[21/08/2008] Consumo

Le bistecche (clonate) sugli occhi di chi non vuol ridistribuire le risorse equamente

LIVORNO. L’idea non è nuova: per diversi anni gli scienziati hanno lavorato per sviluppare tecnologie per la crescita di colture di tessuto da consumare come carne, senza le spese di allevamento, di mangimi e senza le malattie che di solito si possono diffondere negli allevamenti. Addirittura una associazione che si batte per il trattamento etico degli animali (Peta) aveva un po’ di tempo fa lanciato un concorso con in premio un milione di dollari a chi fosse riuscito ad inventare la carne in vitro entro il 2012 e a prezzo competitivo. Oggi ne dà un ampio risalto La Repubblica e su questo tema interviene anche Umberto Veronesi, riproponendo in alternativa il suo ormai solito cavallo di battaglia: diventare vegetariani.

Salvo poi ricorrere agli ogm per avere più cibo. Che mangiare carne è l’ultimo peccato dell’umanità lo sostiene anche Jeremy Rifkin nel suo libro intitolato “Ecocidio”, ma sta di fatto che a tutte le latitudini gli umani ne mangiano sempre di più e a nulla valgono i richiami anche autorevoli a farne a meno. Il fatto però che sempre più persone facciano uso di proteine animali e che le previsioni demografiche mettano in conto il raggiungimento di 9 miliardi di persone al 2050, pone il tema del cibo tra i principali di cui occuparsi nei prossimi anni. Per questo motivo dalle tecniche di riproduzione dei tessuti per uso medico, c’è chi sta cercando di sperimentare il modo di ottenere produzione di carne in laboratorio.

Partendo da una singola cellula, si potrebbe teoricamente arrivare a produrre tutta la carne che serve al mondo per un anno, secondo quanto afferma Jason Matheny dell´Università del Maryland, che ha fatto parte del gruppo di ricerca sulla carne sintetica, pubblicata sulla rivista specialistica Tissue Engineering Journal. La carne ottenuta in laboratorio, secondo i ricercatori avrebbe notevoli benefici per l´ambiente e per gli esseri umani: il prodotto sarebbe esente da infezioni e sostanze nocive, comprese quelle che l´animale scarica nello stress del macello, anche se rimarrebbe l´impatto sul sistema cardiovascolare e sul colesterolo, dovuto al consumo di carne. Si eviterebbero le sofferenze di un numero enorme di animali negli allevamenti intensivi e nei macelli e non si avrebbero gli impatti sull’ambiente per le deiezioni e per l’uso di antibiotici che in questo tipo di allevamenti sono essenziali per evitare epidemie oltre che essere usati per accelerare la crescita.
Quello che sembrerebbe più un tema per un libro di fantascienza potrebbe quindi essere la prossima realtà sui banchi dei supermercati. E anziché trovarsi a scegliere tra il taglio di carne da brodo e la bistecca, ordinare la quota proteica a decimetri quadrati.

Ma vale la pena indirizzare la ricerca, e i fondi per sostenerla, su questa strada? O non sarebbe preferibile e anche più desiderabile cercare di ridistribuire le risorse naturali facendo in modo che il mondo non fosse più diviso tra obesi e morti di fame. Tra chi muore di malattie cardiovascolari per il troppo colesterolo ingerito per via di un eccessivo uso di carne e chi invece soffre di rachitismo per carenze proteiche. Senza dover diventare per via obbligata tutti vegetariani, come sostiene Veronesi, e per questo ricorrere alla manipolazione genetica dei vegetali per ottenerne maggiori quantità, dovendo poi utilizzare magari più fertilizzanti e fitofarmaci (che non sono meno dannosi per la salute) per la loro coltivazione estensiva. Ridurre i consumi non solo di carne ma di tutti gli alimenti è senza dubbio una regola salutare per le popolazioni che tendono alla pinguedine, così come altrettanto salutare è scegliere alimenti meno sintetici e più vivi e prodotti il più possibile vicino a dove vengono consumati. Scelta questa che offrirebbe contributi positivi anche all’ambiente oltre che alla propria salute.

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