[11/09/2008] Energia

Il rubinetto dell´Opec e un pianeta finito con risorse finite

LIVORNO. La decisione dell´Opec di tagliare la produzione di petrolio, arrivata solo a pochissimi giorni di distanza da quando aveva invece detto che non avrebbe tagliato, ha rimesso in agitazione i prezzi del greggio, agitazione che era già iniziata anche prima della decisione e che non è detto che non subirà ulteriori variazioni. Sta di fatto che oggi il prezzo del petrolio è di nuovo a 101 dollari il barile.

La riduzione dell´offerta è di 520 mila barili al giorno. Un quantitativo che azzera quell´aumento della produzione che l´Arabia Saudita aveva fatto scattare, in maniera unilaterale, tra giugno e luglio, quando in due tranche aveva alzato le proprie quote prima di 300 mila e poi di 200 mila barili al giorno, nel tentativo di far scendere il prezzo del barile schizzato alle stelle.

Oltre che a un’operazione meramente speculativa, come già in molti l´hanno letta, la si può leggere anche come un dimostrazione di forza per dire: il “rubinetto” lo apriamo e lo chiudiamo a nostro piacimento e non c’è nulla che possiate fare o dire per contrastarci più di tanto. Non una grande novità, ma è chiaro che essendo più o meno nei dintorni del picco del petrolio (almeno di quello a estraibile a basso costo) impone una riflessione attenta guardando agli scenari prossimi futuri: con la materia prima, il greggio, che scarseggerà sempre più e che imporrà ai produttori di andare a cercarlo e ad estrarlo in zone più impervie,la ripresa economica globale (che prima o poi ci sarà) farà prossimamente salire il prezzo del greggio potenzialmente verso vette mai viste.

Certo è che con l´attuale dipendenza dal petrolio da parte delle economie più avanzate e di quelli emergenti, l’Opec è in grado di fare il bello e il cattivo tempo e dunque l’investimento in efficienza energetica e risparmio, nonché nel progressivo abbandono delle fonti fossili si impone non solo per ridurre il global warming, ma anche per evitare tracolli economici. La soluzione per i Paesi come l’italia che sono fortissimi importatori di energia e dipendenti per il 95% dalle fonti fossili, non può che essere questa.

La scelta di tornare ora alla produzione energetica nucleare non solo è costosissima, come ormai affermato da più fonti, poco producente e non del tutto sicura, ma soprattutto non cambierebbe nulla, perché si dà il caso che l’uranio sia comunque una fonte di cui l’Italia è sprovvista e di cui nel mondo le risorse sono scarse ed esauribili già agli attuali ritmi di sfruttamento nel giro di meno di un secolo.

E dati gli attuali ritmi dei consumi elettrici una scelta davvero sensata sarebbe quella di attivare politiche di riduzione dei consumi e di aumento dell´efficienza energetica. Ieri, tra l’altro, Terna - la società a cui fa capo la rete nazionale di trasmissione – ha detto che i consumi elettrici sono in aumento del 2,7% ad agosto con una domanda pari a 26,4 miliardi di chilowattora. Sul dato hanno influito, secondo Terna, le temperature più alte della media, controbilanciate da due giornate lavorative in meno dell´agosto 2007. A trainare la domanda è stato il Sud dove i consumi sono saliti del 4,9% rispetto ad agosto 2007, mentre il Centro ha segnato +3,3% e il Nord +1,2%. Che cosa ci dicono questi dati? Che la domanda è in aumento e che non si è fatto abbastanza – per non dire poco o nulla – sull’efficienza e sul risparmio. E’ come voler mettere a dieta uno che ha fame?

«La mia diretta esperienza sul campo – ha detto Pasquale Pistorio presidente onorario del Kyoto Club - mi ha reso un forte sostenitore delle strategia di efficienza energetica. Sbaglia chi associa al termine risparmio energetico un valore negativo. I negawatt, cioè l’energia risparmiata generano risparmi economici, stimolano la creatività, posizionano meglio le industrie sul mercato globale».

Torna all'archivio