[15/09/2008] Recensioni

La Recensione. Qualcosa di nuovo sotto il sole di John R. McNeill

Qualcosa di nuovo sotto il sole: contrapponendosi alle parole che condensano l’antica saggezza dell’”Ecclesiaste”, questo saggio rivela fin dal titolo la radicale portata dei cambiamenti che l’uomo del secolo scorso ha introdotto nel mondo fisico. «Inconsapevolmente - scrive l’autore – il genere umano ha sottoposto la Terra a un esperimento non controllato di dimensioni gigantesche. Penso che, col passare del tempo, questo si rivelerà l’aspetto più importante della storia del XX secolo: più che la seconda guerra mondiale, dell’avvento del comunismo, dell’alfabetizzazione di massa, della diffusione della democrazia, della progressiva emancipazione delle donne».

Fondando la sua ricerca su una ricchissima documentazione, McNeill propone un’originale storia delle relazioni tra uomo e ambiente. Dalle foreste indonesiane all’aria di Londra, dalla caccia alle balene alla trasformazione del clima, le nuove condizioni della Terra sono spesso la conseguenza non calcolata del nostro modello di sviluppo. I sistemi che mantengono in vita il pianeta non potranno perciò più essere considerati come un semplice sfondo per le vicende umane: l’integrazione tra storia ed ecologia è, a parere dell’autore, una esigenza pressante per il futuro.

L’inquinamento (dato dallo sviluppo) non è stato fine a se stesso ma è il rovescio della medaglia del processo di continuo miglioramento delle condizioni di vita dell’uomo sottraendolo alla terribile miseria dei progenitori. Qualcosa di nuovo sotto il sole indica il processo di non ritorno/solo andata verso lo stravolgimento del pianeta. Il XX secolo è stato fuor dell’ordinario, per conseguenza di scelte e modelli a carattere sociale, politico, economico. Il nostro sviluppo è legato alle condizioni attuali (era temperata, abbondanza di materie prime) e non facilmente convertibili in caso di mutamento delle circostanze.

Dalla fine dell’ultima glaciazione sono trascorsi 10.000 ed il clima è rimasto pressoché invariato, tranne che nell’ultimo secolo. L’evoluzione degli altri esseri viventi è su base biologica, quella umana su base culturale. L’inquinamento del XX secolo è una questione di scala ed intensità: già gli antichi romani lasciavano impronte ecologiche (vedi tracce di piombo ritrovate nell’artico, risalenti all’età imperiale o, come ipotizza perfino Rubbia, l’atmosfera contiene ancora tracce del monossido di carbonio scaturito dall’incendio di Roma ad opera di Nerone).

L’economia del XX secolo è cresciuta di 120 volte rispetto al 1500 e la tesi di Malthus si è rilevata inesatta in quanto sono intervenuti i miglioramenti in campo tecnologico e dell’organizzazione. Se fino al secolo scorso si era fondamentalmente in presenza di un “regime ad energia somatica”, cioè legato all’uso dei muscoli umani a quello degli animali, dal 1800 ad oggi si è assistito al passaggio al “regime ad energia esosomatica”, cioè l’età dei combustibili fossili. Il vantaggio di questi combustibili è che hanno consentito non solo una maggiore efficienza termo meccanica riducendo la dispersione ma hanno reso possibile la tecnologia che consente poi il loro trasporto e stoccaggio in tutte le parti del mondo.

I tre principali motori di cambiamento di questo processo sono stati la popolazione (crescita demografica, i movimenti migratori con conseguente colonizzazione dell’intero pianeta, l’urbanizzazione, che ha posto il problema del ciclo di vita delle città), la crescita economica come dottrina dello stato, il consumo energetico.

Sulla base di quest’ultimo motore si sono sviluppati i cosiddetti “grappoli” tecnologici, sociali ed organizzativi in ordine temporale: il grappolo delle città a carbone, il grappolo delle città a motore ed il grappolo della genetica e byte. In questa visione si verifica il dumping ambientale, cioè i benefici rimangono ai grappoli ma le conseguenze si riversano su tutto il pianeta.

Questo saggio, usato anche come libro di testo in alcune facoltà italiane, è scritto con chiarezza e sguardo estremamente penetrante. Contiene un messaggio tanto sobrio quanto lucido e merita la massima attenzione da parte dei cittadini come dei responsabili della politica. McNeill non è un luddista né un ambientalista dogmatico ostile a qualsivoglia cambiamento (insegna storia alla Georgetown University). Invita tuttavia ad essere prudenti ed a “darsi da fare”, anche perché i limiti ecologici ai quali la società globale si sta avvicinando a grandi passi sono in realtà più vicini di quanto non si pensi.

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