[02/09/2008] Aria

La svolta sul clima è urgente

ROMA. Gustav, ormai esausto, sembra essersi allontanato dalla Louisiana. Per fortuna non ha lasciato dietro di sé né le morti né i danni di Katrina. Ma resta un fatto che è la seconda volta in appena tre anni che New Orleans subisce la visita di un uragano di grande intensità. Non è accaduto di frequente in passato. E anche se la città sta acquistando una certa capacità di adattamento – le opere fisiche di prevenzione certo migliorate forse non sono ancora all’altezza, ma l’evacuazione di due milioni di persone è stata ben organizzata – l’esperienza resta traumatica e costosa.

Altre città negli Stati Uniti e nella zona dei Caraibi potrebbero presto ripeterla, questa esperienza: sulle Bahamas, sulla Florida e sulla Carolina del Sud sta arrivando un nuovo uragano, Hanna, e nel mare caldo del golfo se ne sta formano un altro ancora, Ike.

Intanto durante quest’intera estate i ghiacci dell’Artico si sono sciolti a ritmi sostenuti e per la prima volta dopo molti anni – forse dopo 120.000 anni – il più settentrionale degli oceani risulta completamente circumnavigabile. Le televisioni rimandano le immagini di orsi polari che nuotano alla ricerca sempre più disperata di un appoggio solido che non c’è più. Il dramma per i plantigradi è reale, ma quelle immagini hanno anche un valore metaforico. Il clima che cambia sta (già) cambiando il mondo e privando non solo gli orsi bianchi, ma anche l’uomo, di molte usuali certezze.

Il messaggio è stato colto dal segretario generale delle Nazioni Unite, Ban Ki-moon, che celebrando nei giorni scorsi il ventesimo anniversario della costituzione dell’Ipcc (Intergovernmental panel on climate change) ha dichiarato, senza mezzi termini: «non possiamo più aspettare».

Neppure l’anno di tempo che si sono dati le parti (le nazioni) che hanno sottoscritto la Convenzione sul Clima per ritrovarsi a Copenaghen alla fine del 2009 per progettare il “Kyoto 2”, iniziare a modificare il paradigma energetico e ad abbattere drasticamente le emissioni antropiche dei gas serra che accelerano i cambiamenti climatici.
Occorre fare più in fretta. Arrivare a un’intesa nei prossimi mesi. Magari entro la fine di quest’anno.

Il mese di dicembre non è stato indicato a caso. E non solo per ragioni tecniche. Le parti che hanno sottoscritto il Protocollo di Kyoto si ritroveranno a Poznan, in Polonia: e questa, sostiene Ban Ki-moon, è una buona occasione, anzi è l’occasione da non mancare, per dare una «potente sterzata» alla lotta ai cambiamenti del clima. Ma il mese di dicembre è stato indicato anche per ragioni politiche. A novembre ci saranno le elezioni presidenziali negli Stati Uniti. E a dicembre non solo sapremo il nome dell’inquilino – Barack Obama o John McCain - che sostituirà George W. Bush, il grande avversario del Protocollo di Kyoto, alla Casa Bianca.

A dicembre a Poznan inizieremo a capire quale sarà la reale politica del nuovo Presidente. Se, infatti, formalmente in carica sarà ancora George W. (il nuovo presidente si insedia a gennaio), la diplomazia americana inizierà già a riposizionarsi per aderire alla volontà politica del suo nuovo capo. Se sul clima sarà di svolta reale la capiremo proprio a Poznan, in Polonia.

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