese, i paesi sviluppati dovrebbero giungere a riduzioni dell’80-95%, mentre ai paesi emergenti come India e Cina dovrebbe essere sottoposto un «impegno a impegnarsi» a ridurre le emissioni, possibilmente entro il 2020. Entro il 2050, le emissioni annue pro-capite dovrebbero ridursi a 2 tonnellate di CO2 equivalente, contro le attuali 10-12 tonnellate dei paesi sviluppati, 5 della Cina, 1,5-2 dell’India.

«Le emissioni medie dei paesi in via di sviluppo dovranno essere di 2 tonnellate pro-capite entro il 2050, se la media mondiale è 2 tonnellate, perchè in questi paesi vivranno 8 dei 9 miliardi di persone totali» ha aggiunto Stern. Riguardo a questi aspetti «esistono due tipi di pericoli: uno è che le persone possono concentrarsi solo su un limitato numero di problemi allo stesso tempo, e il secondo è che la gente sarà sensibile alla crescita dei prezzi, e questi andranno governati con attenzione. C’è un problema» - ha chiosato - «esso necessita di leadership».

La domanda è, però, a quale tipo di “leadership” si riferisca Stern. Se intende che nell’attuale fase di crisi (sia climatico/ambientale, sia economico/finanziaria) è necessario ristabilire un governo (o, meglio, una governance) dei flussi di energia e materia che invece oggi latita, ci trova pienamente d’accordo e non da oggi. Se intende che parte della società non è pronta per comprendere che l’allarme climatico e la crisi economica non possono essere affrontati con la solita ricetta, e che occorre una solida leadership globale che affronti il problema e compia le scelte dolorose che però la scienza indica come necessarie e lungimiranti, pure su questo ci trova pienamente d’accordo.

Se, invece, l’economista inglese auspica “semplicemente” una conversione dell’economia basata sui combustibili fossili in direzione di vettori di energia non (o meno) climalteranti, allora sospendiamo il giudizio perchè ancora non abbiamo capito quale sia il vero obiettivo, cioè a quali “vettori non climalteranti” ci si riferisca: il rapporto Stern, che è stato salutato da molte parti come la Magna Charta dell’ambientalismo scientifico-economico, è stato anche interpretato da altri come il veicolo di rilancio del nucleare britannico e mondiale.

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