[17/09/2008] Comunicati

Ma quanto costa impegnarsi nella lotta al riscaldamento globale?

ROMA. Due notizie, comparse entrambe sul giornale della Confindustria il Sole 24 ore, confermano il disimpegno, di chi comanda in questo paese, dalla lotta ai cambiamenti climatici.
La prima riguarda i costi dell´applicazione della direttiva comunitaria sul clima, la famosa tre venti; la seconda è invece inerente alle nuove e più restrittive regole, stabilite dalla Agenzia per le entrate, per l´accesso alla deduzione fiscale del 55% degli investimenti effettuati per migliorare le prestazioni energetiche degli edifici.

Il messaggio che entrambe le notizie (alle quali si può aggiungere l´odierno intervento di Adolfo Urso pubblicato oggi dal Sole24Ore) lanciano ai decisori politici è molto chiaro: costa troppo impegnarsi nella lotta al riscaldamento globale. "Conto salato per l´Ambiente" titola, infatti, il primo dei due articoli. La tesi dei nostri "illuminati e speculativi" imprenditori è sempre la solita: non vale la pena che il paese "butti" 23 miliardi di euro ogni anno (questo sarebbe il costo previsto se si applicasse la direttiva) per contribuire ad una riduzione dei gas serra globali solo del 0,3%.

Sulla correttezza di questi conti c´è molto da dire (non tengono conto né dell´innovazione che l´applicazione della direttiva produrrebbe, né della nuova industrializzazione e neppure delle minori importazioni di petrolio che determina). Soprattutto va rifiutato il messaggio che gli imprenditori vogliono lanciare: i costi del mancato raggiungimento degli obiettivi previsti per l´Italia e in particolare quelli per i settori industriali particolarmente energivori (emission trading) li deve pagare la fiscalità generale, cioè la collettività.

La seconda notizia è ancora più indicativa del disimpegno del nostro paese e dell´esecutivo che lo governa dalla lotta ai cambiamenti climatici. E´ noto che una delle strade per ridurre le emissioni climalteranti è quella di aumentare l´efficienza del paese e in particolare del suo patrimonio abitativo, responsabile di un terzo dei nostri consumi energetici. Il precedente governo, per andare in questa direzione, aveva per l´appunto introdotto la deduzione del 55% . E´ altrettanto noto che la comunità europea ci chiede di migliorare l´efficienza energetica del 20% entro il 2020. Un paese seriamente impegnato nel raggiungimento di questo risultato avrebbe allargato e non ristretto, come ha fatto l´Agenzia delle Entrate la platea dei beneficiari della deduzione fiscale. Due esempi significativi di queste restrizioni: non accedono ai benefici del 55% coloro che avranno installato pannelli solari termici finalizzati al condizionamento estivo e neppure le immobiliari che hanno investito per migliorare l´efficienza delle case che affittano.
Entrambe le notizie confermano l´approccio sbagliato alla questione climatica e ambientale delle nostre classi dirigenti: l´idea che siano solo un costo da evitare e non una opportunità per innovare e vivere meglio. Non è bastato il rapporto Stern a smuovere da questa convinzione i nostri decisori politici e i nostri imprenditori.

L´amara constatazione che questo paese è la palla al piede dell´Europa nella lotta al riscaldamento globale chiama però in causa la qualità dell´opposizione a questo stato di cose, sia quella che si dovrebbe svolgere nelle aule parlamentari, sia quella da sviluppare nella società, ancora tutta da costruire.
Non è tempo di farsi sentire così da far percepire al popolo italiano che c´è qualcuno che ha un´idea diversa e vuole invece rendere protagonista questo paese della scelta unilaterale dell´Europa sul clima?

Nel mese di ottobre sono convocate ben tre manifestazioni contro il governo Berlusconi. A parte dover constatare amaramente che ancora non ci sono le condizioni per un´opposizione unitaria alle destre, ciò che colpisce è che la questione del cambio di clima e l´impegno italiano a contrastarlo, non sia al centro di nessuna delle tre manifestazioni.

Da oggi, a Malmo, comincerà il Social forum europeo, dei movimenti sociali che rifiutano la globalizzazione liberista. Da lì può partire la denuncia dei troppi ritardi accumulati dalle classi dirigenti di tutto il mondo sulle questioni del clima e dei suoi cambiamenti e soprattutto l´impegno a mobilitarsi per contrastare questo tragico immobilismo che sta spingendo il pianeta verso la catastrofe.

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