[19/09/2008] Comunicati

Le borse, le banche, la crisi...e se investissimo per far sparire la fame?

LIVORNO. La crisi che scuote e polverizza banche e borse e scaraventa fuori di casa migliaia di americani che cominciano a capire cosa voglia dire per un Paese vivere al di sopra delle proprie possibilità, è già passata come un monsone speculativo preventivo sui poveri del mondo, senza che ce ne accorgessimo (e ce ne accorgiamo) più di tanto. I dati resi noti dalla Fao, che fra oggi e ieri occupano qualche approfondimento di giornali, greenreport li aveva già anticipati a giugno, facendo i conti del fallimentare summit mondiale di Roma, dove erano risuonate nuovamente altisonanti promesse di aiuto agli affamati delle quali probabilmente la crisi attuale farà sparire anche l´eco.

Eppure la situazione è drammatica e la cura iperliberista applicata al cibo ed all´energia ha fatto «precipitare altri 75 milioni di persone sotto la soglia della fame, portando nel 2007 il numero delle persone sottonutrite a 923 milioni», parola della Fao, non di Fidel Castro. Il trend positivo verso il raggiungimento dell´ Obiettivo di Sviluppo del Millennio per dimezzare la proporzione delle persone che soffrono la fame entro il 2015, è stato azzerato dall´aumento del costo del cibo e «Il raggiungimento dell´obiettivo del Vertice Mondiale dell´Alimentazione di dimezzare il numero (piuttosto che la proporzione) delle persone che soffrono la fame è perfino più lontano». Nel periodo 2003- 2005 il numero delle persone che soffrono la fame cronicamente era di 848 milioni, 6 in più rispetto al 1990-92, dopo i prezzi alimentari sono aumentati del 52% tra il 2007 e il 2008, e quelli dei fertilizzanti sono raddoppiati nel corso dell´ultimo anno.

Secondo il direttore della Fao, Jacques Diouf. «Gli effetti devastanti dell´aumento dei prezzi sul numero delle persone che soffrono la fame vanno ad aggiungersi a quelle che erano già preoccupanti tendenze di lungo periodo. La fame è aumentata mentre il mondo è diventato più ricco ed ha prodotto più cibo di quanto ne abbia prodotto nell´ultima decade». Misteri del libero mercato che si traducono per i consumatori poveri dei centri urbani e gran parte delle famiglie rurali, in un immediato impatto negativo sui loro redditi e sulle generali condizioni di vita. Ma ancora peggio va per i poverissimi, i senza terra e le donne capo famiglia e i loro bambini.

Mentre noi siamo (giustamente) impauriti per la situazione economica la maggioranza del mondo deve fare i conti con i devastanti costi sociali della fame che, oltre ad uccidere la gente, ha un impatto devastante sulla produttività al lavoro, sulla salute e sulla scolarizzazione, causando così uno shock ulteriore in economie già stremate.

L´economista Fao Kostas Stamoulis spiega che «La fame è una delle cause della povertà, non solo una sua conseguenza. Il costo economico della fame in termini sia di risorse necessarie per affrontarne gli effetti che di valore in termini di perdita di produttività e di reddito, è stimato intorno a centinaia di miliardi l´anno. L´effetto debilitante della fame sulla produttività umana e sui redditi conduce ad un circolo vizioso, con la povertà estrema che causa la fame che poi a sua volta genera povertà. La riduzione della fame ha enormi contropartite e dovrebbe essere la priorità numero uno dello sviluppo. Ridurre l´incidenza della fame a livello mondiale farà migliorare di molto le possibilità di raggiungere gli Obiettivi del Millennio relativi alla riduzione della povertà e della mortalità infantile, alla scolarizzazione ed alla salute delle madri. La spesa pubblica per la riduzione della fame è un investimento con una grande contropartita».

Parole lontanissime da quel che sta accadendo nelle esagitate borse americane, europee e dell´estremo oriente che bruciano miliardi di dollari in carta moneta per arginare una crisi che vista dagli schermi televisivi ci sembra virtuale ma che addenta le ossa del mondo da tempo: secondo la Fao, i paesi più colpiti dall´attuale crisi, la maggior parte dei quali in Africa, avranno bisogno di almeno 30 miliardi di dollari l´anno per assicurare la sicurezza alimentare e rilanciare sistemi agricoli troppo a lungo trascurati.

Diouf spiega che «Ridurre il numero delle persone che soffrono la fame di 500 milioni nei 7 anni che ci rimangono da qui al 2015 richiederà un impegno enorme e risoluto a livello globale ed azioni concrete». Quel che non si può dire è che la fame è stata funzionale a questo modello di sviluppo finanziario e speculativo, al quale però la Fao propone una via di uscita empirica ma non certo turboliberista: «Per rompere il circolo vizioso fame-povertà, occorre intervenire con urgenza su due fronti: far sì che il cibo sia disponibile per i più vulnerabili ed assistere i piccoli coltivatori ad aumentare la produzione e guadagnare di più. L´approccio della FAO a doppio binario punta a far sì che coloro che soffrono la fame possono grazie allo sviluppo agricolo e rurale migliorare le proprie condizioni di vita. Implica anche l´attuazione di politiche e programmi, come reti di protezione sociale per migliorare l´accesso immediato al cibo per coloro che soffrono la fame. Per affrontare in modo sostenibile la crescente insicurezza alimentare che colpisce le popolazioni più povere. occorrono con urgenza investimenti diversificati e su larga scala. Nessun paese o istituzione potrà risolvere questa crisi da solo».

Per salvare i milioni di affamati dalla nostra dimenticanza ci vorrebbe una specie di new deal planetario che prevede una redistribuzione di risorse nel quale rientrano anche l´Iniziativa contro il rialzo dei prezzi alimentari per aiutare i paesi vulnerabili incrementare urgentemente la disponibilità alimentare e migliorare l´accesso al cibo e i progetti di emergenza avviati dalla Fao in almeno 78 paesi, con la a distribuzione ai piccoli contadini di sementi, fertilizzanti, mangimi, attrezzi e attrezzature agricole.

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