[02/10/2008] Consumo

La Toscana e la crisi alimentare mondiale

PRATO. L´Agenzia regionale per lo sviluppo e l´innovazione nel settore agricolo e forestale (Arsia) ha organizzato a Prato, nell´ambito del Forum Economia3 organizzato dalla regione Toscana, una tavola rotonda su "Economia del cibo e crisi alimentari" dalla quale è venuto fuori il quadro di una crisi ormai strutturale e che non sembra avere vie di uscita univoche, né a livello locale, né su scala globale. Una crisi che è un intreccio di problemi irrisolti e frutto di errori fatti sia dai Paesi industrializzati che da quelli in via di sviluppo.

L´Arsia è partita dai dati ormai noti degli aumenti mondiali dei prodotti alimentari di base nell´ultimo anno: riso +70%, mais +31%, soia + 87%, e poi gli aumenti dei consumi di carne dei Paesi emergenti come la Cina.
Impressionante il paragone di quanto spendono le famiglie del mondo per il cibo: il 16% del reddito in Usa, il 65% in Vietnam e il 73% in Nigeria.

Queste sono le basi della fame e della penuria di cibo che colpiscono 854milioni di esseri umani, il 12.6% della popolazione mondiale, sono la spiegazione di una miseria che costringe a vivere 982 milioni di persone con un dollaro al giorno. E non basta, l´Arsia spiega che «fra circa 25 anni il petrolio scarseggerà, il problema diventa quello di spostare le derrate alimentari nel mondo visto che consumiamo più di quanto produciamo».

Maria Grazia Mammuccini, amministratore Arsia, è convinta che una situazione del genere non si risolva con soluzioni miracolistiche: «Anche gli Ogm non sono una soluzione, come è dimostrato visto che negli ultimi 10 anni a fronte di una crescita di colture geneticamente modificate non si è assistito ad un aumento delle produzioni. Il prezzo del petrolio sta diventando un peso non più sostenibile per l´agricoltura mondiale e di conseguenza per i produttori. Le tante strade intraprese, dalla filiera corta, ai mercatali, ai gruppi di acquisto solidale, rappresentano buone soluzioni ma da soli non possono cambiare le cose, ci vuole una svolta che coinvolga tutti a partire da ogni individuo portando cambiamenti al proprio stile di vita, fino ad arrivare ai governi con scelte politiche all´altezza delle sfide».

E allora bisogna anche pensare non solo all´ambiente, ma anche all´insalata che mangiamo, visto che quella "comoda", già lavata e pronta da condire costa quattro volte di più di quella non imbustata.

Anche per Andrea Segrè, preside della facoltà di agraria dell´università di Bologna, «Il problema è di mercato, il rapporto fra domanda e offerta si è alterato, non è sostenibile una crescita con questi numeri di consumi. E´ paradossale pensare che nei paesi in via di sviluppo ci sia una percentuale consistente di obesi e nei paesi industriali molte persone che lottano per la sopravvivenza alimentare. Abbiamo esportato un modello di sviluppo sbagliato».

E mentre i consumatori dei Paesi ricchi non acquistano più prodotti prossimi alla scadenza, i poveri aumentano. Per Alessandro Meschinelli, dell´International found for agricoltural development, «L´effetto aumento dei prezzi si traduce in diminuzione di pasti (nei paesi in via di sviluppo) passando da 2 a 1 al giorno, con diminuzione anche della qualità. Inoltre aumenta il valore della terra non più ormai alla portata dei contadini».

Per Cinzia Scaffidi, di Slow Food International, gli Ogm «di certo non nutrono gli affamati della terra», forse sarebbe meglio interessarsi di più e meglio di quanto sta succedendo alle api: «per produrre di più nei campi sono stati utilizzati i neonicotinoidi ed il risultato è stato quello di una riduzione di gran parte della popolazione delle api, dando un colpo mortale alle produzioni apistiche e compromettendo quelle colture che utilizzano le api per l´impollinazione».

La grande distribuzione, una delle fonti dello spreco consumistico, era rappresentata da Franco Cioni, dirigente di Unicoop Firenze, che ha però presentato una realtà toscana fatta di accordi anche con piccoli agricoltori i cui prodotti vanno poi in vendita a marchio Coop, ma che ha preso anche atto delle richieste di un mercato che mostra segni di crisi che non aiutano certo la qualità: «Siamo obbligati a soddisfare le esigenze dei consumatori, quindi con un occhio sempre attento ai prezzi, ma anche sui produttori a cui siamo legati in quanto, essendo radicati nei nostri territori, rappresentano una risorsa fondamentale per il nostro sistema distributivo. Ed è per questo che è nel nostro interesse e di quello dei consumatori che le piccole realtà produttive locali riescano a fare sistema, condizione indispensabile per stare sul mercato».

Il problema del carburante evocato dall´Arsia è già una realtà che spinge in alto i prezzi: secondo Gianluca Brunori, del dipartimento di agronomia e gestione dell´agroecosistema dell´università di Pisa «E´ necessaria un´agricoltura che non dipenda dal petrolio, in Italia anche il ceto medio si sta impoverendo e reclama il diritto alla qualità, che l´attuale modello economico non è più in grado di garantire».

Secondo Natalia Gusmerotti di Coldiretti, «Bisogna incentivare le possibilità di acquisto a "km zero" e avvicinare i consumatori ai produttori, ma di certo non esiste una ricetta unica per uscire da questa crisi alimentare».

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