[27/08/2008] Consumo

Un Paese amico del clima, cominciamo dalle manutenzioni

LIVORNO. La scorsa settimana ho scritto che il governo Berlusconi ha una proposta energetica, è quella che Enel ed Eni da tempo suggeriscono a chiunque governi. Un progetto che incatena il paese al fossile e lo riporta al nucleare, decisamente più attento a fare profitti che a combattere i “capricci del clima”. L’evidente mancanza di opposizione mi spinge a domandarmi se esistano e siano socialmente praticabili scelte energetiche funzionali alla lotta ai cambiamenti climatici, in poche parole se sia possibile un’alternativa alle scelte del governo.

Provo a suggerire alcune idee. Scelte energetiche amiche del clima e socialmente sostenibili devono saper realizzare tre obiettivi: ridurre i consumi energetici senza penalizzare l’occupazione; garantire una crescente autonomia energetica al paese; promuovere partecipazione e democrazia.

Quanta energia serve a questo paese se vuole essere amico del clima? Oggi necessita di oltre 200 milioni di tonnellate equivalenti di petrolio, che nella previsione del governo sono destinate ad aumentare insieme alle emissioni. E’ possibile ed è socialmente sostenibile puntare ad una riduzione del fabbisogno, condizione decisiva per riappacificare l’energia con il clima? Lo è. E’ scientificamente accertato che almeno la metà di questi duecento Megatep sono sprechi. Quanti è possibile eliminarne, promuovendo politiche di efficienza e sufficienza? Puntare solo sull’efficienza energetica non basta, servono anche decisioni che cambino gli stili di vita, che sono basati su usi dissipativi e poco intelligenti dell’energia.

Una proposta realistica potrebbe essere quella di puntare a una stabilizzazione del fabbisogno fino al 2010 per poi ridurlo nei dieci anni successivi del 2% ogni anno.
E’ più o meno ciò che ci chiede l’Europa con la direttiva sul clima, che per l’appunto ci obbliga ad aumentare, entro il 2020, l’ efficienza del paese del 20%. Le proposte per realizzare tutto ciò sono note da tempo e la loro praticabilità dipende esclusivamente dalla volontà politica di deciderle.

Fra queste la più efficace e realistica e quella che punta a spostare le attività dell’edilizia verso la manutenzione e riqualificazione energetica del già costruito. Il patrimonio esistente assorbe per essere riscaldato, rinfrescato ed illuminato oltre un terzo del fabbisogno primario di energia e quindi si interverrebbe su una grossa fetta dei consumi di energia. Inoltre spostare sulla manutenzione e riqualificazione fermerebbe il consumo di suolo giunto a livelli insostenibili. Per realizzare tutto ciò è necessario: passare dall’attuale deduzione fiscale del 55%, per gli interventi che aumentano le prestazioni energetiche di un edificio, ad una completa deducibilità; portare l’Iva al 4% per tutti i materiali e le tecnologie dell’efficienza energetica; adeguare i regolamenti edilizi; sviluppare le ESCO; rivedere la legge Merloni sugli appalti pubblici togliendo la questione del massimo ribasso che scoraggia, per il loro costo, l’uso di materiali e tecnologie che garantiscono più efficienza.

Ma anche ridurre il fabbisogno attraverso politiche di efficienza e sufficienza non basta. Bisogna essere amici del clima e socialmente sostenibili anche per quanto riguarda le fonti da cui si procura l’energia che serve. La proposta è di incrementare il contributo delle fonti rinnovabili (escludendo le assimilate) al fabbisogno di elettricità e calore dell’1,8 ogni anno fino al 2020. Anche qui ci si limiterebbe a realizzare ciò che chiede la direttiva comunitaria sul clima (+20% da fonti rinnovabili) Lo strumento che permette lo sviluppo delle vere rinnovabili è noto e già esiste in questo paese: è il conto energia che l’ultima finanziaria ha introdotto per tutte le rinnovabili, che richiede per essere più efficace un’ulteriore semplificazione delle procedure di accesso e la creazione in ogni comune di sportelli informativi per la cittadinanza.

A questo punto e seguendo un preciso ordine di priorità una proposta alternativa amica del clima deve indicare da quale fonte si procura l’energia mancante e di transizione. La proposta è che essa venga procurata dal gas naturale, escludendo quindi petrolio carbone e nucleare, da usare sviluppando la microcogenerazione e trigenerazione e in nuove centrali a ciclo combinato di piccola taglia che permettono di essere facilmente cogenerate. Se il gas naturale è fra le fonti fossili quella che deve garantire la transizione verso il 100% rinnovabile, è evidente che per facilitare l’approvvigionamento va garantita la costruzione di almeno due rigassificatori, uno al nord e uno al sud.

Sono primi e assai sommari spunti di discussione, più che altro l’indicazione delle priorità a cui una proposta energetica alternativa, amica del clima e socialmente sostenibile, dovrebbe ispirarsi. Manca ed è una lacuna grave una riflessione e proposte sui trasporti, ma anche qui non si parte da zero ed è possibile quindi colmarla. L’augurio è che queste note aprano una discussione e aiutino a far crescere nel paese un’opposizione che non si limiti a contrastare le decisioni fossili e nucleari del governo, ma cerchi di imporre le proprie idee e i propri progetti.

Torna all'archivio