[22/09/2008] Consumo

Il sonno della ragione

FIRENZE. Indicatori, centri di ricerca accreditati, stampa specializzata, le cose che si vedono tutti giorni, se si vogliono vedere - a meno di non ridurre la realtà ad una onirica illusione dove tutto va bene e quel “poco che non va” è colpa dei “comunisti” - ci dicono che gli effetti dei cambiamenti climatici sono ambientalmente catastrofici, socialmente ed economicamente minacciosi.
Più si va avanti, facendo finta di niente, e più il tonfo del risveglio (crisi climatiche già in corso, crisi energetiche che si preparano, finanza globale in crisi verticale, recessione economica già in atto, minacce all’occupazione) sarà traumatico, ma poi verrà una ripresina e tutto verrà dimenticato fino al disastro prossimo venturo.

Per un paese a democrazia debole come l’Italia, i rischi saranno ancora peggiori, e mentre negli Usa si sta tornando sotto nuove forme a un interventismo di stato sempre più ampio e costoso a scapito dei contribuenti, che pagano salato il conto della “illusione” neoliberista (non i pochi nababbi arricchitisi con cifre da capogiro) che imperversava dagli anni ’90 del secolo scorso, in Italia assistiamo al tatcherismo di ritorno della maggioranza (con 30 anni di ritardo) che, come l’analfabetismo, è indice di degrado civile.

Di fronte al cambio radicale delle ragioni di scambio mondiali, della distribuzione internazionale dei capitali, della ricchezza, della ricerca e del lavoro, sarebbe necessario e urgente riattivare una volontà/capacità “pubblica” di trasformare il sistema economico secondo principi che tengano conto del cambiamento climatico dovuto all’economia del carbonio, dei costi ad essa associati, delle enormi disparità sociali, dei costi della finanza “canaglia”.

Ciò significherebbe, prima di tutto, saggiamente (ma chi e dove?), e con minor rischio, ridurre i tassi di crescita in termini di consumi energetici ed emissioni di gas serra attraverso una serie di misure progressive, come standard più rigorosi per i combustibili, un migliore impiego della tecnica, consentire a nuove tecnologie di sostenere un livello più contenuto di domanda energetica. Ridurre le emissioni significa, come propone in termini di azione pubblica consapevole il Libro verde Ue, stabilire obiettivi, prevedere scadenze, fissare limiti per ogni paese, regolare meccanismi del mercato quali le contrattazioni sul carbonio, rendere obbligatorie le riduzioni delle emissioni ed eventualmente penalizzare i paesi inadempienti come si fa in ambito finanziario e di bilancio con il Patto di stabilità.

Per quanto attiene al mercato delle emission trading, occorre colpire comportamenti che tendano ad acquisire diritti di emissione investendo capziosamente risorse in carbon sinks nel III e IV mondo. Questa logica perversa non fa che vanificare lo spirito autentico del Protocollo di Kyoto anche se va detto che il protocollo stesso, nella sua lacunosità, consente distorsioni gravi.

Ciò è tanto più necessario perché il passaggio da una economia energetica ad un’altra, come da legno a carbone e da carbone a petrolio, non può essere assicurata dal solo mercato; il mercato è una istituzione irresponsabile socialmente mentre il tempo di una riconversione che assicuri il cambio di economia senza gravi ripercussioni sociali e politiche e l’abbattimento delle emissioni di carbonio al fine di stabilizzarle, almeno, a oggi entro il 2020, scarseggia. A differenza delle volte precedenti manca una risorsa naturale che sia sfruttabile con livelli tecnologici relativamente “limitati” (come la combustione del petrolio). Al contrario occorrono elevati livelli di ricerca, tecnologie raffinate e ingenti investimenti per la riconversione.

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