[18/09/2008] Consumo

L´uscita siberiana della nuova crisi economica russa

LIVORNO. La crisi finanziaria ed economica colpisce duro anche nella Russia degli oligarchi di Stato, ma gli americani guardano con malcelata invidia alla composta reazione degli ex nemici di fronte al crollo di alcuni pezzi dello Stato-mercato messo in piedi a Mosca dopo la caduta dell´Urss.
Secondo il repubblicano Richard Lugar, presidente aggiunto della Commissione affari esteri del Senato Usa, «L´ampiezza dello choc finanziario avrebbe mutilato l´economia di numerosi altri Paesi nel mondo, ma le decine di miliardi di dollari che la Russia ha tratto dalla vendita del suo petrolio e del suo gas le hanno permesso d´ammortizzare queste perdite economiche.

Il mercato dei titoli russi ha perso circa il 50% del suo valore e più di 20 miliardi di dollari di capitali hanno lasciato il Paese. D´altra parte, in questi ultimi giorni la Banca centrale russa ha speso 4,5 miliardi di dollari per sostenere il rublo».

Insomma, i boiardi putiniani hanno preso un bel gancio ma non sono al tappeto e secondo il presidente della Banca centrale russa, Sergei Ignatiev, «La situazione nel settore bancario russo, che attualmente si scontra con un deficit di liquidità, si normalizzerà nei prossimi giorni. Conto su una stabilizzazione rapida del mercato bancario russo, è una questione di giorni».

Secondo Ignatiev la crisi delle borse «E´ stata una cosa difficile da pronosticare. E´ evidente che il mercato si ristabilirà, ma non so dire quando, spero che questo succederà domani».

Quel che è evidente è che la fiducia negli uomini e nel blocco di potere forte, che mischia e comprende politica ed economia, della Russia è più apparente che reale: la crisi bancario-finanziaria è precipitata soprattutto per la fuga di capitali all´estero nel bel mezzo di una delle peggiori crisi economiche mondiali, in concomitanza con il peggioramento dei rapporti tra Russia ed Occidente e con il calo dei prezzi del petrolio.

Una miscela esplosiva anche per la "democrazia sovrana" russa, sempre più democrazia-souvenir.

Quale è la via di uscita? La ricetta in Russia da un po´ di tempo è sempre la stessa e ai piani quinquennali si è sostituito il petrolio, ma sempre con un luogo simbolo da conquistare pioneristicamente: il grande nord.

L´agenzia di stampa Itar-Tass riferisce che il presidente russo Dmitri Medvedev, ha chiesto un rapido sviluppo delle regione artica del Paese fonte delle principali risorse energetiche e di entrate dello Stato.

«Dobbiamo terminare ed adottare la legge federale sulla frontiera boreale della zona artica russa. La prossima tappa è quella di fissare la frontiera estrema di questa parte del continente - ha detto Medvedev al Consiglio di sicurezza convocato al Cremlino - E´ nostro obbligo e nostro diretto dovere indirizzare le prossime generazioni; noi dobbiamo rendere sicuri, in maniera affidabile ed a a lungo temine, gli interessi nazionali della Russia nella regione artica».

Un brusco avvertimento, quasi un guanto di sfida, a chi contrasta le pretese territoriali ed economiche russe sulla piattaforma continentale artica, ma anche l´apertura di una frontiera a nord con una retorica che ricordano quelle del Komsomol dei bei tempi andati.

Probabilmente, al di là dei rigurgiti della retorica sovietica, Putin e Medvedev non possono far altro di fronte a una crisi finanziaria e dei mercati che ha sconvolto molti dei loro piani: il 20% del Pil e il 22% delle esportazioni russe vengono dalla regione dell´artico, che ospita i più importanti campi petroliferi del Paese in Siberia occidentale, nella Timano-Pechorskaya e in Siberia orientale. Sono qui le fondamenta della nuova potenza militare e del blocco di potere energetico-politico che governa la Russia, è qui che lo Stato-mercato russo si rafforza o affonda nel permafrost che si scioglie insieme ad un bel pezzo di quella economia che ha surriscaldato pianeta e borse.

Torna all'archivio