[30/09/2008] Comunicati

Crisi, piano di salvataggio Usa bocciato e inazione europea e italiana

LIVORNO. Adesso non vale più neppure la regola del “fin qui tutto bene”, perché un po’ a sorpresa e un po’ no il congresso americano ha bocciato il piano di salvataggio da 700 miliardi di dollari proposto da Bush e che era stato accolto favorevolmente, in modo bipartisan, anche dai due candidati premier, Obama e McCain. C’è tempo comunque fino a giovedì per mettere a punto un altro piano che possa ottenere l’avallo di quei democratici e quei repubblicani che ieri hanno detto no (gli uni sostenendo che la vera emergenza è quella dei cittadini che rischiano il pignoramento della casa, gli altri temendo un’improbabile tsunami bolscevico sull’american style).

Fatto sta che ieri tutte le borse mondiali a partire da Wall Street hanno fatto segnare ribassi record, anche se stamani i mercati europei hanno cercato di recuperare o comunque ridurre le perdite, puntando in molti casi sul mercato delle materie prime. Fin qui la cronaca di un crack solo inizialmente finanziario ma che ben presto si è trasformato in un crack politico, con il fallimento della politica Usa e del modello costruito da George w Bush.

Ma appare abbastanza ovvio che prima o poi l’onda lunga della crisi investirà l’Europa e quindi anche l’Italia, dove già oggi a inizio mattinata è stato sospeso e poi riaperto il titolo Unicredit, banca tra le più esposte ai mutui americani.

Nonostante la previsione piuttosto ovvia e più o meno condivisa dagli economisti di tutto il mondo, ciò non sembra suscitare reazioni concrete nel Vecchio Continente, e anzi alle volte c’è la sensazione che qualcuno possa guardare anche con un certo compiacimento alla debacle degli Usa.

L’Europa, intesa come istituzioni europee, non si sta muovendo, non agisce in alcun modo illudendosi forse che aspettando alla finestra la fine della tempesta – ancora illusoriamente distante - possa addirittura vedere passare nel fiume il cadavere del suo nemico. Oppure non può muoversi perchè incapace di raggiungere una minima sintesi sulla direzione in cui muoversi?

La risposta l’Europa sembra delegarla ai governi locali, che per ora nicchiano, in qualche caso annunciano, in rari casi prendono decisioni: per contrastare l´ondata di panico nel settore finanziario il governo irlandese ha per esempio deciso di assicurare la garanzia dello stato su tutti i depositi bancari. Il provvedimento è stato annunciato dal ministro delle Finanze, Brian Ienihan dopo che ieri i titoli di 6 banche irlandesi hanno subito la peggiore perdita giornaliera da 20 anni si tratta di Allied Irish banks, Bank of Ireland, Anglo Irish Bank, Irish Life and Permanent, Irish Nationwide Building Society e Education Building Society. Non è probabilmente casuale che accada in Irlanda, il paese che forse più di ogni altro ha beneficiato dell’ingresso nell’Eu e che ha conosciuto in questi anni una crescita vertiginosa e spregiudicata, quasi statunitense.

In Italia per il momento ci sono gli annunci, quelli del ministro Tremonti, che stamani ha riunito il Comitato per la salvaguardia della stabilità Finanziaria, formato da Vittorio Grilli, direttore generale del Tesoro, Mario Draghi, governatore della Banca d´Italia, Lamberto Cardia, presidente della Consob e Giancarlo Giannini, presidente dell´Isvap .

Sempre Tremonti con un intervento sul Corriere della sera di domenica, ha annunciato che il governo italiano ha una sua proposta: trasformare il G8 in G14, facendovi entrare la Cina, l´India, L´Africa del Sud, Messico, Brasile. In realtà il tema di fondo non sono - solo- regole funzionanti (e queste non hanno funzionato) che smistino il traffico del mercato. Il problema di fondo è orientare il mercato verso la sostenibilità. Perché se anche la locomotiva riprendesse, con nuove regole, a correre, essa correrebbe esattamente dove è attualmente diretta, ovvero verso il baratro dell´insostenibilità.

Difficilmente potremmo aspettarci questo da Tremonti e dal suo governo, dove neppure l’intreccio tra ecologia ed economia appare affacciarsi nella testa dei nostri politici, né della maggioranza né se, non in rari casi, tra coloro che sono all’opposizione, parlamentare e non.. L’Italia quindi sembra ancora una volta rispondere alla crisi con (gli annunci) di grandi opere, siano esse ponti sugli stretti, oppure «la valorizzazione degli idrocarburi nazionali su cui sediamo: almeno un miliardo di barili» sempre per usare le parole di Scajola, o infine centrali nucleari - come quella che ancora una volta il ministro ha ripetuto che sarà in costruzione entro la legislatura – supportata come ha spiegato il vicepresidente di Confindustria Antonio Costato prima da un serio piano di comunicazione «per allargare il consenso anche in termini di convenienza diretta delle popolazioni», poi da un sistema «di aste bandite dopo aver definito in numero ridondante i siti adatti». Se poi qualcosa va storto, chiosiamo noi, ci sarà sempre l’esercito su cui contare.

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