[29/09/2008] Energia

Unione europea e sostenibilità degli elettrodomestici

LIVORNO. Il “sole 24 ore” di oggi rilancia una notizia importante per i flussi di materia ed i flussi di energia. Anche se non se ne è parlato molto, dal 2005 esiste una norma comunitaria che mette ordine e fa chiarezza nel concetto di compatibilità ecologica degli elettrodomestici.

Infatti nonostante la precedente emanazione di altre importanti direttive specifiche (esempio la 2002/96/EC sui Rifiuti d´apparecchi elettrici ed elettronici, nota come direttiva WEEE, oppure la 2002/95/EC sulla Limitazioni nell´uso di determinate sostanze pericolose negli elettrodomestici, conosciuta come Direttiva RoHS) e normative più generiche (su tutte basti pensare la creazione dei marchi di qualità ecologica Ecolabel o la certificazione dei sistemi di gestione ambientale Emas), si era sentita la necessità di stabilire con precisione quale strumento elettrico o elettronico ad uso domestico potesse fregiarsi veramente del titolo di “ecologico”.

Questo vuoto normativo è stato quindi colmato con la Direttiva 2005/32/CE (nota come Direttiva EUP) recepita in Italia con D.Lgs n. 201 del 6 Novembre 2007, per la creazione di un quadro sull´eco design delle apparecchiature utilizzanti energia, da quella elettrica a quella fossile. Lo scopo commerciale è quello di evitare che le differenze nelle legislazioni degli Stati membri abbiano delle conseguenze nel commercio interno (le lavatrici prodotte in X costano meno di quelle prodotte in Y perché in X i prodotti possono inquinare più, mentre in Y non possono).

Lo scopo ecologico è quello di ridurre l’impatto ambientale della produzione e dello smaltimento, che si stima essere l’80% del totale. (La lampadina può anche consumare poco, ma se per produrla e per smaltirla serve più energia di quella risparmiata in fase di utilizzo, allora l’oggetto non è veramente ecologico). Tra gli effetti previsti c’è un vantaggio selettivo per i fornitori di componenti che potranno certificare prima di altri la bontà dei loro manufatti. Questo dovrebbe favorire lo sviluppo di “filiere verdi”.

Mentre l’Ecolabel si rivolge a una serie diversificata di prodotti (dalle calzature ai detergenti, dalla carta ai materassi), la direttiva EUP si rivolge esclusivamente ai costruttori d´apparecchiature che funzionano elettricamente o d´impianti di generazione d´energia, di trasporto (esclusi i mezzi a motore a scoppio), di misura. In particolare la priortà va a quei componenti che hanno alte potenzialità di riduzione dei gas serra: stufe elettriche e boiler, motori elettrici, illuminazione, elettrodomestici, macchine per ufficio, elettronica di consumo e condizionatori estivi che in fase di progettazione (eco design) devono tenere conto di determinati requisiti (i requisiti specifici di prodotto sono dei valori limite su alcuni parametri ambientali significativi come ad esempio l´efficienza energetica, il consumo di acqua, ecc e i requisiti generici sono requisiti che riguardano le prestazioni ambientali del prodotto nel suo complesso, senza fissare valori limite) e prendere quindi in considerazione l’intero ciclo di vita dell’oggetto (life cycle assessment).

In Cina hanno battezzato questa direttiva “la terza barriera verde”, ovviamente considerandola un ostacolo alle loro esportazioni nel nostro mercato (le prime due barriere verdi sono appunto la WEEE e RoHS). Ye Puchang, dalla cinese Feiyou che produce strumenti di misura, spiega come le nostre leggi avranno effetto sulla sua ditta: “E’ la prima volta che prendono in considerazione il ciclo di vita del prodotto”, dall’energia usata per costruirlo, alla quantità di rifiuti che si porta dietro. Questo farà aumentare i costi della materia prima (che deve essere sostenibile), del design (occorre spremersi le meningi per progettare in modo ecologico), occorre poi fare dei test, produrre documentazione…

Sempre per rimanere in tema di eco design, quello che forse non tutti sanno è che non sempre i nuovi prodotti tecnologicamente avanzati sono anche “di per se” più ecologici rispetto a quelli che vanno a sostituire (per obsolescenza o per puro senso estetico). Ne sono un esempio lampante i televisori di ultima generazione: mentre i classici schermi crt (cioè con tubo catodico) consumano mediamente (a parità di dimensione del video) 198,5 watt l’ora, quelli lcd (con schermo piatto) arrivano a 211,1 watt/ora e quelli al plasma addirittura a 263,9 watt/ora (per non parlare che quest’ultimi non hanno quasi mai neppure il tasto di spegnimento totale, quindi rimangono sempre in stand by…).

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