[07/10/2008] Energia

Rapporto Fao: rivedere le politiche per i biocombustibili

LIVORNO. Non usa mezzi termini il direttore generale della Fao, Jacques Diouf, nel descrivere i motivi per cui sarebbe necessario rivedere le politiche volte alla sostituzione del carburante da petrolio con biocarburante: «Mentre il biofuel conquisterà solo una piccola percentuale dall´uso dell´energia fossile, avrà un impatto molto più ampio sull´agricoltura e la sicurezza dei cibi».

Nel rapporto annuale sullo stato dell´alimentazione e dell´agricoltura, presentato oggi a Roma nella sede delle Nazioni Unite, la Fao boccia le politiche che incoraggiano la produzione e l´uso del biofuel in Europa e negli Usa perché manterranno la pressione sui prezzi del cibo e anzi la spingeranno in alto nei prossimi 10 anni, mentre avranno solo un piccolo impatto sullo svezzamento degli automobilisti dal petrolio.

Se la richiesta di scorte per il biofuel salisse del 30% (rispetto al 2007) entro il 2010 , si legge nel rapporto, si avrebbe un aumento dei prezzi dello zucchero del 26%, del mais dell´11% e degli olii vegetali del 6%. Un costo troppo alto da pagare.

Il dibattito sul biocarburante è cresciuto lo scorso anno quando l´inviato Onu per il diritto al cibo, Jean Ziegler, ha bollato l´uso dei terreni coltivabili per la produzione di biocarburanti come un «crimine contro l´umanità», proprio per il fatto che tolgono spazio al cibo soprattutto per chi a questo cibo non ha accesso. Il rapporto Fao, presentato oggi, usa un linguaggio meno forte, ma ugualmente sottolinea il fatto che il rapporto benefici prodotti, in termini di riduzioni di gas serra, rispetto ai costi, in termini di aumento delle persone a rischio fame, non è scontato e soprattutto non equamente distribuito.

«I biocombustibili presentano opportunità ma anche rischi, l´esito dipende dal contesto specifico del Paese e dalle politiche adottate» ha sottolineato Diouf, con il monito che «le politiche attuali tendono a favorire i produttori di alcuni Stati sviluppati rispetto a quelli della maggior parte dei Paesi in via di sviluppo». Quindi ancora una volta i benefici per i paesi ricchi e i rischi per quelli poveri. La sfida, ha sottolineato il direttore della Fao, «è riuscire a ridurre, o a gestire, i rischi e condividere invece in modo più ampio le opportunità».

Se i Paesi in via di sviluppo riusciranno a trarre beneficio dalla produzione di biocarburanti, sta scritto nel rapporto, «una loro maggiore domanda potrebbe contribuire allo sviluppo rurale».
Ma Jacques Diouf ha sottolineato che «le opportunità per i Paesi poveri potrebbero aumentare se venissero aboliti i sussidi attualmente dati all´agricoltura e alla produzione di biofuel, e le barriere commerciali, che creano un mercato artificiale e al momento servono solo a favorire i produttori dei Paesi Ocse a spese di quelli del sud».

I dubbi sullo sviluppo di biocarburanti, riguardano anche la dimensione ambientale: il rapporto sostiene infatti che «una maggiore produzione di biocarburanti non necessariamente contribuirà a ridurre le emissioni di gas serra così come era sembrato in un primo momento», a costo anche in questo caso di generare altri danni. Il maggiore impatto dei biocombustibili deriverebbe dal cambiamento di destinazione d´uso della terra: «la deforestazione utilizzata per soddisfare la maggiore domanda di prodotti agricoli- ha segnalato Diouf- rappresenta una grave minaccia per la qualità del terreno, per la biodiversità e per l´emissione di gas serra».

Impatti che potrebbero essere ridotti attraverso «criteri di sostenibilità basati su norme stabilite a livello internazionale» ma senza creare nuove barriere commerciali per i Paesi in via di sviluppo. La soluzione potrebbe essere quella di utilizzare come materia prima per produrre biocarburanti legno, piante erbacee e residui agricoli e forestali, su cui però la tecnologia non è ancora del tutto pronta. «Queste considerazioni sembrano offrire motivazioni valide affinché gli investimenti siano indirizzati maggiormente nella direzione della ricerca» ha concluso Diouf, «specialmente verso lo sviluppo delle tecnologie di seconda generazione».

Non resta che aspettare lo sviluppo delle tecnologie per le bioenergie di seconda generazione da cellulosa e piante non alimentari, che promettono riduzione delle emissioni di gas serra e minore impatto ambientale.

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