[02/09/2008] Consumo

Ma quale frenata, il credito al consumo è aumentato del 25 per cento!

LIVORNO. Il fatto che il primo semestre 2008 rappresenti la “prima brusca frenata nel credito al consumo” come titola oggi Repubblica deve far riflettere sotto diversi punti di vista. Intanto va sottolineato il fatto che la brusca frenata della crescita del credito a consumo significa che nel primo semestre del 2008 prestiti e finanziamenti sono aumentati del 2,1% rispetto allo stesso periodo, quando invece l’aumento era stato dell’11,9% rispetto al 2006. 2006 che a sua volta aveva archiviato un segno + a due cifre . Quindi questo significa che in appena due anni il ricorso degli italiani al credito al consumo è aumentato quanto meno del 25%. Cambiano anche le abitudini: se nel 2005 l’82% dei prestiti era per esempio per importi inferiori ai 5mila euro, oggi, la stessa cifra viene chiesta solo nel 46% dei casi, così come nell’anno in corso segnato dalla crisi economica a livello globale, anche i finanziamenti per beni più voluttuari come le vacanze sono diminuiti (nel 2005 per questa finalità veniva erogato il 9,7% dei prestiti, mentre oggi soltanto il 3,8%).

Ma attenzione, questo ovviamente in percentuale sul totale del credito al consumo, che nel frattempo come abbiamo visto è aumentato del 25%. Tra l’altro un segmento che cresce comunque quasi a doppia cifra è quello delle carte di credito (+9,9%) a dimostrazione che sta sempre più prendendo piede anche in Italia la filosofia del compro oggi e pagherò (finché regge) tra un mese.

Chi invece non conosce assolutamente crisi - anche se un po’ rischiamo di venire a noia, ma di fatto registriamo solo dei fatti oggettivi – sono i settori del lusso. L’ultimo dato è quello diffuso dalle camere di commercio, che segnalano come nel primo trimestre del 2008 sia cresciuto del 2,3% il numero delle boutique di moda con la punta d’eccezione rappresentata dall’abbigliamento in pelle. Del resto il fashion è da sempre abituato a marciare in crescita in barba alle crisi più forti e spesso ignorando anche qualsiasi etica morale non disdegna neppure il trash (l’ultimo episodio emblematico è il servizio su Vogue che ritrae gli abitanti delle baraccopoli indiane con indosso una borsetta di Fendi o uno scialle di Gucci).

Del resto la necessità di stupire sempre e ad ogni costo sta alla base del marketing moderno e proprio in questa dimensione va inserita l’ultima promozione lanciata dalla Nestlé francese per la barretta al cioccolato Kit Kat: ebbene i due fortunati mangiatori di Kit Kat che vinceranno il premio hanno la possibilità di fare un viaggio nello spazio, nel 2010. Comprensivo di: viaggio andata e ritorno per Oklahoma City, quattro giorni di corso da astronauta, una serie di controlli medici (non chiediamoci cosa accadrebbe se gli esisti fossero negativi), e quindi una volta avuto il via libera dai sanitari, il volo. Che durerà due ore e mezzo ma che solo per qualche minuto consentirà di vivere in assenza di gravità (per la cronaca e per ironia della sorte, uno dei due biglietti vincitori è già stato trovato… da una hostess di 32 anni). Costo totale per singolo vincitore e per un paio di minuti in assenza di gravità: 147 mila euro. Più ovviamente i costi ambientali di tutta la baracca, che però Nestlé ha dimenticato di conteggiare.

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