[12/08/2008] Parchi

Più megattere, ma pesca, sonar e inquinamento uccidono ancora troppi cetacei

LIVORNO. Alcuni grandi cetacei, tra i quali le megattere, sono meno minacciati di estinzione rispetto a pochi anni fa. E´ la buona notizia che emerge dall´aggiornamento della Lista Rossa dei cetacei dell´Iucn. Invece, i piccoli cetacei costieri e d´acqua dolce si avvicinano sempre più pericolosamente all´estinzione.

La megattera (Megaptera novaeangliae) è passata dalla categoria "vulnerabile" a quella "a basso rischio" di estinzione, anche se due popolazioni di megattere sono ancora considerate in pericolo. Anche la balena franca australe (Eubalaena australis) non è più considerata vulnerabile.

Secondo Randall Reeves, presidente del gruppo cetacei dell´Iucn che dirige la valutazione della Lista Rossa, .«Le megattere e le balene franche australi stanno recuperando in una parte importante del loro areale, soprattutto perché sono state protette dalla caccia commerciale. Si tratta di un grosso successo per la conservazione, che dimostra chiaramente quel che deve essere fatto per garantire la sopravvivenza di questi giganti degli oceani».

Ma la ripresa di queste due specie non può nascondere il peggioramento della situazione per altri cetacei: circa un quarto delle specie sono considerate minacciate, 9 specie, il 10%, sono considerate "in pericolo" o "in pericolo critico di estinzione". Inoltre, 2 sottospecie e 12 sotto-popolazioni si trovano "in pericolo serio di estinzione". Ma la situazione è probabilmente ancora più grave, visto che per 444 specie di cetacei, quasi la metà, sono classificate nella categoria "dati insufficienti".

La balenottera azzura (Balaenoptera musculus), la balenottera comune (Balaenoptera physalus) e la balenottera minore antartica (Balaenoptera borealis) restano classificate "in pericolo", nell´attesa di trovare segni di miglioramento tra le varie popolazioni. Tra i piccoli cetacei i più a rischio sono il delfino dell´Irrawaddy (Orcaella brevirostris), la neofocena (Neophocaena phocaenoides) e il delfino della Plata (Pontoporia blainvillei), tutti minacciati di estinzione, soprattutto a causa dell´impatto della pesca.

Il cochito o vaquita (Phocoena sinus), una piccola focena del golfo della California, in Messico, sarà probabilmente il prossimo cetaceo ad essere dichiarato estinto, visto che è già in pericolo di estinzione e che ogni anno il 15% della sua popolazione muore nelle reti e che ormai ne restano solo 150 individui. Il baiji o delfino dello Yang Tsé (Lipotes vexillifer) è già classificato "in pericolo critico di estinzione" e forse la sua situazione è ancora peggio di quella del cochito. I delfini di fiume sono comunque quelli più minacciati, soprattutto perché entrano più spesso in competizione con gli esseri umani per le scarse risorse di acqua dolce. Per quelli marini la minaccia maggiore viene dalle catture accidentali nelle reti da pesca.

La focena del Mar Nero (Phocoena phocoena relicta), è passata da "vulnerabile " ad "in pericolo", ma sono a rischio anche grandi cetacei: la balena franca del nord Atlantico (Eubalaena glacialis) è "in pericolo" e la balena grigia (Eschrichtius robustus) in "pericolo critico di estinzione". Secondo l´Iucn, oltre alla pesca, i sonar militari «rappresentano un´altra minaccia che colpisce particolarmente gli zifi, che si immergono a gradi profondità, ed altri cetacei quali i globicefali».

Jan Schipper, di Conservation International, spiega che «Oggi, una parte importante degli oceani è piena di rumori generati dagli uomini, non solo dai sonar militari ma anche da studi sismici e dalla navigazione. Questi rumori perturbano senza alcun dubbio numerosi cetacei, provocandone la morte in alcuni casi. Anche se non uccidono obbligatoriamente balene e delfini, perturbano le loro comunicazioni e possono allontanarli, almeno temporaneamente, dai loro siti di nutrimento».

Ma un altro pericolo si affaccia: il cambiamento climatico che comincia a colpire le balene, con nuovi rischi di malattie, competizione fra specie per le risorse in diminuzione, modifica delle popolazioni delle loro prede, ad iniziare dal declino del krill in Antartide che sta colpendo le balene che se ne nutrono.

Julia Marton-Lefèvre, direttrice dell´Iucn è consapevole che occorre un approccio globale: «Per salvare le balene per le generazioni future, dobbiamo lavorare in stretta cooperazione con il settore della pesca, le attività militari e quelle che si spostano in mare, compresa la ricerca e lo sfruttamento petroliferi ed i loro acquirenti».

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