[25/09/2008] Consumo

Economia: il futuro è nel lavoro ´verde´

LIVORNO. Mentre il ministro italiano per le politiche europee, Andrea Ronchi, va in missione diplomatica per chiedere all´Ue che all´Italia sia concesso di non rispettare il pacchetto "20-20-20" su energia e cambiamenti climatici che rovinerebbe l´industria e l´economia italiana già in crisi, il nuovo rapporto "Green Jobs: Towards Decent work in a Sustainable, Low-Carbon World" dimostra esattamente il contrario: «gli sforzi per affrontare il cambiamento climatico potrebbero comportare la creazione di milioni di nuovi posti di lavoro "verdi" nei prossimi decenni. Il mutamento dei modelli di occupazione e gli investimento derivanti dagli sforzi volti a ridurre il cambiamento climatico ed i suoi effetti stanno già generando nuovi posti di lavoro in molti settori ed economie, e potrebbero crearne milioni in più sia nei Paesi sviluppati che nei paesi in via di sviluppo».

A dar torto alle paure di Ronchi e del governo italiano non è una banda di ambientalisti luddisti o qualche fan della decrescita, visto che il ponderoso rapporto è firmato dall´International labour organization (Ilo), dall´International trade union confederation (Ituc), dall´United Nation environment programme (Unep) e dall´International organization of employers (Ioe).

La relazione, curata dal Worldwatch institute, con l´assistenza tecnica del Global labour institute della Cornell university, rivela anche che il cambiamento climatico già in atto continuerà ad avere effetti negativi sui lavoratori e le loro famiglie, in particolare per quelle la cui sussistenza dipende da agricoltura e turismo. e che «L´azione per contrastare il cambiamento climatico, nonché per far fronte ai suoi effetti, è quindi urgente e dovrebbe essere progettata in modo da generare posti di lavoro dignitosi».

Anche se le grandi federazioni sindacali e imprenditoriali mondiali e l´Unep sono ottimiste sui nuovi posti di lavoro generati dalla lotta al climate change, avvertono che molti di questi potrebbero essere «sporchi, pericolosi e difficili». Preoccupazioni che riguardano soprattutto (anche se non solo) le economie in via di sviluppo e che includono l´agricoltura e il riciclaggio dei rifiuti e delle materia, basati spesso su basse retribuzioni, lavoro precario, esposizione a sostanze pericolose per la salute. Cose che «devono cambiare rapidamente».

Purtroppo i lavori "verdi" vengono creati meno nei Paesi più vulnerabili, in particolare per «Il miliardo e 300 milioni di lavoratori poveri (43% della forza lavoro globale) nel mondo hanno profitti troppo bassi per per sollevare loro ed i loro familiari a carico dalla soglia di due dollari pro-capite al giorno, o per i previsti 500 milioni di giovani che saranno in cerca di lavoro nei prossimi 10 anni».

Il green jobs riduce l´impatto ambientale delle imprese e dei vari settori economici a livelli sostenibili. La relazione si concentra sui posti di lavoro "verdi" nell´agricoltura, nell´industria, nei servizi e nell´amministrazione che contribuiscono a preservare o ripristinare la qualità dell´ambiente e chiede l´adozione di misure che garantiscano un lavoro dignitoso, che aiuti a ridurre la povertà, tutelando allo stesso tempo l´ambiente.

«Lo stesso cambiamento climatico, l´adattamento e gli sforzi per arrestare e ridurre le emissioni possono avere implicazioni economiche e sociali di di vasta portata per i modelli di produzione e consumo e quindi per occupazione, redditi e riduzione della povertà - dice il rapporto - Queste implicazioni contengono in sé sia i principali rischi che le opportunità per la gente in tutti i Paesi, ma soprattutto per i più vulnerabili nei Paesi meno sviluppati e nei piccoli Stati insulari».

Il rapporto chiede una "just transitions" per chi potrebbe essere colpito dalle trasformazioni innescate dalla "green economy" e per chi deve adattarsi ai cambiamenti climatici, attraverso l´accesso ad alternative economiche ed alle opportunità di lavoro per imprese e lavoratori.

Secondo l´accordo la via della ritrosia scelta dal governo italiano non sembra proprio quella giusta: «Un significativo dialogo sociale tra governo, lavoratori e datori di lavoro sarà essenziale non solo per alleviare le tensioni, informare e supportare meglio una coerente politica ambientale, economica e sociale, ma tutte le parti devono essere coinvolte nello sviluppo di tali politiche».

Il documento afferma che «un´economia sostenibile non può più esternalizzare costi ambientali e sociali. Il prezzo che la società paga per le conseguenze di inquinamento o cattiva salute, per esempio, devono riflettersi nei prezzi pagati sul mercato. I posti di lavoro "verdi" devono quindi essere un lavoro dignitoso».

Unep, sindacati e imprenditori raccomandano per il futuro una serie di percorsi più sostenibili per orientare investimenti a basso costo, misura che dovrebbero essere adottate subito e che comprendono: valutazione del potenziale dei green jobs e il monitoraggio dei progressi compiuti nel quadro di una politica di investimenti; affrontare il problema dell´attuale "collo di bottiglia" che riguarda le competenze disponibili e le esigenze reali, perché possano davvero essere impiegate tecnologie e risorse per investimenti che possono essere impiegati in maniera efficace solo con imprenditori e lavoratori qualificati; assicurare che il contributo alla riduzione delle emissioni di gas serra da parte delle singole imprese e dei settori economici sia sostenuto da una gestione delle iniziative volte a creare loghi di lavoro "verdi".

Il rapporto "Green jobs" rivela che i green markets hanno ottenuto i migliori risultati e innescato trasformazioni virtuose là dove «vi è stato un forte e costante sostegno politico al più alto livello, inclusi target, penalizzazioni e incentivi, come feed-in laws e standard di efficienza per edifici e macchinari che siano utili per la per la ricerca e lo sviluppo».

Il rapporto sottolinea che «l´approvazione di un nuovo, profondo e decisivo accordo sul clima, quando i Paesi si incontreranno nel cruciale climate convention meeting dell´Onu a Copenaghen alla fine del 2009, sarà fondamentale per accelerare la crescita di posti di lavoro verdi».

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