[24/09/2008] Comunicati

Liberismo o statalismo? Basta, diamoci strumenti e governance per la sostenibilità!

LIVORNO. A guardare al dibattito in corso all´Assemblea generale dell´Onu – di cui sui giornali non se ne dà inspiegabilmente quasi notizia - c´è da trasecolare: al centro ci sono la crisi alimentare ed energetica, ma soprattutto le turbolenze di banche e finanze. Il linguaggio che si parla è quello "statalista", dell´intervento pubblico e del governo dell´economia e dei problemi globali, una specie di neo-rigido-dirigismo... peccato che ad invocarlo siano spesso gli stessi che aborrivano l´intervento pubblico fino a poche settimane fa, che teorizzavano la ritirata dello Stato in un cantuccio poco visibile ed ingombrante da dove garantisse le mani libere ad un libero mercato miracoloso che avrebbe arricchito il mondo, sfamato i poveri e "sistemato" l´ambiente con qualche trovata tecnologica.

Una ubriacatura liberista che in Italia è arrivata fino all´abolizione del reato di falso in bilancio come timbro del liberi tutti rinnegato oggi perfino da Giulio Tremonti, uno degli stessi inventori. Ora Nicolas Sarkozy (che a dire il vero rappresenta un Paese in cui l´intervento statale ha una forte tradizione) invoca una governance economica mondiale ( cui, del resto, aveva alluso anche il suo predecessore), un summit sulla crisi finanziaria e l´allargamento del G8 alle 5 0 6 economie emergenti (Sudafrica, Brasile, Cina, India e Messico), mettendo in un cantone la proposta Usa di buttare fuori dal G8 la Russia per la guerra osseto-georgiana e dicendo addirittura di «accarezzare l´idea di uno spazio economico comune che unisca la Federazione Russa e l´Europa».

Il segretario generale dell´Onu Ban Ki-moon ha ricordato che la crisi è l´effetto di un «deficit di leadership mondiale» e il presidente dell´Assemblea generale, il sandinista ed ex prete cattolico nicaraguense Miguel d´Escoto Brokmann, ha detto ai potenti del mondo: «Rimpiazziamo l´individualismo e l´egoismo con la solidarietà». Capi di Stato e di governo fino a ieri instancabili cantori del turboliberismo hanno preso la parola per denunciare «cupidigia», «economia da casinò», «effetto jazz», «euforia speculativa» come le cause della crisi finanziaria che si è cibata della crisi ecologica e sociale del pianeta. E il più strenuo difensore, anche manu militari, del liberismo, l´ormai quasi ex presidente Usa George W. Bush, ha confermato il più pesante intervento statale del dopoguerra sull´economia americana stremata e terrorizzata dalla messa in opera delle teorie neocon e del liberissimo mercato compassionevole.

E´ stato fin troppo facile per la presidente peronista dell´Argentina, Cristina Fernández Kirchner, prendere per i fondelli l´ex intoccabile padrone americano ricordandogli che «l´intervento pubblico più formidabile è preso in considerazione oggi dai cantori della deregulation» e a nome dei Paesi che hanno sofferto negli anni ´90 per l´applicazione dei precetti del "Washington consensus" dei Chicago boys, ha reclamato la riforma delle istituzioni finanziarie internazionali, a cominciare da quella dell´odiato Fondo monetario internazionale che ha messo spietatamente in atto quella ricetta confezionata a Washington e cucinata alacremente in tutte le cancellerie occidentali, Francia ed Italia comprese.

Il presidente brasiliano Luiz Inácio Lula da Silva è stato ancora più preciso, chiedendo la messa a punto di meccanismi di prevenzione e controllo: «L´economia è una cosa troppo seria per essere lasciata nelle mani degli speculatori». Ma era stato Ban Ki-moon a mettere nel suo discorso introduttivo i ricchi ed i poveri davanti ad una situazione mondiale fatta di crisi finanziarie, energetica ed alimentare ed ha ricordare a chi oggi richiama alla responsabilità che i colloqui avviati per riformare il commercio internazionale sono falliti ancora una volta. «Abbiamo assistito - ha detto - a nuove eruzioni di violenza e di conflitti armati ed all´apparizione di una nuova retorica dello scontro, mentre i cambiamenti climatici minacciano più che mai il nostro pianeta. Abbiamo spesso detto che problemi mondiali esigono soluzioni mondiali. Il segretario dell´Onu ha poi posto il problema al quale tutti girano intorno: quello di una crisi di nuovo tipo che sfida alla realizzazione di una vera leadership mondiale e alla nascita di nuove potenze e di nuovi centri di potere che stanno emergendo e che mettono in crisi sia la potenza globale americana (sempre più ridotta a forza di polizia planetaria) che l´egemonia occidentale.

Un nuovo ordine mondiale magmatico, caratterizzato da problemi sempre più complessi e nel quale secondo Ban «le sfide alle quali facciamo fronte possono rivelarsi dei vantaggi sia per la collaborazione che per il confronto, per questo le Nazioni non possono più proteggere i loro soli interessi, o promuovere il benessere dei loro popoli, senza stabilire dei partenariati con il resto del mondo».

Alla speranza per un rinsavimento da choc finanziario si contrappone una situazione mondiale dove esiste un forte pericolo che, nonostante le belle parole, la crisi si ripercuota sui più deboli, con un ritorno indietro per il timido sviluppo iniziato in alcuni Paesi poveri e una chiusura egoistica che determinerebbe la fine della condivisione delle briciole della crescita mondiale, con tre pilastri della convivenza planetaria sempre più vacillanti: sviluppo, diritti umani, pace e sicurezza, anche ambientale.

Infatti Ban Ki-moon ha chiesto di ridare slancio agli impegni riguardanti i cambiamenti climatici: «A 14 mesi da Copenaghen, il primo test sarà la riunione di Poznań, in Polonia, dove sarà possibile farsi un´idea comune della forma che potrà prendere un accordo mondiale sui cambiamenti climatici destinato a succedere al Protocollo di Kyoto, che termina nel 2012». Aggiungiamo poi, per conoscenza, che ieri Gordon Brown per ritrovare un po´ di consensi ha detto di volere: «Un nuovo ordine in cui Stati e mercati siano al servizio della gente».

L´ubriacatura liberista se per qualcuno semmbra finita, per altri trova nuovi argomenti ( c´è la crisi? ecco dimostrato che il liberismo funziona!). Ma la cosa più macroscopica fra i folgorati sulla via di Tremonti, è che a dirlo, appunto, siano gli stessi barman che ci hanno fornito questo cocktail fortemente alcolico ed euforizzante fatto di soldi virtuali ed economia criminale, di speculazione sulla pelle dei poveri del mondo, di rapina delle risorse, di dissipazione dell´ambiente e della biodiversità. Tema questo che, almeno Giorgio Ruffolo oggi su Repubblica (“La crisi morale del capitalismo”) incrocia con i disastri finanziari sostenendo che: «Negli ultimi venti anni è proprio l’allocazione delle risorse dell’economia guidata dai mercati finanziari che si è tradotta in termini reali in un aumento delle disuguaglianze e in una devastante pressione sulle risorse naturali: in direzione opposta ai bisogni reali dell’umanità».

Ma il punto, come dicevamo, è che ora sono gli stessi barman di cui sopra a volerci somministrare pure il dopo sbornia, dichiarandosi pronti a sostituire la mistura venefica che ha drogato l´economia mondiale con una salutista bevanda verde-rosa che rimetta in sesto corpi, spiriti e menti e faccia però ripartire il treno della crescita esattamente nella stessa direzione di prima. Se è vero che quel che manca è una leadership mondiale è sempre più evidente che manca anche un´alternativa politica e morale a chi ha portato il mondo sull´orlo di una crisi epocale.

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