[08/09/2008] Recensioni

La Recensione. L’acqua nella storia di F. Mantelli e G. Temporelli

In questi giorni in alcune aree del Paese e della nostra regione, si è riaffacciato lo spettro della crisi idrica con cittadini che rimangono per molte ore senza un goccio d’acqua nelle loro abitazioni, e in termini di qualità, si è ripresentata sui media la querelle tra acque minerali e acque potabili con sponsor e tifosi per l’una o l’altra tipologia di acqua, spesso a prescindere da un rigore analitico basato su corrette evidenze scientifiche. Questi due accenni a temi di attualità che riguardano la risorsa idrica ad uso idropotabile, sono sufficienti per sottolineare l’importanza di un testo come quello di Mantelli e Temporelli, in cui in maniera scientificamente rigorosa viene ripercorso il rapporto storico che ha avuto l’uomo con l’acqua, di cui si è dovuto sempre approvvigionare per le proprie funzioni vitali. Gli autori sono due tra i maggiori esperti italiani sull’argomento: Francesco Mantelli è chimico dirigente presso Arpat, collabora con l’Iss (Istituto superiore di sanità) e ha pubblicato diversi testi a carattere scientifico e divulgativo su acque potabili e acque minerali.

Giorgio Temporelli è invece un fisico che opera presso la Sita (Società italiana trattamento acque) di Genova e svolge attività di ricerca nell’ambito del trattamento acque primarie. E’ divulgatore scientifico e autore di molti libri. La monografia in questione tratta in modo dettagliato e con dovizia di particolari di quello che è stato per la specie umana un impegno primario: l’approvvigionamento idrico ed il controllo delle acque. Il problema della conservazione della risorsa idrica e del suo trasporto a distanza, ha investito fin dalle civiltà più remote il genere umano. La vita sociale nasce vicino all’acqua e già le popolazioni mesopotamiche avevano organizzato “infrastrutture” come «dighe, chiuse, sistemi per l’accumulo dell’acqua e canali sotterranei per il trasporto e la distribuzione dell’acqua, i cosiddetti qanat».

In qualche modo proprio alla civiltà e cultura Assiro-Babilonese si rimandano i primi testi legislativi come il Codice di Hammurabi (1780 a.C.), in cui si parla anche di corrette modalità di irrigazione e sanzioni per chi non le rispetta. Alla ricerca di acque profonde ritenute giustamente meno inquinate, alle difficoltà e i metodi per sollevarle e portarle in superficie, gli autori, attraverso le varie epoche, dedicano una rassegna breve ma documentata. Invece viene trattata in modo approfondito la gestione delle acque in epoca romana, in cui tra l’altro compie enorme passo in avanti anche la normativa che regola il settore «per la prima volta venne contemplato il Diritto delle acque attraverso il quale ogni azione in merito trovava un riferimento normativo che ne regolamentava l’esecuzione. Nessun aspetto veniva trascurato, dalla classificazione delle acque in pubbliche e private (…) nonché il controllo e le sanzioni previste nei confronti di chi effettuasse captazioni abusive». Questioni ancora in qualche modo aperte ai giorni nostri. Con descrizione meticolosa dell’amministrazione delle acque in epoca romana (Cura aquarum), Mantelli e Temporelli descrivono quello che può essere considerato il primo vero servizio idrico integrato, dalla captazione fino allo smaltimento delle acque nel Tevere. In base a quelli che sono stati gli scritti degli esperti del tempo, in particolare quelli di Vitruvio e Frontino (il curator aquarum), gli autori si soffermano sulle caratteristiche tecniche degli acquedotti romani che descrivono ad uno ad uno. Sono anche riportate le percentuali delle perdite e dei volumi sottratti di ogni singolo acquedotto, che al di la dei metodi di rilevamento, talvolta sono confrontabili con quelle di alcuni acquedotti attuali.

Ma l’acqua è anche un ottimo vettore diretto ed indiretto per la trasmissione microbica come è stato riscontrato attraverso le epidemie che si sono manifestate nel corso dei secoli e solo agli inizi del 1800, quando presero piede i primi sistemi di potabilizzazione, si è assistito ad una riduzione dell’inquinamento microbiologico delle acque. Successivamente però con la scoperta dell’inquinamento chimico, come viene accennato dagli autori, “la cura” è stata causa di nuovi mali: una delle criticità presenti ancora ai giorni nostri è l’inquinamento derivato dai processi stessi di potabilizzazione ed in particolare di quelli di disinfezione «noti in gergo tecnico come DBPs (Disinfection by Products), ovvero quella vasta famiglia di sostanze che prendono inevitabilmente origine dall’interazione tra gli agenti disinfettanti a prevalente azione ossidante utilizzati per il trattamento delle acque e la materia organica naturalmente presente nell’acqua stessa».

La seconda parte del volume è dedicata all’evoluzione nella storia del concetto di potabilità in cui vengono analizzate le basi scientifiche, nel tempo sempre più consistenti, ed evidenziati i progressi normativi che hanno portato alla legislazione attuale. Nel 1700 conseguentemente ai progressi scientifici, iniziarono ad essere elaborati i primi criteri per stabilire la potabilità delle acque, ma solo a metà del 1800 vennero fatti approfondimenti sulle caratteristiche che devono avere le acque ad uso umano. Gli autori hanno tra l’altro ripercorso la normativa italiana a partire dalla legge sanitaria Crispi-Pagliani del 1888, in cui si obbligavano i comuni a dotarsi di acqua potabile “pura e di buona qualità”. Ciò in seguito ad un’inchiesta sull’approvvigionamento idrico voluta dall’allora ministro dell’interno Depretis, che aveva messo in luce come nel 1884 solo la metà dei comuni italiani fosse dotata di condutture per la distribuzione di acque potabili e oltre il 77% fosse sprovvisto di fognature. Vagliando i Regi decreti di inizio Novecento ed i regolamenti comunali d’igiene, riportando tabelle di testi scientifici di igiene degli alimenti in cui vi sono riferimenti alla qualità delle acque, gli autori evidenziano nel volume quelli che sono stati gli elementi cardine e che in parte in modo esteso e approfondito si ritrovano nella legislazione attuale. Ovviamente trattando la normativa di fine Novecento non viene dimenticata la Legge Merli, il Dpr 515, il Dpr 236, la Legge Galli, per arrivare, attraverso un approfondito excursus, alla legislazione attuale (Dlgs 152/99 e 152/2006). In maniera specifica gli autori tratteggiano ovviamente il decreto legislativo n.31/2001 sulle acque potabili (è riportato in forma completa in allegato insieme alle tabelle) che è attualmente in vigore, fino ai criteri guida forniti dall’Organizzazione Mondiale della Sanità per l’individuazione dei valori limite dei parametri di qualità delle acque potabili.

Mantelli e Temporelli inoltre, cercando di dare risposta a interrogativi che vengono dai media e fornendo nel merito qualche elemento di chiarezza, dedicano un paragrafo al confronto legislativo tra acque potabili e acque minerali naturali, definito dagli stessi autori “un’operazione difficile”. In effetti la legislazione nazionale riguardante le due tipologie di acque deriva dal recepimento di differenti direttive europee, quindi “spingendo” il confronto tra acque destinate al consumo umano ed acque minerali naturali su un unico piano, spesso si incorre in errori di tipo scientifico.

Dal punto di vista squisitamente tecnico, Mantelli e Temporelli chiudono il libro tratteggiando brevemente quello che dovrebbe esse il futuro dei controlli e quelle che dovrebbero essere le modifiche normative per intercettare contaminanti microbiologici non presi in considerazione fino ad oggi e nuovi contaminanti chimici come i distruttori endocrini.

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