[05/09/2008] Comunicati

Buiatti sul maestro unico: «Quello della Gelmini è un attacco allo Stato»

LIVORNO. Il maestro unico non è negativo a prescindere, mentre invece appare negativa l’applicazione pratica alla scuola italiana attuale. Per questo la riforma del ministro Gelmini è considerata da buona parte degli addetti ai lavori come una mannaia che guarda solo all’aspetto economico del sistema scolastico e non al suo valore di servizio (educativo) per i futuri cittadini di domani.
Del resto anche l’arrampicata numerica del ministro per dimostrare che non ci saranno tagli al personale, che non saranno diminuite le ore di lezione, che non verrà eliminato il doposcuola, che lo Stato risparmierà una barca di quattrini, dimostra tutta l’impostazione gentiliana e umanistica che ancora oggi conserva l’insegnamento italiano, che relega alle scienze matematiche un ruolo da sempre di secondo piano.

Abbiamo chiesto un parere a Marcello Buiatti, presidente della Fondazione Toscana Sostenibile e professore ordinario di genetica presso l´università di Firenze, che in proposito ha idee chiare:
«Questo decreto è un attacco contro lo Stato, lo Stato inteso come erogatore di servizi collettivi».

In che senso?
«Noi italiani abbiamo sempre considerato l’Italia come uno Stato assistenzialista invece che erogatore di servizi. Oggi questa distruzione dei servizi viene portata a compimento dalla Gelmini dopo aver già minato con altre scelte la formazione, la ricerca, ma anche la sanità e l’agricoltura (sovvenzioni statali). Proprio il parallelo scuola sanità con il tanto sbandierato federalismo fiscale, è quello più presciso, anche se la differenza fondamentale è che mentre la sanità regionale è materialmente possibile - lasciando da parte tutta una serie di implicazioni etiche e sociali – è impensabile oggi guardare a una scuola e a una formazione che non siano universali, perché l’uomo di domani ha bisogno di competere, ma prima di tutto di poter dialogare, con tutto il mondo».

Il problema è solo quantitativo o piuttosto qualitativo?
«La riduzione del personale è bestiale un po’ in tutti i servizi dello Stato e la scuola attuale non fa eccezione: manca il personale e molti contratti sono a tempo determinato, questo comporta ovviamente uno scadere del livello di formazione. In questo senso il maestro unico sarà ancora più catastrofico, perché chi andrà a farlo? Persone che sono state educate in modo specialistico, che hanno visto formarsi il loro pensiero non in modo complessivo, ma con competenze limitate. Il decadimento sarà pesantissimo, soprattutto per l’area più debole, che in Italia sia per numero di insegnanti sia per qualità, è quella delle materie scientifiche».

Secondo lei quindi gli insegnanti di oggi non hanno le competenze per insegnare tutte le materie?
«Dico che il maestro unico potrebbe avere un senso se si riformasse da zero tutta la formazione dei docenti, a partire dai magisteri e poi dalla facoltà di Scienze della formazione. Ma non solo, perché a questo punto sarebbe necessario rinnovare in breve tempo tutto il personale, sostituendo quello formato fino ad ora con competenze mirate, con nuovi docenti che sanno un po’ (nel senso di poco) di tutto».

Che ne sarà dell’educazione ambientale?
«Teoricamente il maestro unico non è necessariamente negativo per l’educazione ambientale, che come sappiamo dovrebbe essere interdisciplinare, io però continuo a preferire il vecchio sistema che incentivava l’interdisciplinarietà dei singoli insegnanti che interagivano tra loro ognuno per lue competenze.
Senza però la riforma da zero del sistema formativo degli insegnanti, come dicevo prima, io temo che l’educazione ambientale andrà a scomparire e tutti i piccoli passi avanti fatti negli ultimi anni verranno persi. Nell’ambito del decadimento generale di tutta l’area scientifica non vedo proprio quanti docenti potrebbero avere la competenza per insegnare l’educazione ambientale magari incrociandola con i primi rudimenti dell’economia».

Ieri al festival della letteratura di Mantova Pennac ha criticato la decisione del governo sostenendo che oggi il vero problema dei docenti è al concorrenza con una società troppo mercantile.
«C’è concorrenza nel senso dei mutati valori della vita per le famiglie di oggi. Io lo vedo con i miei allievi all’università: tutti tentato disperatamente di laurearsi prima possibile imparando poco e in modo superficiale. Spesso li invito a rallentare spiegandolo loro che è meglio arrivare già ben formati nel mondo del lavoro per avere più chance, ma tutti mi rispondono che la famiglia vuole che si laureino al più presto e che prima possibile cominciano a portare i soldi a casa».

Prima non era così?
«Era un po’ diverso, oggi contano solo le parole e non le cose che ci sono dietro, si va avanti a nozionismi e la competitività in Italia è solo sul soldo e non sul sapere. Ma il vero dramma è che la scala dei valori è cambiata perché prima si aspirava a guadagnare per il benessere, oggi invece lo si fa per ottemperare gli obblighi imposti dalla società per farne parte».

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